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 2012  aprile 10 Martedì calendario

Banche, scoppia la mina della recessione - Quando la tempesta della crisi del debito sovrano Ue sembrava ormai alle spalle, sarebbe stato fa­cile scommettere su un’ulteriore ripresa in Borsa delle banche ita­liane

Banche, scoppia la mina della recessione - Quando la tempesta della crisi del debito sovrano Ue sembrava ormai alle spalle, sarebbe stato fa­cile scommettere su un’ulteriore ripresa in Borsa delle banche ita­liane. Ma trascorsi solo dieci gior­ni­dalla seconda asta di rifinanzia­mento a lungo termine ( Ltro) di fi­ne febbraio è iniziata l’inver­sione di ten­denza. I princi­pali istituti di credito hanno registrato fles­sioni compre­se tra i 20 e i 30 punti percen­tuali vanifican­do la «rimon­ta » di Natale. Ad aver mutato il sentiment del mercato, però, non è tanto la mi­n­accia delle ricapitalizzazioni im­poste dall’Eba, ma il contesto ma­croeconomico particolarmente negativo. Che lascia presagire un aumento delle sofferenze e un contestuale assorbimento di risor­se per far fronte a nuovi accanto­namenti. A queste considerazioni si aggiunge una valutazione di ti­po tecnico: con i rialzi di gennaio e febbraio l’indicatore prezzo/valo­re di libro delle principali banche italiane era compreso in un range 0,5-0,7 ritenuto eccessivo dalle ca­se d’affari, critiche nei confronti dei giganti di casa nostra. Intesa e Unicredit I due big player italiani hanno ef­fettuato scelte strategiche simili, anche se in tempi differenti. En­trambe sono reduci da due ma­xiaumenti conclusi con successo (5 miliardi per Ca’ de Sass a mag­gio e 7,5 miliardi per Piazza Cordu­sio a gennaio). Entrambe hanno scelto la strada della svalutazione degli avviamenti (10,8 miliardi Unicredit; 10,2 miliardi Intesa). Entrambe sono riuscite a riporta­re il Core Tier 1 sopra il 9% e hanno mostra­to segnali di in­v­ersione di ten­denza: la ban­ca guidata dal­l’ad Federico Ghizzoni ha ri­portato in utile la business unit italiana, men­tre il neo ad di Intesa Enrico Toma­so Cucchiani ha mostrato molta aggressività sul margine di interes­se. Unicredit dovrà individuare anche un nuovo presidente: do­mani vertice tra Fondazioni e nuo­vi soci e giovedì comitato gover­nance. Entrambe comunque, hanno molte frecce al loro arco. Mps e Banco Popolare Anche per le banche guidate da Fabrizio Viola e da Pier Francesco Saviotti le problematiche sono ab­bastanza simili. L’obiettivo princi­pal­e è stato quello di evitare le rica­pitalizzazioni imposte dall’Eba (3,2 miliardi per il Monte e 2,7 mi­liardi per il Banco). Il bilancio pre­sentato dal gruppo con sede a Ve­rona aveva tranquillizzato gli ope­ratori: il buy back degli ibridi ave­va convinto il mercato che l’obiet­tivo di un Core tier 1 del 9% fosse raggiungibile senza aumento e senza conversione del soft manda­tory da un miliardo. Incorragian­te il risultato operativo, al netto de­gli impairment . Differente il per­corso scelto da Mps che ha deman­dato al tandem Profumo-Viola le scelte strategiche: cessione di as­set ( in pole Biverbanca), deconso­lidamento di asset e deleveraging . I rischi Il mercato ha tuttavia ritenuto di penalizzare alcune scelte del si­stema- Italia. Ad esempio, come ri­portato ieri dal New York Times, la scelta di utilizzare le risorse del Ltro per fare carry trade con i Btp, ritenuti ancora «rischiosi» nono­stante le manovre del premier Monti e nonostante dalle vendite a fine marzo si siano ottenute plu­svalenze del 13%. Ultima ma non meno importante l’esposizione al ciclo economico combinata con la tradizionale sovraesposizione verso le grandi imprese: recessio­ne vuol dire meno utili e quindi maggiore dipendenza dai prestiti e minore propensione al loro rim­borso. Secondo Barclays, lo scena­rio peggiore potrebbe comporta­re per banche commerciali come Mps una riduzione dell’Eps 2013 di almeno il 50%, mentre anche co­razzate come Intesa potrebbero veder scendere il Rote (ritorno sul capitale tangibile) al di sotto del 5%. Ecco perché le recenti discese borsistiche tra il 20 e il 25% si pos­sono combattere solo con un mag­giore sforzo per le reti.