Edoardo Narduzzi, ItaliaOggi 10/4/2012, 10 aprile 2012
Da quando c’è l’Irap l’Italia ha smesso di crescere. Sarà un caso? – A certificare che l’Irap, l’imposta più ideologica in vigore sul globo, sia un freno allo sviluppo economico e all’occupazione sono le stesse decisioni di politica fiscale governative
Da quando c’è l’Irap l’Italia ha smesso di crescere. Sarà un caso? – A certificare che l’Irap, l’imposta più ideologica in vigore sul globo, sia un freno allo sviluppo economico e all’occupazione sono le stesse decisioni di politica fiscale governative. Come spiegare, altrimenti, il recente intervento per decidere il non assoggettamento a questa imposta dei contratti di apprendistato, il canale preferenziale di ingresso nel mercato del lavoro? E che dire della recente decisione di concedere un credito di imposta ai fini Irap per le nuove assunzioni a tempo indeterminato di donne e giovani al di sotto dei 34 anni? E come interpretare il fatto che il costo del lavoro del personale impiegato in attività di ricerca non sconta l’Irap? Tanti interventi diversi per attenuare l’impatto distorsivo e recessivo dell’imposta. Tanti interventi che, neanche troppo indirettamente, certificano quanto lo stesso policy maker sia ormai convinto della pericolosità dell’imposta regionale sulle attività produttive sulla competitività e l’occupazione del Bel Paese. Incredibilmente però l’Irap, un’imposta adottata soltanto dall’Italia nell’Eurozona e nel mondo, resiste alla necessità delle sua soppressione. Nessun governo trova la forza di farla fuori, di archiviare la stagione di un’imposta la cui vigenza coincide con il declino industriale italiano. Entrata in vigore nel 1997 l’Irap zavorra da ormai 15 anni il sistema produttivo italiano avendo innescato la crisi di produttività che impedisce al Pil di crescere. La nascita dell’Irap coincide non casualmente con la prolungata crisi del Bel Paese. Un’imposta, poi, che allontana gli ancora pochi investitori internazionali interessati all’Italia i quali non riescono proprio a capire la logica di un tributo che si paga anche quando l’impresa è in perdita o in crisi. L’Irap è figlia di un sistema produttivo che non c’è più: imprese con dipendenti stabilmente legati ai macchinari produttivi di aziende capaci di generare stabili flussi di cassa annuali. La liquidità economica della modernità amplifica l’effetto distorsivo dell’Irap fino a farlo diventare il mini Pil o la decrescita italiana del nuovo secolo. Il governo dei tecnici dovrebbe trovare il coraggio di eliminare la peggiore imposta dell’Eurozona comunicando così la sua totale volontà di perseguire la crescita e lo sviluppo economico. I circa 37 miliardi di gettito possono essere coperti in buona parte dal maggior Pil e dalla maggiore occupazione che l’abrogazione innescherebbe. L’economista Monti può liberare l’Italia dal tributo più antimercato della storia economica recente avendo le mani libere dal compromesso elettorale. Del resto, con i profitti delle imprese ai minimi da 17 anni, se non si interviene subito tra qualche anno l’Irap sarà di fatto abrogata dalla desertificazione competitiva da lei stessa prodotta.