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 2012  aprile 10 Martedì calendario

Comprare una Bravo in Spagna costa 5.000 euro in meno – Diventerà più semplice acquistare un’auto in un Paese straniero e poi immatricolarla in Italia

Comprare una Bravo in Spagna costa 5.000 euro in meno – Diventerà più semplice acquistare un’auto in un Paese straniero e poi immatricolarla in Italia. Almeno se l’operazione avverrà all’interno dell’Unione Europea. Spariranno (secondo le intenzioni) scartoffie e lunghe code alla motorizzazione con il rischio, essendo il cavillo sempre in agguato, di vedersi sequestrato il mezzo se manca qualche documento o se la procedura (soprattutto sotto il profilo fiscale) non è stata rispettata con tutto lo zelo possibile (e su questo noi italiani sappiamo che la burocrazia è sempre capace di mille sorprese). Un vantaggio di cui beneficerà soprattutto il mercato dell’usato. Ma toccherà anche le nuove immatricolazioni. Basti pensare (come si vede nella tabella) che acquistare una Bravo in Spagna può costare fino a cinquemila euro meno che in Italia. Viceversa una Seat Alhambra a Madrid costa 3.400 euro più che a Roma o Milano. La Commissione europea ha proposto ieri di «ridurre drasticamente il peso ingiustificato» delle procedure amministrative legate alle reimmatricolazioni dei veicoli provenienti da un altro Stato membro: la proposta di regolamento, presentata dal vice presidente Antonio Tajani, porterà a una «sostanziale» semplificazione amministrativa, con un risparmio di almeno 1,5 miliardi di euro l’anno per le imprese, i cittadini e le stesse autorità. Ogni anno vengono trasferiti circa 3,5 milioni di veicoli da uno Stato all’altro (più o meno 200 mila in Italia). Poi vanno immatricolati con le modalità previste dalle regole nazionali. «Normative differenti e requisiti a volte contraddittori rendono questa procedura, che nel mercato unico del ventunesimo secolo dovrebbe essere semplice, ancora lunga e complicata», spiega la Commissione in un comunicato. «Per completare la procedura sono necessarie in media cinque settimane, e il costo stimato per i cittadini e le imprese è di 400 euro – sottolinea Bruxelles –. I problemi che ne derivano costituiscono inoltre un ostacolo non da poco alla libera circolazione dei beni, dei servizi e dei lavoratori, e quindi alla crescita e alla creazione di posti di lavoro in Europa». In Italia le procedure sono ancora più complicate. Sia per la vischiosità della burocrazia sia per l’occhiuta sorveglianza del fisco costantemente preoccupato per la possibile evasione dell’Iva. Normalmente ci si affida ad una agenzia specializzata e i costi, inevitabilmente salgono. Così l’eventuale vantaggio di acquistare una vettura all’estero perde di valore. In particolare, la proposta prevede per i cittadini che si trasferiscono definitivamente in un altro Paese dell’Ue un periodo di sei mesi per la nuova immatricolazione. È così in Italia ma lo standard varia da Stato a Stato. Secondo alcuni osservatori sei mesi sono ancora troppo pochi, perché‚ in molti casi la durata dei contratti di lavoro, per quanto temporanei, è maggiore. «Sei mesi mi sembrano ragionevoli», ha tagliato corto Tajani «La proposta è ambiziosa: si tratta infatti di un regolamento, non di una proposta di direttiva». Questo dovrebbe accelerare i tempi. «Non si offre spazio agli interessi nazionali». Andare oltre avrebbe significato impedire l’approvazione del testo. «Mi sembra coraggioso proporre un regolamento, che impone determinate cose. Non è soltanto il termine dei sei mesi. È tutto quello che succede dopo: l’abbattimento degli ostacoli burocratici a cominciare dal fatto anche che quando si reimmatricola non bisogna più rifare tutta la pratica. Quindi il testo va letto nell’insieme e io rivendico la scelta, che è coraggiosa e ambiziosa». Tajani si è augurato infine che «nel giro di un anno si possa avere l’approvazione del regolamento». Dopo l’eventuale nullaosta da parte del Parlamento europeo e del Consiglio europeo, tuttavia, servirà ancora un altro anno prima che regolamento entri in vigore poiché i servizi della motorizzazione dovranno aggiornare i propri sistemi di software». Inutile dire che un provvedimento del genere renderebbe l’Europa un po’ più simpatica ai cittadini. E in questo momento ne ha molto bisogno.