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 2012  aprile 11 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA. IL FINANZIAMENTO PUBBLICO DEI PARTITI


REPUBBLICA.IT
ROMA - Carenze "importanti", controlli "inefficienti" e sanzioni "inefficaci": così il Consiglio d’Europa boccia senza appello il sistema di finanziamento pubblico dei partiti in Italia. Oggi la prima riunione dei tecnici dei partiti sulla riforma dei soldi ai partiti. Ma intanto il segretario del Pd difende il finanziamento pubblico.
Partiamo dalla bocciatura arrivata da Strasburgo. La situazione, secondo il Consiglio d’Europa, è grave ed è "urgente" porre rimedio. Il documento è stato elaborato e reso noto dalla commissione ’Greco’ (Groupe d’Etats Contre la Corruptione, il braccio anti-corruzione dell’organizzazione paneuropea) e sottolinea che "la maggiore debolezza" del sistema sta nei controlli. Il ruolo che i cittadini possono svolgere è "molto limitato" - si legge - e quello esercitato dalle autorità pubbliche è "molto frammentato, più formale che sostanziale".
E per la riforma, oggi, dovrebbe essere una giornata importante. Dare un segnale all’opinione pubblica. E fare presto. E’ con questo mandato che si vedranno, alle 16, i tecnici della maggioranza: Rocco Crimi e Massimo Corsaro per il Pdl, Benedetto Della Vedova per Fli, Giampiero D’Alia per l’Udc, Antonio Misiani e Gianclaudio Bressa per il Pd. Tre, quarto articoli al massimo: un progetto di legge snello, per affrontare la questione dei controlli sui bilanci dei partiti e della trasparenza. Questo l’obiettivo degli sherpa, che si sono
già sentiti oggi per telefono. Nel tentativo di chiudere su un testo di massima. Mentre, solo in futuro, sarà affrontata la questione della democrazia interna e dei rimborsi elettorali: insomma, per ora nessuna intenzione di decurtare l’entità dei finanziamenti.
"Noi siamo disponibilissimi e intenzionati a rivedere il sistema del rimborso elettorale - dice il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani - ma questa discussione richiede dei tempi e io non accetterei che in attesa di questi tempi ci si possa ristrutturare casa coi soldi del partito. Io voglio immediate misure per il controllo".
Su alcuni punti l’intesa sembra essere già raggiunta: la certificazione dei conti da parte di società esterne (su questo insiste in particolare il Partito democratico, che già se ne avvale). E il ruolo di controllo della Corte dei conti. Oggi, tra l’altro, l’associazione dei magistrati della Corte ha preso posizione - con il presidente, Angelo Buscema - per bocciare l’eventuale intervento di un’authority esterna: "Siamo già attrezzati noi, sia dal punto di vista giuridico che strutturale". Per il resto, il Partito democratico insiste sulle sanzioni con la decurtazione delle risorse fino al completo azzeramento in caso di violazioni. L’Udc chiede un tetto di 50 mila euro per le donazioni dei partiti: oltre quella soglia anche fondazioni e associazioni dovrebbero essere soggetti a controlli della corte. Mentre ci sono resistenze del partito di Bersani sul modello all’americana voluto dal Pdl per i contributi dei privati, con tanto di detrazioni fiscali. "Stiamo attenti - ha detto il capogruppo Pd, Anna Finocchiaro - perché i partiti devono poter contare su risorse certe, altrimenti la politica resterà esclusiva dei Paperoni".
Su questi ultimi punti, comunque, i tecnici dei partiti dovrebbero soprassedere. E già stasera potrebbe esserci un vertice dei leader di maggioranza con il premier, Mario Monti, per affrontare sia il tema del finanziamento pubblico che quello della delega fiscale (come chiesto da Alfano). Sicuramente in futuro l’iniziativa spetterà al Parlamento, la formula del decreto è stata bocciata dal Pdl e non convince neppure il Pd (mentre il Terzo Polo è disposto a usare qualsiasi strumento per un’approvazione lampo). L’iter più probabile, al momento, è quello di un provvedimento ad hoc da affidare alla commissione Affari costituzionali della Camera - dove la riforma è incardinata - con la formula della sede legislativa: cioè con il via libera senza il passaggio in aula.
Quanto alle altre forze politiche, non coinvolte nell’attuale lavoro degli sherpa, Antonio Di Pietro fa sapere che non si metterà di traverso. In caso di fallimento della riforma, l’Idv è comunque già pronta a raccogliere le firme per un referendum e una proposta di legge di iniziativa popolare. Dal fronte radicale c’è invece l’altolà di Marco Pannella che parla di "dubbi di costituzionalità" sull’approvazione di un provvedimento di questa natura in sede legislativa.
(10 aprile 2012)

REPUBBLICA.IT - IL SISTEMA TEDESCO
ANDREA TARQUINI
BERLINO - In Germania sia il finanziamento pubblico dei partiti sia le donazioni di aziende o privati alle forze politiche sono una sfera rigidamente e chiaramente definita dal Grundgesetz, la democraticissima, garantista, pacifista Costituzione federale, sia da leggi entrate successivamente in vigore, prima e dopo la riunificazione.
I partiti in Germania hanno tutti diritto a un finanziamento pubblico, ma il tetto di spesa complessivo è rigido: non più di 150,8 milioni l’anno per tutti i finanziamenti - federali o dei Bundeslaender, cioè i 16 Stati - a tutte le forze politiche. E una delle precondizioni indispensabili per ottenere il finanziamento pubblico è l’assoluta trasparenza di bilanci e conti di ogni partito, che devono essere resi pubblici ogni anno, e la dichiarazione precisa di ogni ’Spende’, cioè donazione, ricevuta da imprese o da cittadini. Incassare fondi neri vuol dire mettere in discussione indirettamente il proprio diritto ad avere il finanziamento pubblico: in ogni caso devi restituire quella parte corrispondente alle somme entrate nelle casse del partito e non dichiarate.
Il calcolo dei finanziamenti pubblici ai singoli partiti, fatto salvo appunto il limite assoluto dei 150,8 milioni per la somma
globale da dividere tra tutti, è complesso. Uno schema è la distribuzione di 70 centesimi per ogni voto conquistato e 38 centesimi per ogni euro speso per l’attività politica. La soglia minima al di sotto del quale non puoi ricevere finanziamenti pubblici è molto inferiore alla soglia minima del 5 per cento dei voti totali espressi necessaria a conquistare seggi a qualsiasi livello. La soglia minima per accedere ai finanziamenti pubblici è infatti raccogliere lo 0,5 per cento dei voti alle elezioni europee o nazionali oppure l’1 per cento a quelle che si tengono nei Bundeslaender o a livello comunale.
Il finanziamento pubblico dei partiti esiste in Germania con il fine dichiarato di rendere le forze politiche autonome da lobbies e gruppi d’interesse, e le leggi in vigore postulano come precondizione una separazione totale tra bilanci pubblici e bilanci dei partiti. Ciò nonostante, scandali per donazioni illecite, non dichiarate, ci sono stati anche qui. Decenni addietro, molto prima della riunificazione, scoppiò l’affaire Flick, dal numero del colosso industriale che versò fondi neri a tutti i partiti per ingraziarseli. Poi nel primo decennio dell’attuale secolo addirittura il padre della riunificazione tedesca e dell’Europa unita, l’ex cancelliere Helmut Kohl, fu travolto dalla scoperta di pagamenti in nero che aveva raccolto non per sé ma per il suo partito, la Cdu. Kohl personalmente non si era messo un tasca un centesimo, ma aiutò il partito a pagare la multa comminatale dalle autorità mettendo un’ipoteca sulla sua casa.

IL SISTEMA INGLESE
ROSALBA CASTELLETTI
LONDRA - "Cash for access": l’ultimo scandalo al numero 10 di Downing Street è stato battezzato così. Centomila sterline per un incontro con un ministro senza portafoglio, 250mila per entrare nella "premier league" e assicurarsi una cena con il premier David Cameron o il cancelliere David Osborne. A stabilire la tabella delle "donazioni in cambio di favori" era il tesoriere del partito conservatore Peter Cruddas, costretto a dimettersi dopo un’inchiesta del Sunday Times che ha riaperto nel Paese il dibattito sul finanziamento pubblico ai partiti. Non per abolirlo come si vorrebbe in Italia, ma per introdurlo.
In Gran Bretagna infatti non è previsto. Solo i partiti all’opposizione ricevono dallo Stato denaro quanto basta a coprire i costi amministrativi. Altrimenti, sta qui la ragione, potendo accedere agli strumenti del governo come la pubblica amministrazione, il partito al potere avrebbe una iniqua posizione di vantaggio. E allora come si sostengono conservatori, laburisti e liberaldemocratici? Grazie alle sottoscrizioni dei loro membri. Non abbastanza
però per finanziare le loro moderne campagne elettorali. E perciò fanno sempre più ricorso alle donazioni di individui e aziende.
Nei 12 mesi precedenti le elezioni di due anni fa i partiti britannici denunciarono finanziamenti per oltre 80 milioni di sterline, 24 milioni in più che alla vigilia dell’appuntamento elettorale del 2005. Un aumento considerevole visto che le loro spese complessive nel 2010 ammontavano a 31,5 milioni di sterline, circa 10,8 in meno rispetto al 2005. Dal 2000 le donazioni superiori alle 5mila sterline devono essere dichiarate, eppure ciò non è bastato a placare le polemiche sui privati che finanziano i partiti e che, così facendo, si dice, influenzano la politica.
Di proposte per introdurre e regolare il finanziamento pubblico in Gran Bretagna se ne contano molteplici. Nel 2007 una commissione presieduta da Hayden Phillips suggerì che ogni partito ricevesse 50 centesimi di sterline l’anno per ogni voto ottenuto alle elezioni generali e 25 per ogni voto raccolto alle elezioni del parlamento scozzese, dell’assemblea gallese e del parlamento europeo portando a un aumento dei fondi statali destinati ai partiti di 25 milioni di sterline l’anno. Oggi, sull’onda dello scandalo delle cene a Downing Street, la ricetta proposta è quella suggerita lo scorso novembre dalla commissione indipendente guidata da Christopher Kelly, istituita l’anno scorso all’indomani dello scandalo per i rimborsi spese dei parlamentari: fissare il tetto delle donazioni individuali a 10mila sterline, aumentare i finanziamenti pubblici al costo approssimativo di 50 centesimi per elettore e allo stesso tempo limitare le spese per le campagne elettorali garantendo a tutti i partiti più spazio nei media statali. Un piano che, come quello di sir Phillips nel 2007, incontra però la fiera opposizione di conservatori e laburisti. E stavolta anche quella dei contribuenti che in tempi di tagli non sono disposti a pagare di tasca propria le spese dei partiti che glieli hanno imposti.
(10 aprile 2012)

IL SISTEMA FRANCESE
GIAMPIERO MARTINOTTI
PARIGI - Il finanziamento pubblico dei partiti in Francia si aggira attorno ai 75 milioni di euro. E’ diviso in due parti. La prima è legata ai risultati elettorali: i partiti che alle politiche ottengono come minimo l’1 per cento dei suffragi, in almeno 50 collegi elettorali, hanno diritto a un contributo pubblico per le spese elettorali (in genere si dice che un voto equivale a un euro o poco più). La seconda è legata al funzionamento annuale: circa 75 milioni di euro ripartiti in funzione del numero dei deputati.
Anche le campagne presidenziali sono in parte finanziate dallo Stato che, per esempio, stampa a proprie spese i manifesti elettorali affissi negli spazi ufficiali o le cosiddette "professioni di fede" inviate a tutti gli elettori. Per il resto esiste un tetto alla spese di campagna: 16,851 milioni per il primo turno, 22,509 milioni per i due candidati che arrivano al ballottaggio. Lo Stato rimborsa il 47,5% delle spese sostenute a chi ottiene almeno il 5 per cento dei voti, gli altri si dovranno accontentare del 4,75%, cioè al massimo 800 mila 425 euro.