Gabriele Romagnoli, la Repubblica 10/4/2012, 10 aprile 2012
L´abbandono di un padre così Mancini ha scaricato la rockstar che non si ama – Quanto può durare la pazienza di un padre: naturale, adottivo o putativo? Al cronometro di Roberto Mancini il tempo è scaduto
L´abbandono di un padre così Mancini ha scaricato la rockstar che non si ama – Quanto può durare la pazienza di un padre: naturale, adottivo o putativo? Al cronometro di Roberto Mancini il tempo è scaduto. Nella scena madre sul palco di un lontano stadio inglese guarda il suo figlioccio Mario venirgli incontro dopo l´ennesima espulsione, con quel fisico che è un dono del cielo, quella cresta che è la colpa di un barbiere, i gesti a indicare come sempre la responsabilità di qualcun altro e dice, semplicemente: basta. È una piccola tragedia in tre atti: Balotelli che cerca rifugio nelle braccia di chi l´ha sempre accolto, Mancini che invece di aprirle le usa come sbarre di un passaggio a livello, Balotelli che si allontana sputando. C´è qualcuno che ti ha amato quando eri nessuno, se ti scarica ora che sei qualcuno tu sei davvero nei guai. Questo non è il genitore naturale che ti ha abbandonato e ti viene a cercare quando sei famoso. È quello putativo che famoso ti ha reso e non ne può più di quel che hai fatto della tua fortuna. Dovevi qualcosa a lui e a te stesso. C´è un film non memorabile per cui tuttavia sia Jack Nicholson che Helen Hunt hanno avuto l´Oscar. In italiano s´intitola "Qualcosa è cambiato". A un certo punto lui e lei stanno seduti al ristorante. Lui è la persona più intrattabile del mondo, ma si è vestito elegante, ha cominciato a curarsi e le dice: "Tu mi fai venire voglia di essere una persona migliore". Purtroppo Mancini non ha fatto venire a Balotelli la voglia di essere una persona migliore. È un peccato per entrambi. La scommessa dell´allenatore è cominciata tanto tempo fa, all´Inter. Lo pescò tra i giovani e lo portò in prima squadra. Bello sforzo, si dirà: quello devastava campo e difese. Mancini andò oltre: lo investì. Ci furono vigilie di partite importanti in cui gli consegnò la maglia da titolare e disse ai senatori: "Le punizioni, i calci d´angolo, li tira Mario". Mancio è uno di quelli sbocciati presto, questo lo induce a fidarsi del vivaio. Esordendo nel Bologna a 17 anni non ancora compiuti, cercò di salvare la squadra da solo, non riuscendoci. Era pieno di talento, ma capace di indirizzarlo. Sembrava un attaccante assoluto, divenne il miglior uomo assist del campionato. Con lui al fianco Balotelli avrebbe segnato ventitre gol in una stagione, se solo avesse avuto (come Vialli, Chiesa o Boksic) la grazia di mettersi di lato e aspettare il regalo. Invece è toccato a Mancini attenderlo. Due anni fa Balotelli era un reietto. La Milano interista oggi è talmente spaventata da ogni futuro che ne accetterebbe il ritorno. Si può essere così disperati da diventare immemori e cancellare la maglia calpestata e i flirt con il nemico. Mourinho, che è un uomo consapevole fino alla ferocia, quando gli chiedono di Balotelli accenna un sorriso liquidatorio e altro non dice. Lui è una cassazione, non concede appelli. Mancini ha voluto provarci. Ha condannato Tevez per offrire a Mario una seconda opportunità. Probabilmente a Manchester frequenta pub in cui il barista gli chiede: "Cicuta o stricnina?". Adesso ha deciso di disintossicarsi e lasciare il ragazzo al suo destino con una profezia: "Se continua così, fra tre anni sarà finito". Prima di allora ci saranno altri testacoda, auto e case bruciate, grandi recite di una sola notte con donne o squadre occasionali, lampi e tuoni. Balotelli è una rockstar che non ama mai abbastanza, prima ancora che il pubblico e la musica, la propria voce e chi gliela tira fuori. Ha un istinto seriale. Andrà verso altre braccia per riscrivere la stessa storia. Prandelli si consuma al bivio tra lo spettacolo e la morale, il bisogno d´imprevedibilità e il timore che sia tutto invece così scontato. È azzardabile un preja vu: Balotelli segna un gran gol con la Spagna poi nella partita successiva, infastidito dalla gloria, se la toglie di dosso facendosi espellere. Ma che vuoi fare: giocare con Matri e Borini? Per noi che la raccontiamo la vita è meta-vita, vale il suo potenziale narrativo e non quel che è. È come se anche Balotelli raccontasse se stesso, invece di esserlo: cercasse snodi per rendere ogni capitolo più esplosivo, consumando la trama e se stesso. Senza altra presunzione che il prezzo dell´esperienza: c´è un limite al quale fermarsi, prima di concedersi al piacere dell´autodistruzione. Si esaurisce la pazienza dei padri, brucia la passione delle donne. Esci dallo spogliatoio e non c´è nessuno, manco Mino Raiola ad aspettarti. Lo stadio è vuoto e ti accorgi che tutto il talento del mondo non è soltanto passeggero e sostituibile, ma anche superfluo.