Federico Fubini, Corriere della Sera 11/04/2012, 11 aprile 2012
L’ACCORDO TESORO-BANCHE PER I PAGAMENTI ALLE IMPRESE
La chiacchierata di ieri fra Corrado Passera e Giuseppe Mussari suona come il preludio di una prima soluzione al problema, sempre più pressante, dei ritardi nei pagamenti dello Stato. Il ministro dello Sviluppo e il presidente dell’Associazione bancaria italiana ne hanno parlato in vista di un incontro formale, la prossima settimana, che coinvolgerà anche le associazioni d’impresa.
Quella fra Passera e Mussari è stata, con ogni probabilità, una ricognizione della strada che si pensa di percorrere. Anche su iniziativa del vice ministro dell’Economia Vittorio Grilli, il governo avrebbe convinto l’Abi perché le banche accettino in garanzia dalle imprese in cambio di nuovi prestiti i crediti vantati verso lo Stato. Anche la Banca d’Italia sta studiando ipotesi del genere dall’inizio della crisi finanziaria, ma finora sia via Nazionale che il governo si erano bloccati su un ostacolo di tipo formale: se i crediti verso la pubblica amministrazione diventano garanzie in banca, si trasformano di fatto in titoli finanziari; come tali vanno inseriti nella stima del rapporto tra debito pubblico e Pil, che salirebbe dal 120% al 124% del Pil. In tempi di regole di bilancio sempre più vincolanti a Bruxelles e di mercati in tensione, un dato di debito più alto sarebbe un pessimo segnale.
Su questo scoglio si era bloccata mesi fa anche la prima iniziativa di Passera: pagare alle imprese i 70 miliardi di crediti arretrati attraverso titoli di Stato. L’emissione di nuovi Bot o Btp porterebbe però a far crescere il rapporto tra debito e prodotto interno lordo. In realtà si tratta di un problema puramente di definizione: i 70 miliardi di ritardati pagamenti alle imprese sono debito pubblico proprio come lo sono i 1.900 di titoli emessi dallo Stato sui mercati. Lo sanno bene i tecnici del Tesoro e ne sono consapevoli anche gli investitori che ogni giorno, dall’estero, decidono se puntare o meno sull’Italia.
Ma l’ostacolo formale sulla definizione del debito stava bloccando tutto. Quei 70 miliardi di arretrati da parte delle pubbliche amministrazioni contribuiscono all’illiquidità dell’economia italiana, uno dei principali fattori di freno della crescita. Di qui l’impegno di Grilli e Passera a trovare una soluzione. Quella messa a punto adesso ricorda da vicino l’emendamento al decreto legge sulle semplificazioni fiscali, approvato dalle commissioni Bilancio e Finanze del Senato e firmato dai due relatori Antonio Azzollini (Pdl) e Mario Baldassarri (Terzo Polo): si tratta di rendere i crediti verso lo Stato scontabili in banca come garanzie, ma sotto forma di cessione «pro solvendo» e non «pro soluto».
In una cessione «pro solvendo» l’azienda che presenta la garanzia in banca resta responsabile di eventuali inadempienze del debitore finale, in questo caso le pubbliche amministrazioni. In questo caso, per prudenza, le banche potrebbero concedere in prestito somme significativamente più basse rispetto al valore formale della garanzia. Ma la svolta sarebbe potenzialmente importante: le imprese potrebbero trasformare subito in liquidità i crediti bloccati. I tempi di pagamento medi della pubblica amministrazione sono saliti nel 2011 da 128 a 180 giorni. L’effetto di circolazione del denaro potrebbe farsi sentire a cascata su intere filiere industriali e riattivare in parte l’economia.
Poi, dal 2013, scatterà la prossima tappa: il governo ha un anno per trasporre in legge la direttiva europea che fissa a 30 giorni i termini per qualunque pagamento. Per allora lo Stato dovrà decidere se, e come, gli arretrati di pagamento debbano emergere nei numeri ufficiali del debito pubblico.
Federico Fubini