Morya Longo, Il Sole 24 Ore 11/4/2012, 11 aprile 2012
LO SPREAD DEI BTP VOLA OLTRE 400 PUNTI
Il rally dei titoli di Stato e delle Borse di inizio 2012 si sta rivelando per quello che era: un fuoco di paglia, acceso principalmente dai mille miliardi di euro che la Bce ha prestato alle banche di tutta Europa. Finita la paglia, ora davanti agli occhi degli investitori resta la stessa cenere che avvolgeva l’Europa a fine dicembre: bilanci statali squilibrati, recessione economica, banche in affanno, imprese e famiglie in crisi, muri anti-crisi inadeguati, politica europea in panne. Così gli stessi investitori che fino a poche settimane fa compravano, ora non hanno dubbi: vendono.
I BTp italiani si sono rimangiati tutti i guadagni che avevano registrato da inizio febbraio, tanto che i rendimenti sono risaliti ieri al 5,68%. Stavano al 4,8% solo un mese fa. I titoli decennali spagnoli sono risaliti ancora più velocemente, tornando vicini al 6% che non vedevano dal novembre scorso. Ma la bufera ha colpito quasi tutta Europa: i titoli di Stato francesi, per esempio, sono risaliti quasi al 3% dal 2,89% di inizio aprile. Per contro gli acquisti si sono riversati sui titoli di Stato tedeschi, che hanno spinto i rendimenti ai minimi storici. Morale: la forbice tra i Bund tedeschi e tutti gli altri titoli di Stato si è allargata ulteriormente. Il cosiddetto spread è arrivato a 404 punti base per i BTp (massimo da fine gennaio), a 433 per i titoli spagnoli (record da novembre) e a 137 per i francesi (top da gennaio).
I motivi dell’inversione
L’aspetto più inquietante è che ieri, sui mercati, non è accaduto nulla che potesse veramente giustificare la forte ondata di vendite. Se si chiede un parere agli addetti ai lavori, si raccolgono infatti le opinioni più disparate sul perché del ribasso. Qualcuno cita le preoccupazioni per la Spagna: il Paese ha infatti un deficit atteso al 5,3% del Pil nel 2012, ha una disoccupazione al 23% e un’economia in brusca frenata, ma soprattutto ha un sistema bancario in difficoltà che presto – ha ammesso ieri il presidente della banca centrale iberica – potrebbe essere costretto a ricapitalizzarsi. Qualcun altro, invece, cita l’andamento economico in Europa e Usa come causa delle vendite sui titoli di Stato: in effetti anche gli ultimi indicatori (dal superindice Ocse dell’Eurozona al mercato del lavoro Usa) non promettono bene. Qualcun altro, invece, alza le spalle: «I mercati finanziari sono fatti così», commenta sconsolato un operatore.
La verità, però, è che in Europa si è esaurita la spinta propulsiva della Bce. Buona parte del grande ridimensionamento dei rendimenti dei titoli di Stato spagnoli, italiani e di mezza Europa fino a marzo era stato causato dagli acquisti da parte delle banche europee, che investivano la liquidità presa in prestito da Francoforte. Ora, però, i bilanci sono pieni di titoli di Stato e, anzi, a marzo tante banche ne hanno approfittato per vendere e incassare un po’ di profitti da mettere in bella mostra nei conti trimestrali. Da gennaio fino a marzo, infatti, i BTp decennali avevano regalato un guadagno del 18,8%: un discreto bottino. Il problema è che si sono accodati anche gli investitori internazionali: sfruttando la fine degli acquisti da parte delle banche europee, la speculazione è quindi tornata a cercare profitti con le vendite.
Le aste di BoT
Già oggi l’Italia dovrà misurarsi con i mercati per collocare 11 miliardi di euro di BoT a tre mesi e un anno. E, a giudicare dall’andamento dei mercati, il conto questa volta rischia di essere salato per le casse dello Stato: il BoT annuale, che era stato collocato nella precedente asta con un rendimento dell’1,405%, ieri sera – sotto pressione anche perché alla vigilia dell’asta – girava sul mercato grigio a 2,52%. Insomma: è verosimile che i BoT escano in asta con rendimenti maggiorati di un punto percentuale rispetto al precedente collocamento. E domani in asta ci saranno anche varie scadenze di BTp.
Tutto questo, indipendentemente dagli sforzi compiuti dall’Italia per riformare se stessa, rischia di far salire nuovamente il costo del debito pubblico. Come nel resto d’Europa. Non solo in Spagna, ma anche in Francia. Proprio ieri Parigi ha collocato titoli di Stato a medio-lungo termine per 8,8 miliardi e i rendimenti sono saliti. Segno che il problema non è in Italia o in Spagna, ma in Europa.