Giuseppe Guastella-Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 10/04/2012, 10 aprile 2012
DA CIPRO ALLA NORVEGIA LA CACCIA AI FONDI OCCULTI
Parte dei fondi occulti della Lega potrebbe essere finita in Norvegia. La circostanza emerge dalle indagini svolte dai carabinieri del Noe, che hanno lavorato su delega della Procura di Napoli, e dovrà essere approfondita nei prossimi giorni. Dei sette milioni trasferiti all’estero tra dicembre e gennaio scorsi dal tesoriere Francesco Belsito con la complicità dell’imprenditore Stefano Bonet, poco più di 5 milioni erano stati depositati su un conto di una banca di Nicosia, a Cipro, mentre il resto potrebbe essere in un istituto di credito nel Nord Europa. Sono migliaia i documenti, le ricevute, le fatture e gli scontrini che i magistrati dovranno esaminare a partire da oggi, per valutare le contestazioni di reato per gli esponenti della Lega che hanno beneficiato dei soldi del partito provenienti dai rimborsi elettorali, primi fra tutti Renzo Bossi e la vicepresidente del Senato Rosi Mauro. Il resto potrebbe arrivare dai computer e dall’altro materiale informatico sequestrato negli uffici e nelle abitazioni dello stesso Belsito. Perché la sensazione è che le «dazioni» ai familiari e ai fedelissimi del Senatur siano soltanto il primo tassello di una catena che può travolgere altri esponenti del Carroccio. I magistrati milanesi molto probabilmente oggi decideranno di acquisire il video — pubblicato in esclusiva sul sito internet del settimanale Oggi — che mostra il «Trota» mentre, inconsapevole che una telecamera nascosta stia riprendendo la scena, accetta i soldi che gli vengono consegnati dall’autista Alessandro Marmello, il quale non è escluso che sarà chiamato a testimoniare per confermare quanto ha filmato e dichiarato al settimanale. Marmello ha rivelato di aver dato a Renzo Bossi denaro in contante, proveniente dai fondi ricevuti dalla amministrazione della Lega «per l’uso e il mantenimento della macchina e le spese giornaliere», in cambio di scontrini per spese che il consigliere regionale lombardo del Carroccio aveva sostenuto a scopo personale. Anche altri testimoni potrebbero essere convocati nei prossimi giorni negli uffici giudiziari di Milano proprio per fornire ulteriori indizi sui comportamenti spregiudicati di esponenti leghisti.
Le «mazzette»
all’estero
Il sospetto dei magistrati è che questa girandola di soldi possa nascondere anche il versamento di tangenti. Un filone che sarà esplorato partendo da un dato già acquisto dagli inquirenti napoletani Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio: la «mazzetta» da un milione e 250 mila euro che Bonet ha versato a Lorenzo Borgogni quando questi era il responsabile del settore relazioni istituzionali di Finmeccanica. Lui stesso ha confessato di aver ottenuto la tangente con un’operazione di copertura finanziaria e di aver riportato il denaro in Italia grazie allo scudo fiscale. Un «sistema» che Bonet avrebbe utilizzato in molte altre occasioni, proprio grazie «ai poteri "relazionali" di tesoriere della Lega», come viene sottolineato nell’informativa finale degli investigatori dell’Arma.
Del resto, l’8 febbraio scorso è stato proprio Belsito, in una telefonata intercettata con la segretaria amministrativa Nadia Dagrada, a vantarsi «perché il 70 per cento del fatturato di Bonet lo faccio io», lasciando intendere di aver fatto pesare su numerose aziende pubbliche il peso del suo ruolo di tesoriere della Lega. Un ruolo che aveva sfruttato sia per pretendere una percentuale a titolo personale, sia per saldare i conti della famiglia Bossi e degli altri componenti il «cerchio magico». Il conteggio effettuato sino ad ora parla di almeno tre milioni e mezzo di euro versati per il leader, i figli, la moglie, ma anche per soddisfare le richieste di Rosi Mauro e i desideri del suo fidanzato, il poliziotto in aspettativa che la parlamentare ha ingaggiato come assistente personale presso la presidenza del Senato. Si tratta di Pierangelo Moscogiuri, un trentacinquenne al quale saldava numerosi conti, compreso quello di un’università svizzera per fargli avere diploma e laurea. E che aveva la passione del canto e di Elvis Presley, tanto da esibirsi nei locali del Nord con il nome d’arte di Pier Mosca.
Il carnet
di Umberto
Le verifiche sugli esborsi «privati» saranno condotte dalla Guardia di Finanza su delega del procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e dei suoi sostituti Roberto Pellicano e Paolo Filippini. È il filone che potrebbe avere sviluppi clamorosi già nelle prossime ore. Gli inquirenti stanno infatti continuando a visionare il contenuto della cartellina «The Family» ritrovata nella cassaforte gestita da Belsito. E hanno già trovato numerosi elementi per dimostrare le «dazioni» al leader del partito e alle persone a lui più vicine. Su uno dei carnet di assegni che Belsito aveva a disposizione per il conto aperto presso la Banca Aletti di Genova — dove confluivano i rimborsi elettorali — è scritto a penna «Umberto Bossi». E questo fa presumere che potesse essere dedicato esclusivamente alle spese del «capo».
Molto «interessanti» dal punto di vista investigativo vengono giudicati gli altri scontrini che Belsito custodiva sotto chiave e, almeno a sentire le sue telefonate, aveva intenzione di utilizzare come arma di ricatto proprio nei confronti di Bossi. Perché dimostrano che, oltre ai conti di medici e avvocati, alle scuole e alle ristrutturazioni, il partito pagava per i figli di Bossi persino le multe per eccesso di velocità o per il ticket di ingresso ai varchi dell’area Ecopass di Milano. L’ipotesi più probabile è che a fronte di questi costi possa scattare per chi ne ha beneficiato l’accusa di concorso in appropriazione indebita, ma i magistrati stanno valutando anche una possibile contestazione di ricettazione.
Giuseppe Guastella
Fiorenza Sarzanini