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 2012  aprile 10 Martedì calendario

«PROCEDURE D’URGENZA CONTRO L’OSTRUZIONISMO»

Fatta la cornice, ora tocca al quadro. La riforma di Roma Capitale, da venerdì scorso, è realtà. Ma, adesso, occorre riempirla di contenuti. Qualcosa c’è già, altro deve venire: il match con la Regione sulle funzioni, lo statuto comunale, la definizione dei Municipi.
Sindaco Alemanno, la montagna ha partorito il topolino?
«Assolutamente no. Dalla legge regionale devono venire funzioni importanti, ma i due decreti approvati non solo rappresentano il quadro di riferimento generale ma sono una sostanziale e positiva discontinuità».
Senza accordo con la Regione, i poteri di Roma restano limitati...
«Ci sono contenuti molto significativi, neppure ipotizzati quando è partito l’iter della riforma e aggiunti dalla commissione bicamerale grazie all’opera dei due correlatori, Leo e Causi. Tra essi, la deroga al patto di stabilità, con un negoziato a parte per la nostra città e l’esclusione dal patto dei fondi previsti dalla vecchia legge su Roma Capitale, circa 100 milioni l’anno. Tutto questo è fondamentale per gli investimenti».
E poi?
«Il riconoscimento dei costi aggiuntivi che Roma sostiene come capitale: manifestazioni, celebrazioni, la presenza della Santa Sede e il funzionamento dei ministeri. Costi che saranno stabiliti da una commissione costituita da Istat e Ifel, la fondazione dell’Anci».
Il modello è quello parigino?
«È un po’ diverso. Lì c’è una logica centralista, qui Roma diventa interlocutore diretto del governo. Con la nostra presenza nel Cipe, ad esempio, ci sarà un piano triennale sulle infrastrutture e non la decisione opera per opera. E saremo presenti anche nella Conferenza unificata, senza intaccare le attribuzioni della Regione».
Le frizioni con la Polverini?
«È stato un equivoco. L’emendamento per dare a Roma direttamente i trasferimenti statali, senza passare dalla Regione, verrà modificato con un decreto aggiuntivo. Era uno sgarbo alla Regione e un autogol per il Comune: la Pisana riceve i soldi dal governo, ma aggiunge altre risorse. Sul patto di stabilità, Roma sarà dentro quello regionalizzato, ma tratterà col governo quote aggiuntive. A noi conviene essere legati alla Regione: quest’anno abbiamo avuto 50 milioni di compensazioni, per quote non utilizzate da altri comuni del Lazio».
Ora c’è il problema del trasferimento di funzioni tramite legge regionale. Cosa si aspetta dalla governatrice?
«Che la Regione ci giri le competenze, ad esempio in tema di Urbanistica e Trasporti, che erano della Provincia e le funzioni che sono interne alla città. Non credo che neppure Zingaretti abbia problemi. La Regione potrà comunque richiamare a sé un provvedimento quando lo reputi importante, ma bisogna eliminare inutili passaggi burocratici automatici».
Esempio?
«Non possiamo togliere i camion bar dal Colosseo perché una legge regionale prevede, in caso di spostamento, l’equivalenza di posizione».
I Municipi passeranno da 19 a 15. Nascerà una City che metta insieme centro storico e Prati?
«È un’ipotesi, ma senza unire al centro anche parti del II e del III Municipio. Non solo sarebbe eccessivo ma si creerebbe una Roma di serie A e una di serie B. Per i Municipi c’è anche un problema di poteri: serve un ruolo più ampio, ma anche maggiore responsabilizzazione. Troppo spesso, si tende a scaricare tutte le responsabilità sul Campidoglio».
Che altro, nel nuovo statuto?
«La definitiva risoluzione della questione delle pari opportunità con norme chiare, senza equivoci da risolvere in tribunale. Poi, l’inserimento di una procedura d’urgenza per alcune delibere. Una specie di voto di fiducia, per superare l’ostruzionismo d’aula su certe materie».
Chi stabilisce se usare questa procedura? E su quali temi?
«Il governo cittadino, cioè il sindaco. Ma le materie verrebbero definite nello Statuto. Penso alle norme sul bilancio, ad esempio. Come quella sulla holding e sulla privatizzazione parziale dell’Acea dove prevediamo un forte ostruzionismo».
Ma il ruolo dell’Assemblea?
«Non verrebbe scavalcato. Sarà la stessa Assemblea a porre i paletti nello Statuto».
Sta preparando un «libro bianco» sulla sua amministrazione?
«Sì, uscirà il 28 aprile, al quarto anno di mandato. Ci sarà quanto fatto finora. Roma Capitale, il risanamento del buco di bilancio di 12,4 miliardi, le opere del Piano strategico di sviluppo: Tor Bella Monaca, il Waterfront».
Ci dice anche tre errori?
«L’inesperienza iniziale. Dovevamo adottare da subito una maggiore discontinuità rispetto al passato. E qualche nomina nelle municipalizzate che non rifarei. Non mi chiedete nomi, ovviamente».
Giuliani resta a capo dei vigili?
«Due agenti arrestati e otto inquisiti non possono formare il giudizio su tutto il corpo, che è sano, né far finire sotto accusa, anche solo politica, il comandante. Serve solo un maggiore coordinamento tra la Polizia locale e il Comune».
L’altra sera è andato a vedere «Romanzo di una strage», di Marco Tullio Giordana. Piaciuto?
«Sì, anche se in questi film c’è sempre maggiore indulgenza per i personaggi che venivano da sinistra. Comunque, al di là della manovalanza fatta da estremisti, ho sempre pensato che Piazza Fontana fosse una "strage di Stato"».
Ernesto Menicucci