Notizie tratte da: Bill Bryson # Breve storia della vita privata # Guanda Parma 2011 # pp. 540, 20 euro., 12 aprile 2012
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Notizie tratte da: Bill Bryson, Breve storia della vita privata, Guanda Parma 2011, pp. 540, 20 euro
Notizie tratte da: Bill Bryson, Breve storia della vita privata, Guanda Parma 2011, pp. 540, 20 euro.
Il biglietto di auguri natalizi, inventato a metà Ottocento per incoraggiare la gente a usare i nuovi francobolli da un penny. Idea di un funzionario pubblico inglese, Henry Cole, che fu anche il primo a pensare all’Esposizione universale di Londra del 1851. [pagina 15]
Menu di una cena del 1784 nella canonica di un reverendo inglese: sogliola di Dover in salsa di aragosta, pollo novello, lingua di bue, roast-beef, minestra, filetto di vitello con marasche e tartufi, sformato di piccione, animelle, oca con piselli, marmellata di albicocche, torte di formaggio, funghi in umido, zuppa inglese (dal diario del reverendo James Woodforde). [27]
Nel censimento del 1851 la Gran Bretagna contava 20.959.477 abitanti. Era l’1,6 per cento della popolazione mondiale, che produceva la metà del carbone e del ferro mondiali, controllava quasi i due terzi della marina mercantile e partecipava a un terzo del commercio globale. Le banche di Londra avevano più denaro di tutti gli altri centri finanziari del mondo messi insieme. Quasi tutto il cotone raffinato del mondo veniva prodotto in cotonifici britannici con macchine inventate e costruite in Gran Bretagna. [29]
Nel 1851 in Gran Bretagna viveva ormai più gente nelle città che nelle campagne. [30]
In Gran Bretagna si possono acquistare cinquecento tipi di martello (nota di Karl Marx, ammirato). [30]
Nella sezione americana dell’Esposizione universale di Londra del 1851 stupirono il pubblico soprattutto: la macchina per cucire di Elias Howe, la mietitrice di Cyrus McCormick, la rivoltella a ripetizione di Samuel Colt (era composta di parti intercambiabili, un metodo di produzione così unico che divenne noto come il “sistema americano”). [31]
Gli “stanzini riservati” dell’esposizione universale in cui i visitatori potevano fare comodamente i propri bisogni: furono utilizzati da 827mila persone, 11mila in un solo giorno. I visitatori del British Museum, che in un giorno potevano arrivare fino a 30mila, dovevano accontentarsi di due latrine esterne. [32]
Nel mondo esistono 30mila tipi di piante commestibili. Undici formano il 93 per cento di tutto ciò che mangiamo. Sono: mais, riso, frumento, patata manioca, sorgo, miglio, fagiolo, orzo, segale, e avena. Ciascuna di esse venne coltivata per la prima volta già nel Neolitico. [46]
Il mais, introdotto per la prima volta nelle pianure del Messico occidentale. Ricavato in qualche modo (non si sa quale) da una pianta filamentosa, il teosinte. I chicchi di mais non si staccano spontaneamente dalla pannocchia. Se l’uomo non l’avesse coltivato con continuità per migliaia di anni, oggi sarebbe estinto. [47]
L’amido di mais è usato nella preparazione di: bibite gasate, gomma da masticare, gelato, burro di arachidi, ketchup, vernici per automobili, liquido per l’imbalsamazione, polvere da sparo, insetticidi, deodoranti, sapone, patatine fritte, bende chirurgiche, smalto per le unghie, condimenti per insalate ecc. [48]
Nel Medioevo i possedimenti erano spesso molto frammentati. Le famiglie (nobili e prelati) erano sempre in movimento, tutto era studiato per essere trasportabile. Da qui l’italiano “mobili”, il francese “meubles”.
Il coperchio curvo di molti bauli e cassapanche: per farvi scorrere l’acqua piovana durante un viaggio.
Anche nella case migliori i pavimenti erano in genere di terra cosparsa di paglia, ricettacolo di «sputi, vomito, urina di cani e di uomini, birra versata, resti di pesce e altre innominabili sporcizie» (Erasmo da Rotterdam nel 1524). In gran parte di Gran Bretagna e Irlanda i pavimenti di terra battuta rimasero la norma fino al ventesimo secolo. [60]
Il tavolo da pranzo medievale. Nelle case più modeste una semplice asse: appesa al muro quando non in uso, posata sulle ginocchia dei commensali al momento dei pasti. [61]
Le sedie. Il termine risale più o meno al 1300. Pensate non per essere comode ma per dare autorità (nell’inglese attuale è rimasto “to chair” per presiedere una riunione, “chairman” ecc.) Molto rare fino al 1600. [62]
Gli uccelli (aquile, aironi, pavoni, passeri, cigni ecc.) presenza fissa nei banchetti medievali.
Per gran parte del Medioevo la principale fonte di proteine animali fu per molti l’aringa affumicata. Poco o per niente diffusa la carne di manzo, agnello e montone, anche per le restrizioni di natura religiosa.
In Gran Bretagna, fino ai tempi di Enrico VII (1447-1509) chi non rispettava i giorni di magro era punibile, almeno in teoria, con la morte. [62]
Le finestre. A eccezione delle chiese e della case più ricche, il vetro rimase una rarità fino al Seicento inoltrato. Nel 1590 un membro del consiglio cittadino di Doncaster lasciò la casa alla moglie, le finestre al figlio. [64]
Nel 1696 in Gran Bretagna fu introdotta una tassa sulle finestre. Durò un secolo e mezzo. Nel 1746 arrivò una seconda imposta, basata sul peso del vetro che le finestre contenevano. Fu abolita nel 1845. [20]
Nel 1330 compare per la prima volta nella lingua inglese la parola “chimney”, camino (con canna fumaria). In precedenza se si accendeva un fuoco, anche nello spazio scavato in un muro, fumo e scintille andavano dovunque li portassero le correnti d’aria. Tutto lo spazio vuoto sopra la testa delle persone era inutilizzabile perché quasi sempre invaso dal fumo. All’improvviso, utilizzando assi di legno su travi, fu possibile creare un nuovo mondo al piano superiore. [68]
«Lo sviluppo verticale delle case cambiò tutto. I capifamiglia benestanti scoprirono la soddisfazione di avere spazi privati, e le stanze cominciarono a proliferare. […] L’idea di uno spazio personale, che oggigiorno ci sembra così naturale, fu una rivelazione». [69]
Le planimetrie risalenti al Rinascimento italiano e oltre non dividevano le stanze per tipo, poiché nessuna aveva una destinazione specifica. Gli occupanti si spostavano per tutta la casa alla ricerca dell’ombra o del sole e spesso si portavano dietro i mobili. La camera da letto non era usata soltanto per dormire, ma anche per i pasti privati e per ricevere i visitatori più graditi. [70]
“Bedroom”. Shakespeare il primo a usare il termine, nel Sogno di una notte di mezza estate, intorno al 1590. Ma solo nel senso di spazio in un letto. Il significato di stanza dedicata al sonno diventò di uso comune solo nel XVII secolo. [70]
“Cabinet”. A metà del Cinquecento diminutivo di “cabin”: scrigno in cui venivano custoditi gli oggetti di valore. Un decennio dopo era diventato il nome dello stanzino, poi della stanza più esclusiva di tutte, il rifugio segreto in cui avvenivano gli incontri riservati. Nel 1605 arrivò a descrivere non solo il luogo in cui il re incontrava i ministri, ma anche l’insieme dei ministri stessi. [71]
Il pane londinese, un composto velenoso di «gesso, allume e cenere d’ossa, insipido al palato e rovinoso per la salute» (Tobias Smollett nel romanzo La spedizione di Humphry Clinker del 1771). [77]
Nel corso del Settecento furono numerose le accuse di adulterazione mosse ai panettieri inglesi e in genere ai produttori di alimenti. Nel 1934 però Freferick A. Filby in A History of Food Adulteration ha dimostrato che, a parte l’allume, non potevano essere vere. Il pane preparato dallo studioso con quegli stessi criteri era duro, non lievitato o dal sapore disgustoso. [77]
Fino al XIX secolo per molti inglesi il pane era non solo un importante complemento, ma il pasto stesso. Il cibo rappresentava fino all’80 per cento delle uscite domestiche. L’80 per cento di quella quota era speso in pane. Il ceto medio destinava fino a due terzi dei guadagni alle spese alimentari (contro il quarto circa di oggi). [78]
«Ogni volta che sente insultare l’America, pensi al ghiaccio» (un americano a Sarah Maury, visitatrice inglese). [84]
Frederic Tudor (1783-1864), il bostoniano di buona famiglia che ebbe per primo l’idea, e l’ossessione, di trasformare il ghiaccio in un prodotto commerciale. [82]
Se ben isolato, il ghiaccio era in grado di resistere agli oltre 25mila chilometri e ai 130 giorni di viaggio da Boston a Bombay. O almeno lo erano i due terzi del carico, una quota sufficiente a rendere redditizia la spedizione. Per diversi decenni il ghiaccio fu, in termini di peso, il secondo prodotto americano.
La segatura, fino a quel momento priva di valore, si rivelò un eccellente isolante per il ghiaccio. Anche le segherie del Maine aumentarono i profitti.
Gli americani usavano il ghiaccio per raffreddare birra e vino, per preparare cocktail, per i gelati, che divennero molto popolari. New York City consumava quasi un milione di tonnellate di ghiaccio all’anno. [84]
La refrigerazione dei vagoni ferroviari rese possibile il trasporto da costa a costa della carne e di altre merci deperibili. Chicago divenne l’epicentro dell’industria ferroviaria anche perché poteva generare e conservare enormi quantità di ghiaccio.
Nel 1842 Chicago ricevette la sua prima aragosta, giunta dalla costa orientale in un vagone refrigerato. [84]
John Landis Mason, l’americano che nel 1859 brevettò il vaso di vetro con coperchio avvitabile in metallo. La chiusura ermetica permetteva di conservare cibi altrimenti destinati a guastarsi. Mason morì dimenticato in un caseggiato popolare di New York nel 1902. [84]
Menu di una cena per sei persone (da un libro di Lady Maria Clutterbuck, moglie di Charles Dickens, pubblicato nel 1851): «Minestra di carote, rombo in salsa di gamberi, polpette di aragosta, rognoncini stufati, sella di agnello arrosto, tacchino bollito, garretto di prosciutto, puré e patate in padella, cipolle in umido, budino diplomatico, biancomangiare con crema e amaretti». Un pasto simile poteva procurare 450 oggetti da lavare. [87]
Eliza Acton, la poetessa del Kent di scarso successo che nel 1845 diede alle stampe Modern Cookery for Private Families, primo libro di cucina a fornire dosi e tempi di cottura. [87]
A Monticello, all’inizio del XIX secolo, Thomas Jefferson coltivava 23 diversi tipi di piselli e più di 250 varietà di frutta e verdura (fra l’altro: tanaceti, porcacchia, lamponi giapponesi, damaschine, nespole, cavoli marini, pandani, cardi, sedani di monte ecc.). [90]
Jefferson, il primo in America a tagliare le patate in senso longitudinale e poi a friggerle. [91]
Molti cibi che oggi consideriamo prelibatezze, nel XIX secolo si trovavano in abbondanza. Le aragoste si riproducevano così rapidamente lungo le coste britanniche che venivano usate per nutrire i detenuti e gli orfani e per la produzione di fertilizzanti. Il porto di New York conteneva quantità tali di storione che il caviale veniva offerto nei bar come spuntino (l’idea era che il cibo salato avrebbe portato la clientela a bere più birra). [91]
In Inghilterra «a metà del XIX secolo la dieta tipica delle classi lavoratrici e di gran parte della piccola borghesia era composta di pane, papate, un poco di burro, formaggio o bacon e tè zuccherato» (Judith Flanders in Consuming Passions). [94]
Nel 1851 un terzo delle giovani donne di Londra (quelle comprese tra i 15 e i 25 anni) era composto da domestiche. Per il resto, una su tre faceva la prostituta. [98]
Una grande residenza di campagna inglese aveva di norma quaranta domestici solo per l’interno della casa. Anche gli ospiti portavano i propri domestici, e nei fine settimana le residenze di campagna potevano accogliere fino a centocinquanta persone. [99]
I lucidi da scarpe commerciali arrivarono sul mercato solo dopo il 1890. Prima dovevano prepararli i domestici facendo bollire un miscuglio di componenti. [101]
Una grande casa di campagna poteva avere: un’armeria, una stanza delle lampade, una sala di distillazione, una pasticceria, un magazzino del pesce, un panificio, una fabbrica della birra, una stanza dei coltelli, una delle spazzole, una delle scarpe ecc. In Galles, racconta Julie Gardiner, una casa aveva un locale in cui venivano stirati i giornali. [103]
Giornata tipo di un domestico: dalle 6.30 alle 22 (o più tardi nel caso di ricevimenti). Nei primi anni del Novecento erano previste mezza giornata di riposo alla settimana e una intera al mese. [104]
Le uniformi per la servitù si diffusero in Gran Bretagna solo dopo il 1850, con la crescita delle importazioni di cotone. Prima di allora la differenza nella qualità degli indumenti era talmente visibile che non era necessario distinguere la servitù con uniformi [105]
Le scale di servizio, l’elemento architettonico che contribuì di più, con il progredire dell’età vittoriana, alla segregazione della servitù. «La gente per bene che saliva le scale non incrociava più le proprie feci della sera precedente che le scendevano» (Mark Girouard). [107]
Le lavandaie, ultimo anello della catena della servitù. Prima del 1850 i detersivi non esistevano: gran parte del bucato doveva essere immersa per ore nell’acqua saponata o nella liscivia, battuta e lavata con forza, bollita per un’ora o più, sciacquata, strizzata a mano o fatta passare in un rullo (dopo il 1850 circa), drappeggiata su una siepe ad asciugare o stesa su un prato. [118]
Gi indumenti composti di tessuti diversi (per esempio velluto e pizzo), scuciti, lavati separatamente e ricuciti.
Le lenzuola, spesso candeggiate con urina stantia o in una soluzione diluita di sterco di pollame. [119]
Whiteley’s, il grande magazzino londinese che nel 1892 cominciò a offrire un servizio di lavanderia. Ebbe successo solo quando fu appeso un cartello in cui si diceva che gli indumenti della servitù e quelli della clientela venivano sempre lavati separatamente. [119]
A Londra nel Settecento i negozi restavano aperti fino alle dieci di sera. Quando si avevano ospiti era costume servire la cena alle dieci e aspettarsi che gli invitati si trattenessero fino a mezzanotte circa. [124]
Notti buie anche dopo la diffusione dell’illuminazione a gas, alla metà del XIX secolo: i lampioni più efficaci diffondevano meno luce di una moderna lampadina di 25 watt. [125]
Orario di lavoro in fabbrica nell’Inghilterra del primo Ottocento: dalle sette del mattino alle sette di sera durante la settimana e dalle sette alle due del pomeriggio il sabato (con “periodi intensi” in cui l’orario poteva andare dalle tre del mattino alle dieci di sera). [126]
Giornata di una giovane corrispondente dello storico Edward Gibbon (intorno al 1780): sveglia alle nove, colazione alle dieci, «intorno alle undici suono il clavicembalo o disegno, all’una traduco e alle due esco, alle tre di solito leggo, alle quattro pranziamo, dopo pranzo giochiamo a backgammon, alle sette prendiamo il tè, poi lavoro e suono il piano fino alle dieci, quando consumiamo una piccola cena, e alle undici andiamo a letto». [126]
Le candele. Di giunco, ottenute tagliando giunchi di palude a strisce lunghe circa mezzo metro e spalmandole di grasso animale, in genere di montone: durata media, 15-20 minuti. Di sego (ricavato dal grasso animale sciolto): maleodoranti e dalla luce irregolare. Di cera d’api: buona luce, scarsa manutenzione ma care: quasi quattro volte di più delle candele di sego. [126]
Ami Argand, il fisico svizzero che nel 1783 inventò una lampada a olio che aumentava enormemente la quantità di luce con il semplice espediente di far arrivare più ossigeno alla fiamma. La sua lampada poteva fornire un’illuminazione pari a quella di sei candele. [128]
La luce migliore era quella prodotta dall’olio di balena (il tipo più pregiato lo spermaceti, ricavato dalla testa del capodoglio).
Tassato pesantemente in Europa, l’olio di balena era una specialità americana. Nel 1846 l’America aveva più di 650 baleniere, circa il triplo del resto del mondo. Nell’epoca d’oro della caccia alla balena, tra il 1830 e il 1870, ne furono sterminati all’incirca 300mila esemplari. [130]
L’illuminazione a gas, particolarmente diffusa in America e in Gran Bretagna (verso la metà del XIX secolo anche nelle abitazioni private borghesi). [135]
Improvviso e duraturo incremento di giornali, riviste, libri e spartiti musicali intorno alla metà dell’Ottocento in Gran Bretagna. [135]
Joseph Swan, il farmacista di Newcastle con il pallino delle invenzioni che nel 1877, lavorando da solo, approdò a un sistema di illuminazione elettrica analogo a quello di Thomas Edison. Nel febbraio 1879, otto mesi prima di Edison, diede una dimostrazione pubblica della sua nuova lampada a incandescenza. Fu però la prova pratica di Edison, che illuminò un intero quartiere di Manhattan intorno a Wall Street, a lasciare il segno. [143]
Nel 1900 nelle città la luce elettrica era quasi la norma. Vennero poi gli elettrodomestici: l’aspirapolvere nel 1901, la lavatrice e il ferro da stiro nel 1909, il tostapane nel 1910, il frigorifero e la lavapiatti nel 1918. [146]
«Il ceto medio in quanto entità a sé stante e forza sociale con cui fare i conti fu un fenomeno del diciottesimo secolo. Il termine stesso “middle class” fu coniato solo nel 1745 (in un libro sul commercio della lana in Irlanda). […] L’invenzione del ceto medio aumentò il livello della domanda nella società. All’improvviso […] il mondo fu pieno degli ambiti oggetti con cui riempire le case. Tappeti, specchi, tende, divani e poltrone imbottiti e ricamati e centinaia di altre cose che prima del 1750 nelle case si vedevano di rado, divennero comuni». [168]
Thomas Chippendale, il mobiliere dell’Inghilterra del nord che fu il primo cittadino comune a dare il proprio nome a uno stile di arredamento. Prima di lui i nomi seguivano fedelmente le monarchie. Nel 1754 pubblicò un volume di disegni intitolato The Gentleman and Cabinet-Maker’s Director con 160 tavole. Per i mobili non ci aveva mai pensato nessuno. I modelli furono subito copiati e imitati. [170]
Nel XV secolo le spezie più preziose erano la noce moscata e il macis. Quando arrivavano sui mercati europei fruttavano fino a sessantamila volte il prezzo di partenza dall’Estremo Oriente. [187]
«E poi ordinai una tazza di “tee” (una bevanda della Cina) che mai avevo bevuto prima» (dal diario di Samuel Pepys, il 25 settembre 1660). È la prima volta che si parla di tè nella lingua inglese. [193]
Il tè, prima bevanda della storia a non appartenere a una classe in particolare, prima ad avere il suo momento rituale durante la giornata: l’ora del tè. Fra il 1699 e il 1721 le importazioni di tè in Gran Bretagna si centuplicarono, e le 544 tonnellate del 1721 si quadruplicarono nei trent’anni successivi. [195]
La sala da pranzo assunse il suo significato moderno solo alla fine del XVII secolo e si diffuse nelle case ancora più tardi. Fece appena in tempo a comparire nel dizionario di Samuel Johnson del 1755. [200]
Thomas Corate, il viaggiatore contemporaneo di Shakespeare al quale si attribuisce l’introduzione in Inghilterra della forchetta, che aveva visto per la prima volta in Italia, e di un nuovo attrezzo chiamato ombrello.
La forchetta da tavola, considerata vezzosa ed effeminata, nonché pericolosa (all’inizio aveva solo due rebbi appuntiti). I produttori sperimentarono quantità diverse di rebbi (a volte fino a sei9 prima di stabilire, alla fine del XIX secolo, che quattro era il numero con cui la gente sembrava più a proprio agio. [201]
Il telefono di Graham Bell (1876). All’inizio veniva visto come un mezzo per fornire un servizio: Previsioni del tempo, notizie di Borsa, allarmi antincendio, intrattenimento musicale. Nessuno concepiva di usarlo per curare i rapporti sociali, scambiare pettegolezzi, tenersi in contatto con amici e parenti. [244]
All’inizio del XX secolo la compagnia telefonica di Bell, ribattezzata American Telephone & Telegraph, era la più grande società a responsabilità limitata d’America, con azioni che valevano mille dollari l’una. [245]
Henry Dreyfuss, il giovane scenografo teatrale che nei primi anni Venti venne incaricato dalla AT&T di disegnare un nuovo tipo di telefono che rimpiazzasse il vecchio modello “a candeliere”. Dreyfuss presentò un modello molto tozzo, squadrato, in cui la cornetta era appoggiata trasversalmente su una forcella situata sopra un grosso disco. Diventò il modello standard in quasi tutto il mondo e per quasi tutto il XX secolo. [246]
James Henry Atkinson, il giovane negoziante di ferramenta di Leeds che nel 1897 prese un pezzo di legno, del filo di ferro rigido e poco più e creò “Little Nipper”, la trappola per topi. Nel tempo non ha subito modifiche di rilievo. [253]
Un letto mediamente nuovo, mediamente pulito, mediamente grande può ospitare circa due milioni di acari (l’acaro del letto è stato scoperto nel 1965). [261, 264]
Se un guanciale ha sei anni di vita (vita media di un guanciale), un decimo del suo peso è da attribuire a scaglie di epidermide, acari vivi e morti, escrementi di acari. [261]
Charles P. Gerba dell’Università dell’Arizona ha misurato il contenuto batterico di diversi locali in varie case. Il posto più sporco di tutti è risultato il lavello della cucina, seguito dal piano di lavoro. Milioni di microbi si diffondono nell’aria azionando lo sciacquone con la tavoletta del water sollevata. [263]
La nascita del giardinaggio amatoriale, a metà dell’Ottocento, la crescita delle periferie, la scoperta di potenti fertilizzanti portarono alla nascita del praticello di casa. [299]
Edwin Beard Budding, capofficina in una fabbrica di tessuti di Stroud, nel Glocestershire, che nel 1830 inventò il tagliaerba. La nuova macchina era pesantissima e difficile da manovrare. Ma nessuno, prima di allora, aveva mai pensato di regolare i prati. [300]
«Il prato ben tagliato diventò un ideale anche nelle proprietà più modeste. Fra le altre cose, era un modo per annunciare al mondo che il proprietario di casa stava sufficientemente bene da non aver bisogno di coltivare le verdure da mettere in tavola». [301]
Il letto. I dieci livelli di comodità di un materasso secondo la Goodholme’s Cyclopedia, testo americano del XIX secolo: in ordine decrescente, piumino, piume, lana, fiocchi di lana, crine, cotone, trucioli di legno, alghe, segatura, paglia. [339]
Nelle locande, ancora nel XIX secolo, erano diffusi i letti in comune. Nelle case private era normale che un domestico dormisse ai piedi del letto del padrone. [341]
In Quel che la giovane deve sapere, Mary Wood-Allen (1841-1908) assicurava alle sue giovani lettrici che nel matrimonio era permesso concedersi intimità fisiche, a patto che lo si facesse «senza un minimo di desiderio sessuale». [342]
«Direi che la maggior parte delle donne non è afflitta da desideri sessuali di alcun tipo» (Sir William Acton in The Functions and Disorders of the Reproductive Organs, pubblicato per la prima volta nel 1857. Fu Acton, nello stesso testo, a decretare che la masturbazione conduce alla cecità). [344]
Vivace e prolungata discussione sul British Medical Journal del 1878 volta ad appurare se il tocco di una donna mestruata potesse guastare un prosciutto. [348]
Una grave preoccupazione nel XIX secolo era data dai furti di cadaveri, poiché la domanda di corpi freschi era considerevole. La sola Londra era sede di 23 scuole di medicina e anatomia. Per impedire i furti, i poveri soprattutto conservavano i propri cari estinti nelle case finché non cominciavano a putrefarsi, perdendo il loro valore. Fetore prevedibilmente intenso. [358]
«Nessuno ha mai fatto il bagno con più devozione e accuratezza dei romani». Una casa di Pompei aveva trenta rubinetti. La fornitura d’acqua per Roma arrivava a più di millecento litri a testa, sette-otto volte più del fabbisogno attuale. [363]
I cristiani consideravano i bagni romani qualcosa di licenzioso e depravato moralmente, se non igienicamente malsano. «Il cristianesimo ha sempre manifestato un curioso disagio nei riguardi della pulizia, sviluppando fin dagli inizi la strana tradizione di identificare la santità con la sporcizia». [364]
Rimedi contro la peste nel Medioevo: le menti migliori concordavano sul fatto che lavandosi si aprissero i pori e ciò consentisse ai vapori mortali di invadere l’organismo. La cosa migliore era chiudere i pori con la terra. «Per i seicento anni successivi la gente evitò in tutti i modi di lavarsi o anche solo di bagnarsi». [364]
Quando gli europei cominciarono a visitare in massa l’America erano così maleodoranti che gli indiani facevano quasi sempre commenti sul loro tanfo. [367]
L’undicesimo duca di Norfolk (1746-1815), così violentemente contrario al sapone e all’acqua che i suoi servitori dovevano aspettare che si ubriacasse fino a perdere i sensi per lavarlo. Il raffinato James Boswell 1740-1795), il cui tanfo era fonte di meraviglia. Il marchese d’Argens, suo contemporaneo, che indossò la stessa canottiera per così tanti anni che quando lo si persuase a togliersela gli si era incollata al punto «che insieme vennero via anche brandelli di pelle». [367]
L’idea di lavarsi per il semplice piacere di essere puliti si affermò con molta lentezza. Ma all’Esposizione universale del 1851 erano esposti più di settecento saponi e profumi e due anni più tardi il governo inglese abolì la vecchia tassa sul sapone. [372]
Gli antichi romani, particolarmente affezionati all’accostamento tra evacuazione e conversazione. Le loro latrine pubbliche avevano venti o più sedili disposti uno accanto all’altro. «L’intimità con gli sconosciuti si sarebbe protratta fino ai tempi moderni». [373]
“Water closet”: espressione del 1755, in origine indicava il luogo in cui venivano effettuati i clisteri reali. [373]
La latrina a terra, invenzione di un curato del Dorset, il reverendo Henry Moule, alla metà del XIX secolo: seggetta con serbatoio pieno di terra asciutta da cui, azionando una manovella, si faceva cadere una certa quantità di terra nel ricettacolo, mascheramdo l’odore e la vista degli escrementi. Rapidamente superata dal gabinetto a cacciata, che trascinava via gli escrementi in un torrentello d’acqua. [373]
«Scendendo in cantina […] ho affondato il piede in un gran mucchio di sterco […] scoprendo così che i servizi di Mr Turner sono pieni e finiscono nella mia cantina, il che mi inquieta» (dal diario di Samuel Pepys, 1633-1703). [375]
Joseph Bramah, l’ebanista e ferramenta che nel 1778 depositò il brevetto del primo gabinetto a cacciata moderno. Funzionava spesso male, e fino all’invenzione del sifone e del pozzetto la tazza fungeva da condotto per gli odori del pozzo nero e della fogna. [377]
Nell’Ottocento gli escrementi umani erano solo una piccola parte delle enormi quantità di lerciume prodotte nelle città in rapida industrializzazione. A Londra, oltre alle feci umane, confluivano nel Tamigi carni marce, frattaglie, cani e gatti morti, rifiuti alimentari e industriali. [376]
Thomas Crapper (1837-1910), idraulico proveniente dallo Yorkshire, attivo a Londra nella zona di Chelsea, inventò il classico gabinetto con un serbatoio sistemato più in alto e azionato da una catena. Risulta subito pulito, a tenuta stagna, inodore e affidabile. Crapper diventò ricchissimo. [377]
Ötzi, la mummia del Similaun: i suoi indumenti erano ricavati da pelli e pellicce di cervo rosso, orso, camoscio, capra, vacca. Aveva anche un rettangolo d’erba intrecciata di un metro e venti di lunghezza, forse una specie di mantella per la pioggia o una stuoia su cui dormire. Prima di trovare Ötzi si facevano solo congetture su come si vestissero gli uomini dell’età della Pietra. [397]
Il filo, invenzione dell’uomo di Cro-Magnon (attuale Dordogna, Francia). Due pezzi di fibra affiancati e intrecciati fra loro con cui si ottengono due cose: una cordicella resistente e la possibilità di creare cordicelle lunghe con fibre corte. «L’arma che ha permesso al genere umano di conquistare la Terra» (Elizabeth Wayland Barber, storica dei tessuti). [399]
La lana, il principale tessuto per abbigliamento del Medioevo: più calda e resistente del lino ma più difficile da lavorare, perché per trasformare le pecore nei blocchi di lana che aprezziamo oggi sono stati necessari secoli di allevamento. E in origine la lana non veniva tosata ma dolorosamente strappata. [400]
Nel XIV secolo i sovrani posero limiti a ciò che si poteva indossare: le leggi suntuarie stabilivano quali materiali e quali colori erano consentiti. Alla fine del Cinquecento in Inghilterra con un reddito annuo di venti sterline si poteva portare un farsetto di raso ma non una veste intera, con cento sterline nessuna restrizione sul raso, ma velluto solo nei farsetti, a patto che non fosse cremisi o blu, colori destinati a cittadini di condizioni ancora più elevate.
Quando Shakespeare e i suoi attori ottennero il patrocinio reale di Giacomo I, nel 1601, ebbero in dono quattro metri e mezzo di tessuto scarlatto e la licenza d’indossarlo. [400]
«Indossare abiti poco pratici è un modo per dimostrare che non si è costretti a svolgere lavori di fatica». [402]
«Quando giunse il momento dei bottoni, intorno al 1650, la gente cominciò a non poterne più fare a meno e prese ad applicarli a profusione sulla schiena, sul colletto e sulle maniche delle giacche, dove non servivano a nulla» (è rimasta la breve e inutile fila di bottoni sul lato inferiore delle maniche delle giacche). [402]
Altra moda irrazionale: la parrucca per gli uomini. Durò centocinquant’anni. Poteva essere di capelli umani, crini di cavallo, fili di cotone, peli di capra, seta. Dal 1700 circa arricchita con una nevicata quotidiana di polvere bianca, in genere farina. Alla fine del secolo le polveri per capeli erano quasi sempre colorate (soprattutto azzurre o rosa) e profumate. [403]
Lord Brummell (1778-1840), casa a Mayfair, Londra, per qualche anno la sua abitazione fu meta di una processione di uomini importanti che ogni pomeriggio si preentavano per assistere alla sua vestizione. Si lavava ogni giorno, motivo di stupore per tutti. Abbigliamento limitato a tre semplici colori: bianco, camoscio, blu notte. Massima attenzione a che ogni singola piega fosse perfetta. [408]
Il cotone, motore della Rivoluzione industriale. [410]
Operazioni indispensabili per la trasformazione delle balle di cotone in prodotti finiti: filatura (dalle fibre corte alle lunghe spole di filo) e tessitura (l’intreccio di due serie di fili ad angolo retto a formare una maglia). Ai primi del Settecento erao attività che venivano svolte a domicilio: tradizionalmente dalle donne la filatura, dagli uomi la tessitura.
Giannetta, l’attrezzo che svolgeva il lavoro di dieci filatrici grazie all’uso di diversi fusi. Prodotta nel 1764 da un James Hargreaves, tessitore analfabeta. [412]
Edmund Cartwright (1743-1823), il reverendo che nel 1785 inventò il telaio meccanico. Nel 1913 la sola Inghilterra ne aveva 805mila, nel mondo ce n’erano attivi quasi tre milioni. [414]
Sotto il vestito di una donna, intorno al 1840: camicia lunga fino alle ginocchia, copribusto, mezza dozzina di sottovesti, corsetto, mutandoni. L’intenzione era quella «di eliminare il più possibile qualsiasi idea di forma». [418]
Le crinoline, realizzate con stecche di balena o di acciaio. Introdotte per dare una forma riducendo il numero di indumenti intimi. Epoca d’oro dal 1857 al 1866. Abbandonate non perché fossero pericolose («molte donne in crinoline furono vittime delle fiamme a cui si erano inavvertitamente avvicinate», Willett e Cunnington in History of Underclothes), ma perché erano sempre più diffuse fra le classi inferiori. [419]
Luman Chapman, produttore di biancheria intima americano, primo a intuire che per una donna sarebbe stato più confortevole sostenere i seni dall’alto, anziché spingerli da sotto, come facevano allora i corsetti. Nel 1863 registrò il breveto del “breast puff”, rudimentale reggipetto a cavezza. Da quell’anno al 1969 negli Stati Uniti sono stati brevettati 1.230 modelli di reggiseno. [422]
«Nello Staffordshire, se una persona abbandona casa propria il sabato pomeriggio, al termine della settimana lavorativa, per passare la serata del sabato e la domenica in compagnia di amici in un luogo diverso, si dice che sta trascorendo il “weekend” in questo o in quel posto» (da un numero del periodico Notes and Queries del 1879, prima attestazione nell’inglese scritto del termine weekend). [469]