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 2012  aprile 11 Mercoledì calendario

La Lega è in rivolta non per la libertà, ma contro il Trota e Rosy Mauro – Un tempo, quando le rivolte erano una cosa seria, s’insorgeva contro i tiranni ed era in nome della libertà che si metteva mano ai forconi

La Lega è in rivolta non per la libertà, ma contro il Trota e Rosy Mauro – Un tempo, quando le rivolte erano una cosa seria, s’insorgeva contro i tiranni ed era in nome della libertà che si metteva mano ai forconi. E oggi? Oggi la Lega è «in rivolta contro il Trota e Rosy Mauro». Una rivoluzione così può guidarla solo qualche Gianni o Pinotto. Infatti la guida un Bobo. * * * «I nostri sogni sull’avvenire sono ormai inseparabili dai nostri terrori. (_) Assistiamo a una riconciliazione dell’utopia con l’apocalisse: la “nuova terra” che ci si annuncia assume sempre più la figura d’un nuovo inferno. Ma quest’inferno noi lo attendiamo, ci facciamo anzi un dovere d’accelerarne l’avvento. I due generi, l’utopistico e l’apocalittico, che ci sembrano così dissimili, si fondono, stingono adesso l’uno nell’altro per formarne un terzo, meravigliosamente adatto a rispecchiare la sorta di realtà che ci minaccia e alla quale diremo tuttavia di sì, un sì corretto e senza illusioni. Sarà il nostro modo d’essere irreprensibili davanti alla fatalità» (Emil M. Cioran, Storia e utopia, Adelphi 1982). * * * Eugenio Scalfari non se ne dà pace. Perché mai «un partito e un elettorato» hanno considerato Umberto Bossi, dopo l’ictus, «nelle condizioni in cui era ridotto, un punto di riferimento per ciò che diceva e per come lo diceva»? Non «è un segnale disperante del livello culturale d’una parte rilevante della società civile»? E «sul medesimo livello purtroppo si collocano anche tutte le clientele che sorreggono personaggi e situazioni di potere inquinate da demagogia e corruzione a Palermo come a Milano». Proprio vero. Che orrore, cara signora, «la lebbra del clientelismo e l’analfabetismo leghista»! Com’è disperante vivere in un paese dove non tutti leggono Repubblica. Anzi, dove persino chi legge Repubblica non legge i libri d’Eugenio Scalfari. E dove ai cittadini che portano il calzino corto, antropologicamente coccodè, viene riconosciuto il diritto di voto! * * * C’è questo di buono nell’indignazione: che mantiene giovani e spacconi. * * * Fortuna che ci sono ancora «persone perbene», si consola il fondatore di Repubblica guardandosi intorno e vedendo, dice, persone perbene «in tutti i ceti e in tutto il territorio». Ne deduce che «il destino della nazione è affidato a loro, alle loro capacità di curare un paese gravemente ammalato, invecchiato, inutilmente ribellista, anarcoide e corrotto». * * * C’è anche questo di buono nell’indignazione, purché sia d’annata e doc, naturalmente: che l’ottimismo non l’annacqua. * * * «Conosco centinaia di mariti che sarebbero lietissimi di tornare a casa se non ci fosse nessuna moglie ad aspettarli. Togliamo le mogli dal matrimonio e non ci saranno più divorzi. Ma allora, si chiederà qualcuno, come la mettiamo con la prossima generazione? Guardate, ho dato un’occhiata alla prossima generazione, e forse è meglio se chiudiamo bottega subito» (Groucho Marx, Variety, giugno 1947, in Le lettere di Groucho Marx, Adelphi 1992). * * * Ci penseranno loro, tranquilli. Pier Luigi Bersani, Angelino Alfano e Pier Ferdinando Casini (la trojka che garantisce all’esecutivo bocconiano una maggioranza, sia pure «strana», o meglio «stranissima») sanno esattamente che cosa fare. Abbiamo un problema di tesorieri felloni? Risolviamolo eliminando i tesorieri e affidando il tesoro a qualche «società esterna» che terrà il «conto esatto» delle uscite e delle entrate dei partiti. Nonno Mario e i suoi ministri storcono la bocca, poco convinti. Forse è meglio se ci pensiamo noi, ribattono, senza naturalmente dire tutto quel che pensano, cioè che i tesorieri di partito, da come la vedono loro, possono benissimo restare, a differenza del tesoro dei partiti, che invece va eliminato. Ma la trojka insiste, lo sguardo spaventato: grazie no, avete ben altro da fare, facciamo noi, non disturbatevi. * * * Potrebbero, a pensarci, scambiarsi i tesorieri: quello leghista controlla la cassa dell’Italia dei valori, quello del Popolo della libertà controlla i fondi dell’Unione di centro, che a sua volta controlla la cassa del partito democratico e della Destra di Francesco Storace. * * * Con una sentenza di tribunale, poi, si potrebbe stabilire che la liquidità di tutti i rivali in affari del cittadino svizzero Carlo De Benedetti finisca nel conto in banca dell’editore di Repubblica. E che lui controlli tutto. * * * «Impreparato al prestigioso assedio, l’aggettivo “concreto” s’abbandonò a frequentazioni indiscriminate, in una fatale girandola di concrete assicurazioni, concreti passi, concreti interventi, concrete prospettive democratiche, concrete garanzie di progresso, di lavoro, di pace, di riforme. Un’orgia senza fine, una folle stagione di cui si vedono le conseguenze. “Concreto” è precocemente invecchiato, profonde rughe gli segnano il volot sfatto, il suo passo è insieme titubante e lezioso, i suoi occhi hanno una vuota, vitrea fissità. Dicono che si droghi» (Carlo Fruttero e Franco Lucentini, Splendori e miserie d’un aggettivo, in C. Fruttero e F. Lucentini, La prevalenza del cretino, Mondadori 1985).