Stefano Filippi, il Giornale 10/4/2012, 10 aprile 2012
Il Veneto sogna di prendersi il partito - La Liga Veneta è nata prima di quella lombarda, ricordano gli storici padani
Il Veneto sogna di prendersi il partito - La Liga Veneta è nata prima di quella lombarda, ricordano gli storici padani. A Venezia da 15 anni si chiude la manifestazione più importante del Carroccio, la marcia dalla sorgente alla foce del Po. Il Veneto ha eletto trionfalmente governatore Luca Zaia e da tempo le camicie verdi toccano percentuali che le roccaforti lombarde si sognano: Treviso, per esempio, è la città con più voti al Carroccio, più amministratori locali e più militanti. E nel Nordest non è arrivato un euro di quelli maneggiati da Francesco Belsito. Questo dunque potrebbe essere il momento buono per conquistare la rappresentanza cui il Veneto aspira da tempo, la poltrona che è stata sempre e solo di Umberto Bossi. Il candidato è pronto: lo stesso Zaia. Ex ministro, giovane, presente sul territorio e lontano tanto dai «cerchi» quanto dai «barbari»: una figura di mediazione in attesa che le ferite interne al partito si cicatrizzino. Il tam tam è già cominciato. Il suo nome è stato lanciato da Gian Paolo Gobbo, leader dei leghisti veneti, trevigiano come Zaia e sindaco della Marca. E qui s’inciampa subito nel primo intoppo. Gobbo è tra i fedeli di Bossi e ha appena perso il congresso provinciale, vinto dagli uomini di Roberto Maroni. Il quale ora punta dritto a far fuori lo stesso Gobbo dalla segreteria regionale della Liga sostituendolo con Flavio Tosi. In questo momento, dunque, un’investitura targata Gobbo non fa comodo a Zaia. Il quale ha perciò ringraziato della fiducia e declinato l’invito: «Il Veneto ha bisogno di un governatore a tempo pieno e non part-time, per questo non mi interessa una candidatura alla segreteria della Lega», ha detto. Il Carroccio in Veneto non è un monolite, come lascerebbero intendere i consensi vicini al 30 per cento raccolti in larghe zone. Nel partito convivono tante anime e non esiste un leader unico capace di rappresentarle tutte. Ci sono i bossiani di Gobbo e di Franco Manzato, assessore regionale all’Agricoltura. I sindaci come Massimo Bitonci e Flavio Tosi, uno bossiano l’altro maroniano. Personaggi da tempo sulla breccia come Manuela Dal Lago, vicentina e ora reggente del partito assieme a Calderoli e Maroni, imposta a Bossi dai veneti del consiglio federale. O come Piergiorgio Stiffoni, trevigiano pure lui, senatore e contabile del partito assieme a Francesco Belsito ( e Roberto Castelli). Figure storiche come Giampaolo Dozzo, capogruppo alla Camera al posto del «cerchista » Marco Reguzzoni, o Stefano Stefani, orafo vicentino, fondatore della «Padania»e nuovo tesoriere del Carroccio, amico della prima ora di Bossi pur non essendosi mai mescolato con il «cerchio magico». Cui invece partecipano i veronesi Federico Bricolo, capogruppo del Carroccio al Senato, e Francesca Martini, sottosegretario alla Sanità nell’ultimo governo Berlusconi. Ma la faccia più tipica della Lega in Veneto resta quella di Giancarlo Gentilini, prototipo del sindacosceriffo, che anche ieri ha invocato pulizia: «Dopo Renzo Bossi tocca alla sindacalista, alla Rosi Mauro, perché quel cerchio magico va distrutto in tutti i suoi elementi. Oserei dire pulizia etnica, radicale». I leghisti veneti, a metà tra sparate dialettali e capillare presenza nelle istituzioni, sono sempre andati ognuno per conto loro. Da qualche tempo si è rafforzata la personalità di Tosi che ha scompaginato gli equilibri. È uno dei leghisti più vicini a Maroni e più presenti in tv. Quando uno dei suoi luogotenenti è finito in uno scandalo (la gestione dell’azienda di trasporto pubblico locale), l’ha costretto alle dimissioni da un giorno all’altro. Un politico abile, che a Verona raccoglie consenso trasversale anche nei più consolidati centri di potere locale e in regione sta tessendo una tela che apparirà chiara al prossimo congresso del Carroccio veneto. Ma non avrà gioco facile nella scalata al partito. L’accusa contro di lui è la stessa che viene rivolta a Maroni. Volere spaccare il partito. Il monolite è in frantumi, in Veneto come in via Bellerio.