Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  aprile 10 Martedì calendario

«DENUNCIAI IL MALAFFARE E L’ATTUALE TESORIERE MI CACCIO’»

Per avere denunciato la corruzione all’interno della Lega ha pagato un prezzo elevato. Rosanna Sapori, 53 anni portati con classe, già consigliere comunale della Lega, membro del direttivo provinciale di Bergamo e celebre giornalista di Radio Padania Libera vicinissima ai vertici del partito, è stata epurata. Ha dovuto lasciare politica e giornalismo. E oggi ha una tabaccheria a Bergamo. Le sue sono affermazioni forti, di cui si è sempre assunta la paternità.
Rosanna, lei nel 2004 denunciava dai microfoni di Radio Padania la mala gestione all’interno del partito. A partire dal caso Credieuronord, la disastrata banca della Lega...
«E mi hanno fatto fuori. Fu proprio Stefani, allora responsabile dei media padani e oggi tesoriere, a darmi il ben servito. Ma sapete chi è Stefani? Era quello che si occupava, tra gli altri, proprio della banca della Lega e del villaggio in Croazia della Lega...».
Lei fu la prima a parlare di un presunto accordo segreto tra Bossi e Berlusconi quale origine di tutti i suoi problemi. Ne è sicura?
«Nel ’95-96 ci fu il ribaltone: in quella fase Bossi e altri, tra cui Borghezio, accusavano Berlusconi di mafia. Berlusconi allora presenta delle querele miliardarie. Bossi viene condannato in ambito civile. Per cui arriviamo al 2000 con tutte queste querele che devono essere pagate con maxi risarcimenti, con i giornalisti della Padania che non prendono lo stipendio da sei mesi, con le rotative messe sotto sequestro, con il problema della tv e della radio. È la bancarotta, la sede di via Bellerio pignorata».
E lì che nasce questa transazione di cui poi si parla nel famoso appunto trovato nelle carte di Sasinini, il giornalista di «Famiglia Cristiana»? C’è stato davvero questo accordo?
«Succede che Berlusconi dice "Ok, io per vincere ho bisogno di questo qua, non ci sono balle..." perché nei sondaggi la Lega Nord era determinante».
Siamo in che anno?
«Nel 2000. Le elezioni sono nel 2001, però Berlusconi i sondaggi li fa già dal 2000. In quel momento la Lega è indebitata, rischia di chiudere tutto... Berlusconi dice: ok, gli do io i soldi, ritiro le querele — che erano già grossi soldi — le congelo, però tu mi cedi il simbolo, cioè tu non ti puoi più presentare, se non sono io a dirti di sì, con questo simbolo. Lui non compra gli uomini, ma la titolarità del simbolo».
Questo accordo può essere stato usato per dare una veste giuridica a quello che era poi un contratto politico?
«Tu puoi fare un accordo politico che dice che noi ci presenteremo insieme, ma siccome io non mi fido di te, tu mi cedi la titolarità del simbolo che era di Bossi, della moglie, di Leoni».
La cessione è documentabile?
«È stata fatta da un notaio. Me ne parlò anche l’amico Daniele Vimercati. Mi disse: Rosanna si sono venduti».
Di questa cessione del simbolo chi era al corrente?
«Penso Brancher... lo sapevano in pochi. Credo che neanche Maroni lo sapesse. Forse lo sapeva Calderoli che in quel periodo era il cavallo di Troia di Berlusconi all’interno della Lega. La moglie lo sapeva, lo sapeva Balocchi probabilmente, perché era l’amministratore della Lega. Sono convinta però che Berlusconi non è che i soldi glieli dà tutti insieme, glieli dà poco per volta, glieli scagliona, perché ha capito che se glieli dà tutti insieme quello lì se li sputtana».
Che fine fanno questi soldi?
«Quando Bossi sta male, è una voce pesante nei corridoi del Carroccio, pare che la moglie di Bossi con Balocchi vada all’estero per sistemare i conti. Perché la moglie di fatto sapeva che il marito aveva dei soldi suoi, che neanche lei sapeva dove erano. In via Bellerio si diceva che Bossi si fosse creato un suo tesoro extra...».
Il patto poi ha resistito senza crisi?
«In una cena prenatalizia nel 2001, a Milano, dove alcuni parlamentari di Forza Italia dicono "io non mi fido di Bossi, continua a fare queste sparate, non è che ci fa lo scherzo dell’altra volta?", Berlusconi testualmente dice: "Non preoccupatevi perché lo spadone è mio. Può fare tutte le sparate che vuole ma se lui se ne va non ha più il simbolo, se se ne va dovrà spiegare perché non ce l’ha più"».
Ferruccio Pinotti
Giovanni Viafora