Vittorio Da Rold, Il sole 24 Ore 11/4/2012, 11 aprile 2012
ITALIA QUINTA PER RICCHEZZA DELLE FAMIGLIE
La Grande Recessione impazza nel mondo dal 2007 ma le famiglie italiane risultano le quinte al mondo per ricchezza finanziaria, dietro a Stati Uniti, Giappone, Regno Unito e Canada. Il lusinghiero risultato, che sottolinea ancora una volta che alla fine restiamo un popolo di laboriose formichine, è contenuto nel Global financial stability report del Fondo monetario internazionale, specificando che la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane, calcolata su fondi pensioni, titoli di stato e azionari, risulta nel 2010 del 234% del Pil nominale, davanti a Francia, con il 197% del Pil e Australia, con il 190% del Pil.
Ma il quadro generale resta caratterizzato da una recessione più profonda e prolungata. Questo è il risultato dell’alto indebitamento (seguito all’«irrazionale esuberanza dei mercati» di Alan Greenspan) registrato dalle famiglie di molti paesi nei cinque anni precedenti la grande recessione. Con effetti che, in assenza d’interventi mirati, possono protrarsi per altri cinque anni dall’inizio della frenata, quindi fino al 2012-13.
È la diagnosi degli economisti dell’Fmi che nel terzo capitolo del World Economic Outlook, pubblicato ieri, sottolineano come «l’amplificazione» della crisi legata ai bilanci familiari, possa essere contrastata dall’intervento dei governi, sia in termini di sostegno ai disoccupati, sia di politica monetaria più espansiva, anche se lo stimolo macroeconomico ha dei limiti.
«Le famiglie in molte economie - si legge nell’Outlook - stanno lottando con il peso del debito accumulato prima della Grande recessione. Durante i cinque anni precedenti il 2007, il rapporto tra debito e reddito delle famiglie è cresciuto ai massimi storici sia nei paesi avanzati che in alcune economie emergenti.
È stato il tempo delle cicale. Nelle economie avanzate, nei cinque anni prima del 2007, il rapporto debito/reddito delle famiglie è esploso di una media del 39% al 138%. Non solo. In Danimarca, Islanda, Irlanda, Olanda e Norvegia il debito ha raggiunto il picco del 200% delle entrate delle famiglie.
Tuttavia, la contrazione dell’attività economica è spesso troppo forte per essere imputata solo al calo dei prezzi delle case, all’esplosione di una bolla immobiliare o a una crisi bancaria, mentre è più verosimilmente una combinazione dei vari fattori. In ogni caso, in momenti di deleveraging immobiliare, «politiche macroeconomiche appropriate sono cruciali per mettere il freno a contrazioni eccessive».
«Fino a quando il contestuale boom nei prezzi dell’immobiliare - per esempio in Islanda, Irlanda, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti - ha significato che il debito delle famiglie rispetto alle attività si era mantenuto ampiamente stabile, mascherando la crescente esposizione a una caduta dei prezzi delle attività. Ma quando i prezzi immobiliari sono crollati, molte famiglie hanno riscontrato maggiori difficoltà a rispettare le scadenze dei pagamenti del mutuo. E i fallimenti delle famiglie, la confisca degli immobili e le aste fallimentari sono diventate endemiche in un certo numero di economie».
L’Fmi guidato da Christine Lagarde rileva che prima della fine del 2011 i prezzi delle case sono scesi dai massimi prima della scoppio della bolla immobiliare di circa il 41% in Irlanda, del 29% in Islanda, in Spagna del 23%, come anche negli Stati Uniti, e del 21% in Danimarca. Ecco allora che servono politiche monetarie e fiscali di sostegno allo sviluppo e di aiuto mirato per poter ripagare i debiti contratti, evitando di frenare i consumi e l’economia.
Senza contare che per l’Fmi «la crisi finanziaria mondiale e le preoccupazioni circa la sostenibilitá del debito sovrano in molte economie avanzate hanno dimostrato che non esistono più beni che possono essere considerati davvero al sicuro».