Il Sole 24 Ore 11/4/2012, 11 aprile 2012
Caro Direttore, sul Sole 24 Ore Domenica dell’8 aprile Sergio Luzzatto evita di nominarmi esplicitamente per non "sporcare irrimediabilmente" il necrologio di Rosario Bentivegna
Caro Direttore, sul Sole 24 Ore Domenica dell’8 aprile Sergio Luzzatto evita di nominarmi esplicitamente per non "sporcare irrimediabilmente" il necrologio di Rosario Bentivegna. Poiché tuttavia traccia un mio perfetto identikit, è bene che risponda non a lui - la cui faziosità è paragonabile solo alla sua presunzione - ma a quanti tra i tuoi lettori hanno il diritto di ascoltare anche l’altra campana sulla strage di via Rasella. Il 23 marzo del ’44 un piccolo e coraggioso commando della Resistenza comunista romana guidato dal giovane Bentivegna fece saltare in aria un plotone di riservisti altoatesini che andavano a rilevare un turno di guardia, uccidendone 33. Non truppe di prima linea, dunque, impegnate in una azione militare. Quell’attentato, autorizzato da Giorgio Amendola, fu un inutile, gravissimo errore. Non lo dice l’ininfluente e innominabile Vespa. Lo disse tutto il Cln (esclusa la frazione comunista). Lo ripeté negli anni Ottanta Norberto Bobbio definendolo «un atto terroristico, un errore della Resistenza, un episodio violento e non necessario». Giulio Andreotti mi confermò il giudizio negativo di De Gasperi e della parte prevalente del Cln che non aveva autorizzato azioni violente contro le truppe che occupavano Roma. Perché? Perché gli alleati premevano a Cassino ed erano sbarcati ad Anzio il 22 gennaio. Si aspettava perciò il loro arrivo nella capitale da un momento all’altro (fu poi ritardato al 4 giugno per non consentire ai tedeschi di rafforzare il fronte Nord). E perché si sapeva che la reazione dei nazisti sarebbe stata feroce. (Hitler gridò come un ossesso che da 30 a 50 italiani avrebbero dovuto essere fucilati per ogni tedesco ucciso e poi si "accontentò" di dieci). Nella nostra ampia corrispondenza pubblica e privata sull’argomento, Bentivegna aveva ragione solo su un punto: la rappresaglia fu immediata e segreta. Ma anche se fosse stato chiesto agli autori dell’attentato di presentarsi, essi non l’avrebbero fatto. Lo aveva infatti ordinato Amendola all’inizio della lotta partigiana («Avevamo il dovere di non presentarci anche se il nostro sacrificio avesse potuto impedire la morte di tanti innocenti», scrive nelle Lettere a Milano). La spiegazione la dà Giorgio Bocca (Storia dell’Italia partigiana): "In realtà, e i comunisti lo sanno bene, il terrorismo ribelle non è fatto per prevenire quello dell’occupante, ma per provocarlo, per inasprirlo. Esso è autolesionismo premeditato…. Cerca le rappresaglie per coinvolgere gli incerti, per scavare il fosso dell’odio". Lo stesso mondo comunista, aggiunge Bocca, si divise nel giudizio dell’attentato. Beati quelli che come Luzzatto sono depositari della Verità rivelata... Bruno Vespa Ho letto e non intendo rispondere. (S.L.)