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 2012  aprile 11 Mercoledì calendario

YOUTUBE STORY

Dagospia (18- 21 puntata)


DAGO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, 18° PUNTATA - LA PRIMA EDIZIONE DEGLI OSCAR DI YOUTUBE, TRA BAND INNOVATIVE E NUOVI TALENTI, OSCURA IL LANCIO DI UN SITO ANTAGONISTA DELLA NBC E DELLA NEWS CORPORATION - TONY BLAIR ANNUNCIA IL LANCIO DEL “LABOUR PARTY CHANNEL” E SPIAZZA IL RIVALE CAMERON, MENTRE NEGLI STATI UNITI LA CAMPAGNA “YOU CHOOSE ’08” VA A GONFIE VELE - ANCORA VIDEO DAL FRONTE: IL PENTAGONO DICE BASTA...

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI
Videoblog di Glauco Benigni
http://www.youtube.com/user/glaucobenigni/featured
STEVE CHENSTEVE CHEN

1- I PRIMI YOUTUBE VIDEO AWARDS
«Vabbe’» si dicono a San Bruno, «è arrivato il momento di consegnare i nostri Oscar. Vediamo quali sono, secondo i nostri utenti, i migliori video nelle diverse categorie». Non appena viene annunciata la selezione, che si sarebbe tenuta dal 19 al 23 marzo, giunge un’altra bordata: la NBC e la News Corporation si sono stancate di stare a guardare i successi di YouTube e annunciano il debutto di un nuovo sito «contro YouTube», per il momento privo di nome, finanziato dalla pubblicità di Cadbury, Schweppes, General Motors e Intel, in cui si possono visionare film, videoclip e serie Tv gratis. La mossa dei concorrenti viene però oscurata sulla stampa dalla consegna dei primi YouTube Video Awards 2007 attribuiti a sette diverse categorie.

1) Il più creativo: OK go dell’omonima band di Chicago, visto 13 milioni di volte, aveva già vinto un Grammy Award (prestigioso premio dell’industria musicale).
CHAD HURLEYCHAD HURLEY

2) Il più «ispirato»: Free Hugs (Abbracci liberi). Nato dall’azione di Juan Mann, un australiano che andava in giro per le strade di Sydney e abbracciava la gente facendosi riprendere da un amico, con un fare a metà tra l’affetto e una cortese ironia. Il video era decollato nel gradimento non appena la polizia aveva tentato di fermare Juan e aveva generato centinaia di migliaia di emulazioni nelle strade di ogni grande capitale del mondo. La campagna Free Hugs, con i suoi 20 milioni di visionamenti, era così diventata un’importante bandiera dello spirito YouTube: un ennesimo grande contributo-regalo che alcuni utenti avevano fatto alla causa, in questo caso si può dire, del social networking e della democrazia digitale.

3) La serie migliore: Ask a Ninja (10milioni di visionamenti) era, ed è tuttora, uno degli esempi più evidenti di come YouTube si possa considerare soprattutto «la nuova Tv dei ragazzi sul web». Nella serie un giovanotto vestito da Ninja affronta, in tempi compresi tra i 2 e i 4 minuti, i soliti argomenti topici della prima adolescenza: amore, regali, amici, iPod eccetera.

4) La migliore commedia: Smosh (ogni pezzo un paio di milioni di visionamenti). Vi ricordate di Anthony Padilla e Ian Hencox? I due, dopo aver sbeffeggiato la Nintendo e succhiato le statuette di Gesù Cristo mentre canticchiavano la colonna sonora dei Pokemon, avevano messo in piedi una produzione seriale e l’avevano collocata su un loro canale all’interno di YouTube, generando audience e commenti da far invidia ai grandi Tv network. A tutt’oggi sono tra coloro che meglio hanno «sfruttato» l’opportunità.
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

5) La migliore canzone: Say it’s possibile (3,5 milioni di visionamenti), interpretata da Terranaomi, una delle star di prima grandezza di YouTube. L’artista ha cominciato, nel febbraio 2006, a inviare le sue performance acustiche dal vivo dalla sua stanzetta di Los Angeles. Questo brano (4’10’’), una vera hit, le ha procurato un contratto con la Island Records. È uno degli esempi più evidenti di come YouTube sia anche un immenso sistema di casting.

6) Il miglior monologo: The Winekone. Definito dal suo autore, un quarantenne asiatico-canadese, il «peggior video mai fatto», è uno sproloquio divertente contro alcuni miti della cultura nordamericana. Anche questo fu un caso di «star in un giorno»: è stato visto circa 3 milioni di volte.

7) Il video più adorabile: Kiwi! Un mirabile esempio di animazione in 3D in cui si narrano in 3 minuti i tentativi di volare di un uccello, il kiwi appunto, che appartiene a una specie che non vola. Ha ottenuto un’audience incredibile: 12 milioni di visionamenti per la delicata poesia che riesce a esprimere.

2- POLITICA SENZA MEDIAZIONI? PROVA CON YOUTUBE
Mentre continua la disputa tra Viacom e YouTube - fra l’altro alimentata da uno studio in cui si afferma che solo una piccola percentuale di video presenti nel sito provengono dagli archivi della major - il tratto evidente della stagione in corso appare essere sempre più l’interesse della Politica, con la p maiuscola, all’uso migliore della nuova opportunità. YouTube è la «Tv senza filtro dei ragazzi», il maggior contenitore di videoclip musicali mai inventato, l’idea platonica del casting online, la fiera delle vanità irriverenti, il Grande Fratello dal fronte, l’isola degli aspiranti famosi in ogni campo e tanto altro, ma è anche un palcoscenico per comizi politici interattivi di strabilianti dimensioni.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

Tony Blair, probabilmente sollecitato anche dalle scelte della BBC, è il primo a lanciarsi spontaneamente nell’arena. In passato l’ex premier britannico non si era mai preoccupato né sottratto alla collocazione di sue videoperformance in YouTube, ma ciò avveniva al di là di una sua manifesta volontà e intenzione. Semplicemente, lui come altri politici, ci finivano dentro perché qualcuno li aveva registrati dalla Tv o li aveva ripresi con una videocamera. Ai primi di aprile 2007 invece l’inquilino di Downing Street, volendo lanciare l’ennesino segnale forte a ridosso del suo ritiro, annuncia il debutto del Labour Party Channel in YouTube. In un video della durata di 1 minuto fa sapere ai suoi elettori che da quel momento è aperto uno sportello per informazioni «non mediate».

«L’intento del canale» dichiara «è fare in modo che la gente abbia un’idea reale di come si lavora nel Labour Party. Quello che stiamo facendo, quello che abbiamo fatto e quello che speriamo di fare in futuro. Vogliamo essere sicuri di fornire un’adeguata visione delle questioni in ballo e delle risposte da dare, piuttosto che passare attraverso i media». È proprio così. Dopo l’inizio della Campagna Choose ’08 delle presidenziali Usa, il concetto, duro da digerire per i vecchi media, che il nuovo medium può essere più adeguato alla comunicazione tra masse e politica, ottiene un ennesimo prestigioso sostegno e riconoscimento. L’iniziativa di Blair, fra l’altro, spiazza completamente il suo rivale politico David Cameron, leader dei Tory, che da un anno sta tentando di organizzare i consensi con un suo sito in cui compaiono video, blog e notizie; e lo costringe a realizzare prontamente un link con YouTube.
YOU TUBEYOU TUBE

Sull’altra sponda dell’Atlantico nel frattempo i candidati alle presidenziali affluiscono gioiosi alla chiamata di You Choose ’08. Si può affermare che grazie a Gutenberg, Marconi, Meucci e i fratelli Lumière, fatti simili erano già accaduti: prima con i libri, poi con la stampa, la radio e la Tv, i politici hanno da sempre cercato consenso attraverso i media. Stavolta però un elemento fa la differenza: accettano di metterci la loro faccia «in diretta», controllare i tic, le emozioni, essere convincenti, sicuri, decisi, efficaci, destare fiducia, senza le mediazioni delle interviste precotte, dei dibattiti in differita, delle inquadrature a favore (o a sfavore). E inoltre bisogna gestire l’interattività: devono essere pronti a rispondere a tutti. Non a un campione rappresentativo degli studenti o degli operai o delle massaie o dei pensionati. Devono prepararsi a rispondere a tutti su qualsiasi questione posta in modi imprevedibili. E, va detto: molti sono terribilmente eccitati da questa sfida digitale.

YouTube ha inaugurato nel sito una nuova area, detta News & Politics. Qui ogni candidato alla Casa Bianca è invitato a collocare per una settimana un suo video, attendere videocommenti dagli youtuber e rispondere. Si comincia con l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, che, tentando il contropiede, pone lui per primo una videodomanda all’elettorato: «Quale pensate sia, per l’America, la maggiore sfida e cosa fareste per affrontarla». Se ne aggiungeranno altri nelle settimane seguenti. In tutto dodici: tutti i maggiori pretendenti al trono d’Occidente. L’ultima mossa di YouTube - fanno notare alcuni analisti finanziari - appare rilevante per diversi aspetti. Intanto è un’impressionante manifestazione di forza, tale da aumentare ulteriormente il divario fra YouTube e i suoi concorrenti, i quali non sono decisamente in grado di offrire gli stessi contenuti. E soprattutto lenisce i forti mal di testa ai quali sono sottoposti i proprietari di Google dal giorno della sua acquisizione. Il valore del titolo infatti continua implacabilmente a salire in Borsa.
il fondatore di youtubeil fondatore di youtube

Il 1° maggio Michael Kwun, uno dei maggiori consulenti legali di Google, appellandosi strenuamente al concetto di safe harbor, menzionato nella legge sul copyright del 1998, dichiara che quell’ormai famoso miliardo di dollari richiesto dalla Viacom è una «richiesta infondata» e chiede al giudice di Manhattan la chiusura del contenzioso. I legali di Viacom ribattono che «ovviamente YouTube è a parte delle violazioni ma ne sta approfittando». In quei giorni viene alla luce che Google era stato condannato in Belgio, in una causa che l’aveva visto contro la società Copiepresse, più o meno per accuse simili. Il giudice fissa la prima udienza al 27 luglio.

«Vogliamo che i nostri utenti diventati più famosi possano cominciare a guadagnare grazie alla propria creatività» fa sapere il 4 maggio il vicedirettore marketing di YouTube. «Speriamo che ciò invogli un numero sempre maggiore di talenti a creare contenuti originali». Comincia così un programma che mette sullo stesso piano i grandi partner e gli youtuber che hanno registrato un gran numero di visionamenti. Tra questi la celebre lonelygirl15 e altri che avrebbero ottenuto royalties sui proventi pubblicitari. Come sempre i dettagli economici non vengono resi noti.

3- NEL FRATTEMPO DAI FRONTI DI GUERRA...
Il senatore democratico John Edwards sta avendo i suoi bei guai con gli youtuber. Un videoclip, evidentemente girato senza il suo consenso, lo ritrae infatti per 120 interminabili secondi, mentre, durante i preparativi per un’intervista, si spazzola vezzosamente i capelli, praticamente uno per uno, e se li fa cospargere di lacca. Caricato sul sito, e montato sulle note di I feel pretty (Mi sento carino), questo clip viene visto da 600.000 persone in un giorno.

Un altro suo video invece, in cui il senatore si esprime sull’Iraq, non supera i 4000 visionamenti. Edwards è in corsa per la Casa Bianca e ha accettato di partecipare a You Choose ’08. Quindi il problema dell’immagine, per lui, si pone. Ciò nonostante la sua reazione è inaspettata. Come se niente fosse chiede agli youtuber di caricare video in cui sostengono le sue posizioni contro la guerra e contemporaneamente inizia una campagna di raccolta fondi per realizzare uno spot Tv professionale contro il veto posto da Bush al ritiro delle truppe dall’Iraq. Cerca 100.000 dollari in 24 ore.
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

Eh sì! YouTube e la guerra. Questo resta un capitolo decisamente ingombrante e scottante. Come ricorderete, il 15 marzo il Pentagono, in un estremo tentativo di cavalcare la tigre, ha accettato di realizzare un canale della Multi-National Force in Iraq. L’operazione si è però rivelata solo il goffo make-up di una realtà mostruosa e impossibile da tenere celata. I video proposti nel canale sono pochissimi e selezionatissimi e certo non rappresentano alcunché, se non la visione di Stato. Nel frattempo invece, dai diversi fronti, continuano ad affluire sui social sites migliaia di video «senza filtro» che danno conto di quanto veramente accade. Questi siti, tra i quali soprattutto MySpace e YouTube, sono i luoghi in cui viene trasferita la memoria visiva delle atrocità. Spari, boati, diretta audio di bazooka si mescolano a brani musicali heavy rock, metal o rap, come colonna sonora. Tra tutti il più usato è il rapper Eminem.

Famosa per la sua brutale crudezza è diventata, tra le tante, la filastrocca composta dal terzo reggimento paracadutisti britannico che apre il video dell’attacco al fortino di Sangin. Nei filmati dal fronte si manifesta tutto il peggio della guerra: i soldati che urlano e bestemmiano nel rumore assordante della battaglia, l’odio ottuso per il nemico, il sangue dei combattimenti ravvicinati, lo squallore desolante dei rifugi, gli zoom che cercano e invocano l’intervento dell’aviazione, le lacrime, lo sgomento dipinto sulle facce dei civili... una estenuante, interminabile Guernica in cui addirittura i mitraglieri con la fascia verde della missione di pace Isaf aprono il fuoco contro obiettivi indefiniti e indefinibili. È la violenza allo stato puro che ottiene, sui social sites, gli stessi vantaggi degli altri generi: la puoi filmare, editare, dotare di colonna sonora, caricare in rete. E puoi condividerla: sia con intenti pacifisti che guerrafondai.

I video sono ancora lì, su YouTube, e tentare di descriverli è un esercizio inutile. Ciò che è importante, per questo libro, è che il 14 maggio 2007 il Dipartimento della Difesa Usa dice «Basta!». Da quella data dodici siti, tra cui YouTube, MySpace, MTV, Pandora85 e Photobucket, vengono oscurati in modo da impedire il visionamento dei video in arrivo dal fronte di guerra, e si chiede ai soldati di non inviare più alcunché. Ufficialmente per motivi di sicurezza. Anche questa matassa non è così semplice da dipanare.

Piovono commenti da ogni parte in cui si sostengono gli argomenti più disparati, ma soprattutto si mobilitano tante mamme e tanti papà dei soldati al fronte. Affermano che i social sites sono importanti per le famiglie. Solo grazie a loro si possono ottenere notizie dirette dai loro figli. Non si può negare inoltre che, al di là della loro brutalità, quei video costituiscono vere fonti di informazione e documenti preziosi su come vanno realmente le cose al fronte. La questione, nonostante gli sforzi del Pentagono, è tuttora irrisolta.

18/ Continua...
AGO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, 19° PUNTATA - “NON SI PUÒ RISPONDERE A PAROLE A UN VIDEO. BISOGNA RISPONDERE CON UN VIDEO”: LE COMUNITÀ NELLA COMUNITÀ - GOOGLE ACQUISTA IL COLOSSO DELLA PUBBLICITÀ SU INTERNET “DOUBLECLICK” - YOUTUBE E APPLE, UNITI CONTRO MICROSOFT - ANCHE LA EMI CEDE: ORA TUTTE LE GRANDI CASE DISCOGRAFICHE SONO ALLEATE DI YOUTUBE - I TABU DEL SITO E IL SUCCESSO DI SARKOZY UBRIACO…

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI
Videoblog di Glauco Benigni
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STEVE CHENSTEVE CHEN


1 - INCONTRIAMOCI VIDEO A VIDEO...
Il seme You Choose ’08, gettato nel campo della videopolitica, cresce intanto più che mai rigoglioso e produce frutti di forma e sapore mai visti prima. Sempre più determinati a intercettare le opinioni, e i voti, di quella che fino all’anno scorso era la MTV Generation e che ora è la YouTube Generation, i democratici fanno un altro passo verso il nuovo medium. Si decide dunque che uno dei sei dibattiti del partito sarebbe stato trasmesso in diretta sugli schermi della CNN e che in quell’occasione i candidati avrebbero risposto alle videodomande poste loro dagli youtuber.

La data fissata è il 23 luglio. La località in cui tenere il dibattito è Charleston, in South Carolina. «È veramente un nuovo giorno» dicono gli analisti «cercare nuova audience e nuove forme di attivismo politico online è la caratteristica di questa tornata elettorale». È assolutamente vero. Bisogna anche capire come portare la fascia dai diciotto ai trentacinque anni alle urne, quindi i più cinici aggiungono: «Si va a pesca dove ci sono i pesci, tutto qui».

I commentatori politici fanno notare che, già al tempo della Campagna per le elezioni del 2000, l’attuale Amministratore Delegato di Google, Eric Schmidt, aveva sostenuto e raccolto fondi per Al Gore. Appare abbastanza naturale dunque che l’abbraccio tra Google e il partito democratico risulti più semplice che non l’abbraccio con i repubblicani, i quali peraltro non hanno ancora organizzato alcun dibattito per i loro candidati.

Come sempre accade in questi casi molti si cimentano nelle previsioni sul gradimento che avrebbero ricevuto i diversi candidati «esposti» su YouTube, e qualcuno cerca anche di mappare le diverse tribù alle quali ci si deve rivolgere. In un articolo del Washington Post si conia un concetto innovativo: «Non si può rispondere a parole a un video. Bisogna rispondere con un video». Astruso, difficilmente discutibile viste le premesse, e in fondo orientato da quella tradizione che afferma: «Un’immagine vale più di mille parole».

Quindi un’immagine in movimento con colonna audio quante parole vale? A sostegno si dimostra che il dibattito all’interno di YouTube, su qualsiasi argomento, sia da parte dei sostenitori che dei detrattori, si svolge grazie a videodomande e videorisposte. Inoltre l’interfaccia permette di rinvenire e tracciare la storia di quello che si sta guardando: per data di caricamento, commenti ricevuti, numero di visionamenti, gradimento.

A prima vista si individuano un gran numero di comunità all’interno della Grande Comunità, i cui membri si scambiano video con un doppio intento: collusione e collisione. Ancora una volta solo l’ossimoro è in grado di dare senso al tutto, solo il dinamico equilibrio tra Yin e Yang giustifica il vasto mosaico che si rinviene nel sito composto ormai da circa 200 milioni di videoclip. I dati, riportati su grafici, relativi al periodo 24 aprile - 24 maggio 2007 forniscono comunque alcune prime indicazioni sul gradimento nei confronti dei candidati.
il fondatore di youtubeil fondatore di youtubeCHAD HURLEYCHAD HURLEY

A metà maggio, nell’area democratici, Hillary Clinton gode di una impennata di visionamenti che la conduce da 300.000 a 1,2 milioni, consentendole di superare Barack Obama e John Edwards, attestati stabilmente attorno al milione. In area repubblicani il TubeMogul (questo il nuovo termine coniato per definire i candidati «esposti» su YouTube) è Mitt Romney, con cifre tra i 700.000 e i 900.000, mentre gli altri restano tutti al di sotto dei 500.000. Si rileva una costante in ogni candidato: tutti hanno cercato di mostrare il loro lato funny (divertente, simpatico). E inoltre si va delineando una possibile strategia: è meglio avere molti video in rete e soprattutto uno nuovo al giorno.

Ma che fine hanno fatto Chad e Steve? Dopo la vendita a Google e l’incasso delle azioni i due hanno fatto grandi feste, hanno riorganizzato la vecchia struttura e hanno stabilito adeguati equilibri con la gerarchia della casa madre. A parte le performance di Chad a Davos, hanno evitato dichiarazioni, fin quando a primavera riappaiono insieme in un forum organizzato dal Commonwealth Club a San Francisco.

«Google ci ha dato un sacco di pappa» gongola Chad in quell’occasione. «Stiamo sviluppando con loro pubblicità per target mirati e utilizziamo il loro motore di ricerca per facilitare il rinvenimento di video nel sito». «Nonostante i milioni in azioni di Google che abbiamo ricevuto le nostre vite non sono cambiate» sospira Steve. «Lavoriamo sempre molte ore al giorno. Solo che adesso abbiamo automobili più veloci che ci permettono di arrivare in ufficio più velocemente». A una domanda sull’atteggiamento del Pentagono Chad risponde: «Non vogliamo creare rischi alla Sicurezza... comunque risolveremo la questione». O comunque la risolverà Google.

Google, Google... ovviamente il colosso dei motori di ricerca, a sei mesi dall’acquisto di YouTube, è sempre più presente nella vita della Comunità. Del resto ha investito una bella somma per poter disporre di un immenso spazio metatelevisivo dove poter inserire messaggi e quindi ha perfezionato le sue strategie. Il 15 aprile la notizia giunge come un boato a Madison Avenue, la strada di New York dove hanno sede le maggiori agenzie di pubblicità del pianeta: «Google acquista Doubleclick per 3,1 miliardi di dollari».

Una cifra veramente record, la più alta mai pagata da Google per rilevare una società. Del resto il titolo sale in Borsa e quindi investire è molto più facile. Fondata nel 1996 a New York, la Doubleclick in dieci anni è diventata leader della pubblicità in Internet giocando il ruolo di intermediaria tra agenzie tradizionali, aziende e nuove società web in grado di ospitare campagne promozionali. Tra i suoi clienti ci sono MySpace, il Wall Street Journal online, ma anche Coca-Cola, General Motors, Nike e Motorola. In sostanza il suo ruolo è quello di suggerire ed espandere gli investimenti pubblicitari nella rete web.

È dunque il pezzo mancante nella strategia di Google che, grazie alla Doubleclick, può da ora cominciare a pianificare la collocazione su YouTube di enormi investimenti pubblicitari. Giungono da più parti le accuse di aver costruito una posizione dominante e ovviamente la questione viene sottoposta all’approvazione da parte delle Autorità Antitrust (dopo una lunga riflessione, poco prima di Natale 2007, la Federal Trade Commission americana darà il proprio via libera all’acquisizione, con 4 voti a favore e 1 contro. Continua invece l’indagine della Commissione Antitrust dell’Unione Europea che, a tuttoggi - febbraio 2008 - ancora non si è pronunciata).
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

2 - UN FUTURO SEMPRE PIÙ IMPREVEDIBILE...
Nuova direzione, nuova selezione. Alla fine di maggio 2007 YouTube annuncia altri due accordi storici. Da Cupertino (California) la Apple fa sapere che Steve Jobs, suo fondatore, gran patron e amministratore delegato, ha deciso che «YouTube è un’esperienza planetaria e Apple Tv sta per portare le immagini presenti in Internet direttamente sugli schermi Tv presenti nei salotti di tutto il mondo». In sostanza i due partner suggeriscono agli utenti di comprare una «scatolina», che funziona come interfaccia, e piazzarla tra il computer e lo schermo della propria Tv in modo che i segnali video, rinvenibili nella rete web, si possano vedere su uno schermo più grande, quale quello del televisore, da una posizione più comoda, collettivamente e grazie anche a uno speciale telecomando detto «Apple Remote».

L’annuncio è ancora troppo recente per poter verificare quanto ciò contribuirà alla diffusione di YouTube, e fra l’altro la vendita degli apparati è cominciata solo da giugno. In ogni caso gli analisti fanno notare che la collaborazione tra Apple e YouTube «è solo all’inizio e potrebbe condure a importanti risultati. I due sono partner naturali nella battaglia contro Microsoft per ottenere e mantenere la leadership nel web». Si vedrà.

In quei giorni anche dalla sede della EMI a New York giunge un ennesimo importante segnale di pace: «Ok, i nostri artisti e la nostra musica sono a disposizione degli utenti YouTube». Nell’accordo si menziona la dicitura «on demand» e qua e là nella stampa si accenna a pagamenti che EMI riceverebbe da YouTube grazie agli inserimenti di pubblicità. I dettagli però non vengono resi noti.

«Grazie a questo accordo» conferma Chad «ognuna delle quattro grandi case discografiche del mondo è nostra partner». Impensabile. Veramente impensabile fino a qualche mese prima. L’intera industria della musica globale non è riuscita a sottrarsi all’effetto YouTube.

Il mese si conclude per Chad e Steve con una serie di dichiarazioni che i due rilasciano durante la Conferenza annuale sull’era digitale organizzata dal Wall Street Journal. Anche in questa occasione non si chiarisce granché. La questione «quale tipo di pubblicità?» resta aperta. Così come le contrapposizioni sulla violazione di copyright e sulla cancellazione automatica del materiale illegale. Il futuro poi appare assolutamente insondabile e imprevedibile e l’unica definizione che se ne vuole dare è blurry (confuso, indistinto, a macchie). Agli altri non resta che stare a guardare.

Riportiamo alcuni stralci del dibattito che seguì la Conferenza:
(WSJ) «Qual è, nel sito, la percentuale di contenuti inviati dagli utenti?» (Su questo aspetto c’è sempre stato un grande riserbo e anche stavolta i Fondatori non rilasciano dati).
(Chad) «La maggior parte, ma sempre più accogliamo materiale professionale o semiprofessionale».
(WSJ) «Come state affrontando la questione del materiale illegale?»
(Chad) «Stiamo mettendo a punto sistemi audio e video fingerprinting che consentiranno il controllo».
(Steve) «Ogni video è di qualcuno, il trucco è scoprire di chi è».
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

Al dibattito era presente anche il grande George Lucas, regista e produttore di Guerre Stellari, che non volle astenersi da un paio di provocazioni: «Si può dividere l’intrattenimento in Circo, ovvero roba non progettata, e Arte, cioè i progetti tradizionali. Voi rappresentate il Circo, no?»
(Chad e Steve) «Sì. I nostri membri sono costantemente inspirati gli uni dagli altri».
(Lucas) «Non credo che sia possibile per i filmmakers guadagnare mettendo le loro creazioni online. Che ne dite?»

(Chad) «L’idea di sostenersi interamente con la distribuzione online è appena nata. Noi crediamo che, con l’aiuto di Google, la pubblicità possa fornire una risorsa accettabile per i creatori di contenuti».
(WSJ) «Inserirete messaggi prima dei video o adotterete lo stile Google di solo testi?»
(Steve) «Stiamo sperimentando diversi formati di pubblicità pre-roll (annunci che partono prima del visionamento), certo non saranno da 30 secondi ma da 5 o 10 e saranno inerenti al contenuto dei video. Se la pubblicità diverte la gente la guarda».
(Chad) «Dobbiamo essere molto cauti... alla gente non piace la pubblicità... ma può far guadagnare... quelli che inviano video potranno scegliere se far inserire o meno messaggi».
(WSJ) «E se lo impediranno?» (Chad) «Stiamo cercando il modo migliore per farlo».
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

(Newsweek) «Su YouTube si vede pubblicità ‘mascherata’. Come mai?»
(Chad) «Se diverte e piace è ok».
(Newsweek) «Se soggetti come la CBS e Blair usano YouTube per fare il loro canale che succederà in futuro?»
(Chad) «Tutto può essere blurry. Per noi va bene così».
(Gary Shapiro) «YouTube sta cercando di far evolvere la Legge sul copyright laddove non tiene conto del mondo reale?»
(Chad) «Sì, è per questo che stiamo lavorando con i proprietari di diritti». (WSJ) «Ma è una crociata politica?»
(Chad) «Abbiamo la possibilità di intervenire sulla questione».
(Steve) «Abbiamo esteso l’orizzonte di riferimento precedente».
(WSJ) «Cosa pensate dei sistemi concorrenti? La IPTV ha perso?»
(Steve) «I sistemi sono simili. La differenza è nel fatto che YouTube non vuole sostituire la Tv».
(WSJ) «Be’, con Apple Tv potreste farlo».

La sintesi è questa: ok, si comincia a capire cosa non funziona più oggi, ma non si capisce ancora cosa funzionerà domani. L’assenza di dati sulle percentuali di materiale fornito dagli uploader e quello fornito dall’industria e dai professionisti però comincia a far circolare strane ipotesi. Una comunità come quella di YouTube è costituita da decine di milioni di individui singoli che «inviano, condividono e visionano» clip. Ma di questi quanti sono «uploader attivi», quanti si prendono la briga di ri-inoltrare e condividere e quanti infine si limitano a essere semplici watchers (spettatori)?

E inoltre, degli «uploader attivi» quanti si sono limitati a inviare un solo clip? E quanti invece si sono organizzati per invii multipli? Questi numeri non sono mai stati rivelati dai Ragazzi di San Bruno, anche perché così si chiarirebbe qual è la vera forza attiva della Comunità, qual è la forza passiva e quale invece la forza derivante dalle collaborazioni con l’industria. L’argomento resta un enorme tabu.

Tra un cocktail e l’altro nei saloni dove si svolge la Conferenza sull’Era digitale viene notata anche la presenza di Roelof Botha. E una giornalista riesce a ottenere un suo laconico commento: «Ti devi mettere in una certa posizione per incontrare la fortuna» dice il quarto uomo, che nel frattempo ha cominciato a dedicarsi a nuove avventure. Tra queste brilla il finanziamento a Joost, uno dei nuovi video sites che sembra destinato al successo, e a Mahalo, un nuovo tipo di motore di ricerca che accoglie segnalazioni dai suoi utenti.

Nel frattempo YouTube, nel bene e nel male, continua la sua missione di interconnessione geoculturale. Radio Caracas Television, l’emittente commerciale, presente in Venezuela da cinquantatré anni, «oscurata» dal presidente Hugo Chavez perché ritenuta antigovernativa, ha chiesto e ottenuto una sorta di asilo politico. Dal 3 giugno le sue news si vedono in un canale dedicato ritagliato nei terabyte del sito. Arrivano anche le ventisei emittenti del gruppo Usa Hearst-Argyle che raggiungono circa il 18% dell’audience statunitense.

E finalmente, dopo mesi di sperimentazioni e promesse non mantenute, gli ingegneri di Google fanno sapere di aver messo a punto la tecnologia fingerprinting che dovrebbe riconoscere automaticamente il materiale illegale e cancellarlo. Le «cavie» che si mettono a disposizione per effettuare test avanzati nell’area video sono due storiche major: Disney e Time Warner. Nell’area audio invece verrà utilizzato il materiale delle case discografiche con cui YouTube ha sottoscritto gli accordi.

La popolarità del sito in Usa resta altissima e la tendenza è quella ormai di una costante espansione anche al di fuori del territorio d’origine. Tant’è che si parla di rendere il sito disponibile in altre lingue. Ad aumentare, suo malgrado, la notorietà di YouTube in Europa e nel mondo in genere, ci pensa il nuovo presidente francese Nicolas Sarkozy. Durante l’ultima conferenza del G8, Sarko, atteso da un gran numero di giornalisti per rilasciare importanti dichiarazioni, si presenta sul palco con un certo ritardo.
YOU TUBEYOU TUBE

L’uomo, visibilmente alticcio, con il viso rubizzo, la cravatta fuori posto e i riflessi rallentati tipici di chi ha alzato il gomito, offre alle telecamere una divertente performance fuori programma, e si giustifica dicendo: «Scusate il ritardo, ma mi sono trattenuto in una lunga discussione con il presidente russo Putin». Visto il contesto, e considerando la tradizione di Boris Eltsin che prevedeva l’uso di una certa quantità di vodka anche durante colloqui ad alto livello, appare evidente che gli alcolici hanno giocato la loro parte nell’incontro. Sarko barcolla e balbetta.

A nulla vale lo sforzo dei suoi addetti alla comunicazione che, a malapena, riescono a impedire alla Tv francese di mostrare il video. I belgi infatti lo mandano in onda immediatamente e da lì passa velocemente su YouTube e nel mondo intero. L’effetto YouTube segna così un altro punto a proprio vantaggio e l’episodio, nonostante inquieti l’intero Gotha della politica mondiale, non sembra interferire affatto con il flirt tra i concorrenti alla Casa Bianca e il sito. Oltre al previsto dibattito su CNN-YouTube, al quale prenderanno parte i democratici, viene infatti annunciato che anche i repubblicani non vogliono perdere una simile occasione.

19/Continua...
AGO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, 20° PUNTATA - NEL GIUGNO DEL 2007 YOUTUBE SBARCA IN BRASILE, FRANCIA, IRLANDA, ITALIA, GIAPPONE, OLANDA, POLONIA, SPAGNA E GRAN BRETAGNA - ESPLODE IL TEMA DELLO SFRUTTAMENTO DEI FILMATI A SCOPO PUBBLICIATARIO - ANCHE LE ISTITUZIONI SI DANNO AL SOCIAL-VIDEO: LA UE LANCIA IL PROGETTO ANCU-EUTUBE…

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1 - LE PROVINCIE DELL’IMPERO...
Il 19 giugno 2007 YouTube annuncia che nove versioni «locali» del sito sono da quel momento disponibili in Brasile, Francia, Irlanda, Italia, Giappone, Olanda, Polonia, Spagna e Gran Bretagna. In occasione di questo primo stadio di internazionalizzazione sono state tradotte l’homepage e le funzioni di ricerca; col tempo ogni bacino linguistico della Comunità potrà utilizzare qualsiasi altro strumento previsto e le diverse sezioni Video, Canali, Categorie e Comunità.
il fondatore di youtubeil fondatore di youtubeSTEVE CHENSTEVE CHEN

«YouTube sarà ora più accessibile e interessante per un pubblico internazionale» dichiara Chad raggiante. «Non vediamo l’ora di estendere questo progetto, nei prossimi mesi, anche agli altri Paesi». In previsione di questa estensione linguistica, ma anche geoculturale, erano stati messi a punto un gran numero di accordi con alcuni dei maggiori soggetti europei.

Tra questi, oltre alle menzionate BBC e Cuatro, i manager di Google-YouTube avevano siglato con Rai (Rainet e RaiNews 24); con l’altra spagnola Antena 3; con la Tv portoghese RTO e i network olandesi VPRO e NPO. E inoltre canali dedicati erano stati creati per alcune grandi squadre di calcio europee, quali il Chelsea, il Milan, il Barcellona e il Real Madrid. Una verà novità è costituita dall’arrivo su YouTube di alcuni canali di organizzazioni uma- nitarie e no profit, tra cui: Greenpeace, Friends of the Earth, la UNHCR e Médecins du Monde.

Questo importante «pezzo» delle attività e della comunicazione nel pianeta in effetti mancava e queste adesioni sono state salutate da una parte della Comunità con grande affetto. A oggi la presenza di Greenpeace è assicurata da circa 2500 video, alcuni dei quali sono stati visti centinaia di migliaia di volte. Non hanno raggiunto i grandi numeri invece i 180 video dell’Agenzia dei Rifugiati ONU, nonostante la sua prestigiosa testimonial, Angelina Jolie, abbia fatto veramente del suo meglio dal Darfur.

E lo stesso esito è toccato sia ai 1470 video di Friends of the Earth (Amici della Terra) che ai 45 video di Medecins du Monde. Evidentemente, come del resto è stato già ampiamente rilevato, la Comunità di YouTube è molto più sensibile al divertimento che non all’impegno.

In occasione dell’internazionalizzazione YouTube annuncia anche un importante nuovo strumento messo a disposizione degli utenti: Remixer. Basato su un prodotto Adobe Premiere autorizza a editare i video direttamente online e consente di inserire clip, sottotitoli e colonne sonore. Questa innovazione è già a disposizione degli utenti di altri piccoli siti, tra cui Jumpcut.
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

Ora però il fatto che sia a disposizione di una vasta comunità fa credere che il suo uso condurrà presto a qualche azione impertinente e rilevante. In sostanza, specialmente nell’area della satira politica, se ne vedranno presto delle belle. In Italia uno dei primi a essere colpito con l’arma Remixer sarà l’ex vicepresidente del Consiglio Francesco Rutelli.
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

YouTube procede così nella sua instancabile ascesa verso non si sa dove: un colpo alla botte e uno al cerchio, un colpo all’industria e uno alla Comunità, un colpo alla politica istituzionale e un colpo ai turbolenti video-peones. Mentre si attende la prima udienza Viacom VS Google-YouTube, da un tribunale francese arriva una brutta notizia. È il 26 giugno quando il presidente dell’Alta Corte di prima istanza a Parigi sentenzia: «I social network sites sono da considerare editori e non semplicemente comunità in grado di ospitare video inviati dai loro membri».

In particolare il giudice, che già un mese prima se l’era presa con MySpace, stavolta condanna per violazione di copyright il sito parigino di videosharing Dailymotion per aver reso visionabile il film Joyeux Noel.

L’indomani i legali di Google-YouTube sono di fronte a un giudice di Los Angeles. Li ha fatti convocare Robert Tur, un giornalista videomaker il quale sostiene che due suoi lavori, uno riguardante OJ Simpson e l’altro sulle rivolte degli afroamericani che insanguinarono Los Angeles a seguito del pestaggio di Rodney King, sono stati utilizzati per raccogliere proventi pubblicitari, senza il suo consenso né tantomeno una comunicazione.

È la prima volta che un singolo individuo chiama in giudizio YouTube e il fatto desta un certo interesse. L’Onorevole Signora giudice rigetta però le argomentazioni di Tur, affermando che il giornalista non ha mai richiesto la rimozione dei suoi lavori. Contemporaneamente però la giudice afferma anche che YouTube non ha sviluppato sufficienti controlli e pertanto ciò non lo mette al riparo del safe harbor. Qualcosa rischia di rompersi nel grande giocattolo? Ora i legali di YouTube possono assumere due diverse facce: quella simpatica che conduce a una transazione o quella dura con la quale si nega ogni responsabilità. Ogni scelta evidentemente influirà anche sulla decisione relativa al contenzioso Viacom VS YouTube.

Bene, ma quanti sono i veri visitatori? Si stila una classifica tra i 64 siti di videosharing, un mercato che è cresciuto mediamente dell’8%, ma che per YouTube ha registrato negli ultimi 4 mesi una crescita del 70%. Scende in campo, come sempre, la Hitwise e dall’alto della sua incontestata autorevolezza afferma che YouTube si colloca al primo posto con il 60,2% dell’intero numero di visitatori unici, mentre il suo primo concorrente, MySpace, si deve accontenta- re del 16,08% nonostante i suoi sforzi.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

Non parliamo poi degli altri: Google Video è al 7,81%; Yahoo! al 2,77%; MSN Video del gigante Microsoft è al 2,09%. In pratica esistono attualmente 3 soli siti che raccolgono quasi l’85% dell’intera area. Due di questi fanno capo alla stessa società Google-YouTube, mentre l’altro appartiene a Rupert Murdoch. Un altro dato appare rilevante: da maggio 2006 a maggio 2007 c’è stato un esodo maestoso dei frequentatori dei mo- tori di ricerca verso i video sites.

E intanto negli scaffali di You Choose ’08 continuano ad arrivare le videodomande degli utenti elettori. Alcune sono piccanti e vengono poste in strane forme. Bjorn, un imponente personaggio vestito da vichingo, vuole conoscere i piani dei candidati riguardanti l’immigrazione. Uno che si firma Someone else (Qualcun altro) invece vuole sapere se i candidati sono d’accordo sull’esistenza degli extraterrestri. Rachel è preoccupata dalle attuali norme che regolano i prestiti bancari.

Al Cannistraro pone questioni sulla strategia di sicurezza nazionale. Isaac, che è poi diventato famoso, dimostra che è costretto a inquinare perché non può permettersi di comprare un’auto ibrida. Che fare dunque? Cj425 fa raffronti tra l’aumento delle tasse e la diminuzione di assistenza sociale. Come mai? A fine giugno le video domande selezionate sono 270. La scadenza ultima per gli invii è fissata al 22 luglio.

2 - L’UNIONE EUROPEA SBARCA SU YOUTUBE...
Su iniziativa della vicepresidente della Commissione Europea, la svedese Margot Wallstrom, la UE lancia il progetto ANCU-EuTube. Obiettivo: mettere a disposizione del pubblico i propri materiali audiovisivi. Le lingue adottate sono l’inglese, il francese e il tedesco, ma si prevede un’estensione del numero di idiomi. Un’attenzione particolare è rivolta alla creazione di una memoria collettiva europea realizzata con materiali di repertorio riguardanti la storia dell’Unione Europea, dalla sua fondazione a oggi.
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Il videoportale ospita al momento una cinquantina di video in inglese. I contenuti sono per lo più istituzionali e rivolti a un pubblico giovanile. Alcuni esempi: il progetto di navigazione satellitare Galileo; i tagli alle tariffe del roaming (telefonate internazionali con i cellulari); i rischi del cambiamento climatico. Gli utenti sono invitati a rilasciare commenti, e la signora Margot è costretta a confrontarsi con gli strali degli euroscettici.
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Il filmato più visto del canale europeo è anche quello che ha suscitato il maggior numero di polemiche. Il clip, 44 secondi visti 4 milioni 200.000 volte, intitolato Film lovers will love this, propone una serie di scene «piccanti» tratte da diversi film europei. L’intento era quello di superare le tradizioni meno ossessionate dalla pruderie e così facendo sostenere il cinema quale espressione di libera cultura. I tabloid britannici però - da che pulpito! - in un eccesso di sessuofobia hanno definito il filmato «sporcaccione» e Maciej Giertych, euro- parlamentare polacco, ha accusato l’UE di utilizzare strumenti «immorali».
"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, 21° PUNTATA - LO SCONVOLGENTE IPERREALISMO DEGLI YOUTUBER METTE LA POLITICA IN DIFFICOLTÀ - ESPLODE IL CONTENZIOSO VIACOM VS GOOGLE-YOUTUBE - LA POLIZIA BRITANNICA CONTRO «” CLIP CHE MOSTRANO SCONTRI TRA ADOLESCENTI NELLE STRADE DELLA GRAN BRETAGNA E ATTACCHI ALLE AUTO DELLE FORZE DELL’ORDINE” - APRE LA PRIMA FACOLTÀ UNIVERSITARIA DI VIDEOSHARING E ARRIVANO I VIDEOTELEFONINI - LA PUBBLICITÀ NEI VIDEO AUMENTA…
"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI
Videoblog di Glauco Benigni
http://www.youtube.com/user/glaucobenigni/featured
1 - UN PO’ DELUDENTE QUESTO YOU CHOOSE ’08...
L’appuntamento con i candidati democratici alla Casa Bianca è ormai prossimo, e si intensificano le attività e i commenti. Le videodomande giunte a YouTube hanno sorprendentemente raggiunto il numero di 1300. Tra queste ottiene grandi onori di cronaca quella di Kim, una donna di trentasei anni. «Salve, spero di sopravvivere alla mia futura operazione» fa sapere Kim nei 30 secondi del suo clip.
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«Soffro di cancro al seno e, come milioni di americani, non ho mai avuto un’assicurazione medica. Cosa farà se diventa presidente per garantire medicina preventiva a basso costo e per tutti?» A quel punto la donna si leva la parrucca rivelando di essere completamente calva. È uno di quei casi in cui poche immagini in movimento valgono quanto un libro. La tensione sale. Alcuni candidati appaiono impreparati ad affrontare l’aspro iperrealismo degli youtuber.
I commentatori paragonano l’imminente dibattito su CNN - YouTube allo storico duello in Tv che vide Kennedy fronteggiare e distruggere Nixon nel 1960. Si pone una questione che rappresenta il cuore del rapporto tra vecchi e nuovi media. Se YouTube gioca il ruolo dominante nella scena della democrazia digitale e propone video che hanno già raccolto consensi espressi in vario modo, perché la CNN si riserva di selezionarne quattro dozzine da sottoporre ai candidati? Il duro compito dei selezionatori è affidato a David Bohrman, capo dell’ufficio CNN di Washington, e a Anderson Cooper, che deve moderare il dibattito.
È in ballo la «saggezza delle masse», un concetto che secondo qualcuno è determinato dalla tecnologia e secondo altri è un fenomeno culturale. I video affluiscono giorno e notte. In uno si chiede se il governatore della California, Arnold Schwarzenegger, non sia un cyborg; in un altro, molto votato, si chiede una procedura di impeachment per George Bush Jr. «Tutte fesserie» dicono gli accademici. «In questo modo non si ottiene la comprensione della politica. Sono molto meglio la stampa e la Tv».
Opinioni altamente condivisibili a freddo, ma non si può dimenticare che i candidati, al dunque, vogliono cavalcare la tigre e portare a casa i voti, quindi al di là delle dotte considerazioni resta l’enorme eco che riverbera sui media. «Questa è la prima volta che il video online si siede al tavolo per aiutare a eleggere un presidente» dice Bohrman. Alcune videodomande sarebbero state poste a candidati specifici, altre a tutti. «Nessuno di noi, né CNN, né YouTube, né i candidati, né gli spettatori, sa come andrà a finire» dice Cooper, «e ciò non è male, in fondo».
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

Inaspettatamente non giungono molte domande sulla guerra in Iraq - peraltro non sappiamo se vengano diligentemente filtrate - ma giungono quesiti sul Darfur, la formazione, l’ambiente, l’immigrazione, i diritti dei gay, la salute degli uomini e degli animali. A proposito di gay, fa scalpore il video di Alexander Nicholson, un ventiseienne che sta conseguendo una laurea in scienze politiche e che è stato costretto a lasciare l’esercito a causa della sua omosessualità. «Presidente» chiede Nicholson «cosa pensa di fare con i militari gay?»
Le videodomande sono diventate 1500 e arrivano da ogni parte del mondo. Anche questo aspetto deve far riflettere: le presidenziali Usa, come appare evidente, sono un fatto di interesse globale. Ma la globalizzazione, come viene vista dai cittadini americani che, notoriamente, non viaggiano? Come mai su una popolazione di 300 milioni di abitanti solo il 5% ha richiesto il passaporto? E come mai ci vuole così tanto tempo per ottenerlo?
Anche se non ufficialmente invitato a porre domande, il gruppo di guerriglieri iracheni Ansar Al Sunnahha probabilmente ritiene che quello è il momento migliore per inviare a YouTube alcuni documentari, sottotitolati in inglese, in cui i civili, da loro intervistati, si dichiarano favorevoli ai ribelli: «Rispondi sinceramente, cosa pensi dei guerrieri sacri?» viene chiesto agli automobilisti costretti a fermarsi a un posto di blocco. Ovviamente le risposte sono piuttosto scontate, ma anche questo entra nel grande calderone del consenso/dissenso alla guerra.
La sera del 23 luglio tutto è pronto per il grande show. Lo studio Tv allestito nella sala della Citadel nel South Carolina «sembra la convention di una azienda, con l’enorme logo della CNN che campeggia su tutto il palco» scrive con una buona dose di sarcasmo il Chicago Tribune. Fin dall’inizio ci si rende conto che lo spirito originale è stato abbondantemente annacquato. Alla fine sono state selezionate 39 delle circa 3000 videodomande inviate dagli youtuber.
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Il tempo in Tv è la vera materia prima. Il tempo è il tiranno. Il fuoco si apre con un ragazzo che chiede: «Sarete in grado di fare qualcosa rispetto a chi non è in grado di far niente?» La domanda è posta collettivamente e gli otto in corsa per le primarie dimostrano chiaramente, nelle loro risposte, di non volersi pestare troppo i piedi l’un l’altro, in fin dei conti appartengono tutti allo stesso partito. È comunque difficile barricarsi dietro a frasi di circostanza e del resto lo stratega dei democratici, Kiki McLean, si è raccomandato: «Non citate leggi sconosciute, parlate la lingua della strada».
Se non altro in questo la politica si sforza di avere a che fare con il popolo. Ma gli youtuber non possono replicare, quindi alla fine vince il più bravo «incantatore di elettori». La performance ha comunque tutti i pregi e tutti i limiti di una prima e gode di una certa carica emotiva che si somma alla curiosità record registrata nel conteggio dell’audience. Il genocidio in Darfur fa salire la tensione: la videodomanda arriva da un gruppo di volontari che lavora ogni giorno nella regione. È difficile contestare la realtà. Sull’Iraq ci si barcamena a lungo. Le videodomande sulla questione gay appaiono molto ben confezionate.
Eccetera, eccetera, eccetera. Alla fine si fanno i conti. Hillary Clinton è stata inarrestabile e consolida la pole position nella corsa alla Casa Bianca: secondo i sondaggi ottiene il 45%. A ridosso si piazza Barack Obama, con un 30%, nel ruolo di sfidante principale. Il senatore John Edwards deve accontentarsi della terza posizione. A telecamere spente ci si interroga: ma è proprio questo il futuro delle campagne elettorali?
D’ora in poi i candidati, come hanno fatto stavolta, dovranno prepararsi a rispondere a un pupazzo di neve che pone domande sui cambiamenti climatici? Perché no! Anche Anderson Cooper, il conduttore, ha molti dubbi e apre il suo blog in attesa dei commenti: «Diteci voi come è andata» chiede ai suoi lettori e spettatori. E una domanda rimane senza risposta: «Ma c’era davvero bisogno della Tv?»
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2- CATTIVI ESEMPI E PUBBLICHE VIRTÙ...
Inesorabilmente arriva il 27 luglio, data della prima convocazione presso il tribunale di Manhattan per il contenzioso Viacom VS Google-YouTube. E non succede molto, anzi quasi niente. Alla Viacom si sono nel frattempo uniti altri due soggetti: la Lega calcio inglese (un bestione molto grosso e cattivo) e la casa discografica Bourne Co. Il legale dei Ragazzi di San Bruno, Philip Beck, si trincera dietro un’affermazione che gli consente di prendere tempo: a settembre sarà pronto il sistema di controllo basato su tecnologia fingertips che consentirà definitivamente di eliminare in modo automatico il materiale illegale. E si fissa un’altra udienza.
È uno dei fronti che resta aperto. Così come restano aperte alcune scottanti questioni. «Impedite che compaiano sul sito» invoca la polizia britannica «i clip che mostrano scontri tra adolescenti nelle strade della Gran Bretagna e attacchi alle auto delle forze dell’ordine». «Impedite che si rinvengano filmati antisemiti caricati da gruppi neonazisti» invocano diverse organizzazioni ebraiche. YouTube veicola diversi cattivi esempi, è vero. Ma non solo.
A vantaggio della sua reputazione si registrano anche episodi degni di grande lode. Tra questi l’apertura di un canale, Don’t you forget about me, sollecitato dalla scomparsa della piccola Madeleine McCann in Portogallo e dedicato ai bambini scomparsi di tutto il mondo. Un enorme Chi l’ha visto, dove si registrano storie e segnalazioni utili a risolvere i casi, che utilizza addirittura la testimonianza della first lady Laura Bush. E inoltre gli appelli video, lanciati, all’inizio da Jim Carrey, per liberare la leader birmana Aung San Suu Kyi, premio Nobel, costretta da anni agli arresti domiciliari dal governo del Myanmar, diventati poi efficace campagna contro il regime arcaico e violento nella ex Birmania.

Dal 22 agosto 2007 - una data che rischia di passare alla storia - la pubblicità su YouTube non è più limitata ai soli banner di testo posti a lato dei video. Google-YouTube offre infatti piccole finestre cliccabili, che occupano il 20% dell’intero display e che si aprono dopo 15" di visionamento. Se entro altri 10" la finestra non viene cliccata da chi sta visionando, scompare. Questa è l’ultima alchimia digitale inventata dai fondatori (o da chi per loro). «I filmati pubblicitari» dicono Chad e Steve «dovranno essere poco intrusivi e pertinenti al contenuto del video che si sta visionando». Vedremo!
All’indomani, una ricerca condotta dalla IBM su scala planetaria, a proposito dei consumi di materiale video nella rete, sembra sancire che il «cambio di paradigma è avvenuto». Il 19% degli intervistati afferma di passare una media di 6 ore al giorno sul web, mentre solo un 8% del panel trascorre lo stesso numero di ore di fronte alla Tv. La mutazione nella tribù digitalizzata non è più «in corso»: è conclamata.
Le cause che hanno condotto alla nascita di YouTube (e degli altri siti di videosharing), a questo punto diventano storia del recente passato e prepotentemente salgono alla ribalta gli effetti, le migliaia o decine di migliaia di manifestazioni rese possibili, ma anche innescate, dal fenomeno e tali da auto-affermarsi ormai al di là delle cause originarie.
Fra l’altro si parla sempre più realisticamente dell’avvento della nuova fase: il 35% del panel indagato dalla IBM in Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Giappone e Germania, afferma di avere o di volere al più presto un videocellulare che consenta loro di filmare, caricare su YouTube (e sugli altri siti simili), rendere visibili in tutto il mondo le immagini così registrate e rivederle immediatamente. Dopo l’estate 2007, la frequenza di eventi determinati dall’effetto YouTube subisce un’ulteriore accelerazione.
Ma alcuni giganti degli affari stanno rischiando di rimanere ai margini del banchetto. Ciò è intollerabile in particolare per Rupert Murdoch e per la General Electric-NBC, quindi le due megacorporation ribadiscono congiuntamente la loro volontà di lanciare Hulu, un sito di videosharing pensato per diventare un contro-YouTube.
Il 30 agosto i Ragazzi di San Bruno reagiscono con un bel goal: l’organizzazione inglese che rappresenta gli interessi di 50.000 compositori, cantanti e etichette musicali, concede alla Comunità YouTube di utilizzare legalmente circa 10 milioni di brani musicali. Nella stessa giornata, sempre in Inghilterra, viene arrestato un diciannovenne che aveva filmato se stesso alla guida di un’automobile lanciata a 140 miglia all’ora.
Le trattative per incassare denaro si estendono ormai a chiunque: il governo thailandese, ossessionato dalla presenza di filmati che giudica offensivi nei confronti del proprio re, il settantanovenne Bhumibol Adulyadej, compra, in cambio della cancellazione di dodici video, una campagna promozionale, della durata di 5 mesi, da realizzare nel sito.
È un esempio inquietante di mercificazione della libertà di espressione che potrebbe estendersi presto ad altri governi. Negli Usa intanto si inasprisce il dibattito sui filmati di guerra in arrivo dai fronti, alcuni dei quali vengono ripresi sistematicamente dalle grandi Tv dopo la comparsa su YouTube.
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Il 6 settembre 2007 il Wall Street Journal squarcia alcuni veli riguardanti il successo di nuovi talenti. Prendendo ad esempio i casi eclatanti di Marie Digby, una cantante che in realtà era sotto contratto con la Hollywood Records sin dal 2005 e di lonelygirl15, che rivela di essere rappresentata dalla famosa agenzia Creative Artists, il quotidiano fa sapere: «Non è vero che alcuni artisti divenuti famosi giungono dal nulla».
Dietro di loro si sono mosse e si muovono potenti organizzazioni. È un colpo durissimo per la Comunità, si mette in discussione una delle pietre miliari di tutto il baraccone: non esiste dunque il Lucky Nobody (il fortunato sig. Nessuno) che diventa famoso per meriti riconosciuti semplicemente dai suoi fan, ma permane la perversa gerarchia che filtra l’approccio al successo.
Il caso di Terranaomi però sembra smentire: armata solo di una chitarra e un isterico sorriso, la ventiquattrenne acclamata per il suo Say it’s possible, considerata l’erede di Alanis Morisette, sbarca al concerto di Live Earth a Wembley invitata personalmente da Al Gore e, dopo aver cantato insieme a star mondiali, riaccredita il sogno di redenzione e promozione sociale del videosharing: «Ero all’inferno. Vendevo droga e mi facevo le pere nel ghetto di Detroit» confessa a TimeOnLine, «ma oggi... eccomi qua». Sempre da Londra arriva un’altra notizia: Vodafone e un drappello di produttori di telefoni cellulari quali Nokia, Samsung, Sony Ericsson stanno concentrando i loro sforzi per rendere visibile, entro Natale, YouTube sui loro display, mentre Casio lancerà a breve una minicamera digitale YouTube compatibile.
Il 10 settembre gli youtuber organizzano il loro quarto incontro nazionale a Washington. La scelta della capitale politica degli Usa non è casuale: YouTube è sempre più determinata a giocare la propria influenza durante le elezioni del 2008.
Tra riconoscimenti accademici e scontri legali la storia prosegue. Qualcuno mette in evidenza l’enorme potenziale didattico ed educativo contenuto in YouTube; a Boston il Pitzer College inaugura la prima facoltà dedicata al videosharing in rete. Il giornalista Chris Knight, che aveva chiamato a giudizio il sito, vince la sua causa; mentre la popstar Prince comincia a chiedere ingenti risarcimenti per infrazione al diritto d’autore: «Nelle scorse settimane abbiamo fatto cancellare 2000 video dal sito» dice il manager di Prince, «ma ora basta, vogliamo i soldi».

Dal profondo Midwest sale alla ribalta, e vi resterà, un giovane gay diciannovenne, Chris Crocker, che in un clip di 2 minuti, piangendo e urlando disperatamente, chiede che i media lascino in pace Britney Spears. Decine di milioni di visionamenti e migliaia di commenti nei blog lasciano la stampa e gli esperti allibiti. Esistono zone assolutamente buie e inesplorate dell’opinione pubblica in cui si agitano emozioni potenzialmente virali che solo YouTube riesce a portare a galla.
il fondatore di youtubeil fondatore di youtube
«Tutto ciò di cui avete bisogno per lanciare il vostro canale Tv è un videotelefono cellulare!» L’incitamento arriva da Floobs, una società finlandese che offre a chiunque l’opportunità di realizzare nuove forme di giornalismo.
La lezione è recepita dal generale Rasim Delic ́, ex comandante dell’Armata bosniaca musulmana. Il militare, accusato di torture, stupri e pulizia etnica dal tribunale delle Nazioni Unite, tenta di dimostrare, grazie a una sua registrazione audio che circola su YouTube, di non aver responsabilità nelle atrocità commesse tra il 1992 e il 1995 nella guerra di Bosnia, in quanto la porzione musulmana dell’armata agiva, secondo lui, su comando del governo bosniaco centrale, contrariamente a quanto afferma l’accusa. I media di Serbia e Croazia riprendono e amplificano il documento audio in questione e, nonostante si mantengano dubbi sull’autenticità, la sua diffusione riapre questioni che si ritenevano chiarite.
Grazie alla visibilità offerta da YouTube qualsiasi affermazione, informazione, immagine collocata al suo interno, rischia di assumere un’alta dignità e condiziona i vecchi media.
«Diffondere o non diffondere le notizie presenti su YouTube» ecco il nuovo dubbio amletico che attanaglia gli organizzatori di consenso e consumi. Da San Bruno intanto i Ragazzi, inarrestabili, inventano e promuovono nuove forme di pubblicità: il 19 settembre annunciano la nascita di Google Gadgets Ads, che coniuga il dinamismo della Tv con l’interattività del web.