Marco Mobili, Il Sole 24 Ore 10/4/2012, 10 aprile 2012
IL GAMING PUNTA SULLA SICUREZZA
Illegalità e dipendenze. Sono le due spine nel fianco del mercato dei giochi pubblici italiani. Un mercato che ha raggiunto livelli di eccellenza tali da essere un modello esportato e copiato nel resto d’Europa, a partire dai cugini d’Oltralpe. E non solo. Dietro al mercato dei giochi si è sviluppata ormai una vera e propria industria tale da creare occupazione per oltre 100mila addetti nell’intera filiera. Inoltre, il gioco oggi in Italia mette in moto un giro di affari che nel 2011, al netto delle restituzioni in vincite ai giocatori per oltre 60 miliardi e delle quote spettanti all’Erario per 9 miliardi, ha distribuito a tutti gli attori della filiera i restanti 9 miliardi. Se si tirano le somme, nell’ultimo anno gli italiani hanno giocato in slot machine, scommesse, gratta e vinci, lotto e superenalotto la ragguardevole somma di 80 miliardi. E in una fase di contrazione dei consumi ciò che spicca maggiormente è proprio l’impennata che ha subito la spesa per il gioco. E, come ha sottolineato il Censis in un recente studio sul mondo del gaming, la crescita della raccolta fatta registrare dal settore dal 2004 a oggi non è attribuibile unicamente all’ampliamento del portafoglio. Secondo il Censis, infatti, gli indicatori forniscono un quadro più complesso dove la spesa per il gaming viaggia allineata con uno 0,87% rispetto sia al prodotto interno lordo, sia ai consumi delle famiglie (0,90%), sia verso il tasso di occupazione (0,54%). Mentre le somme messe in gioco dalle famiglie sono in assoluta controtendenza se viste in relazione al tasso di disoccupazione dove esprimono, dice il Censis, un valore «assolutamente negativo» e pari a -0,57 per cento. Ciò, sempre secondo il Censis, può avere una duplice lettura, ovvero che si gioca meno in presenza di minor reddito o che gli italiani spostano i propri consumi da beni e servizi di necessità verso generi più voluttuari quale possono essere i giochi. Va anche sottolineato che alla crescita della raccolta e dunque alla spesa delle famiglie non sembra corrispondere una crescita degli incassi per l’Erario. Il che potrebbe trovare una giustificazione nel ricorso sempre più frequente a giochi dal pay out – cioè la restituzione in vincite di quanto giocato – sempre più elevato (nell’offerta online ha raggiunto il 95%). Ma, come si sa, non c’è rosa senza spine. E una di queste è la dipendenza. In un periodo di recessione e di crisi come quello attuale, gli importi fatti registrare dal mondo del gioco e gli eventi di cronaca hanno fatto scattare più di un campanello d’allarme, soprattutto sul piano sociale. A partire dal ministero della Salute che nei giorni scorsi ha annunciato che il Governo si sta muovendo per mettere a punto un disegno di legge che tenga conto dei diversi problemi che ruotano intorno al mercato del gioco: «Il trattamento del gioco patologico, il regime della pubblicità, in particolare per quanto riguarda il divieto quando ci sono programmi destinati ai minori e il divieto di pubblicità ingannevole, ulteriori poteri per sindaci e prefetti, nuove regole sul posizionamento degli apparecchi e campagne di comunicazione per richiamare i rischi del gioco patologico», ha sottolineato il ministro della Salute, Renato Balduzzi. Che ha aggiunto: «Nel momento in cui è considerata come una malattia, la ludopatia entrerà nei Lea (livelli essenziali di assistenza). Già oggi in molte situazioni per i servizi di contrasto alle dipendenze lo Stato se ne fa carico ma è qualcosa che va disciplinato e inserito in una programmazione». Marco Mobili
Allo stesso tempo in Parlamento si susseguono disegni e proposte di legge, e altre iniziative per limitare quanto più possibile l’impatto sociale del gioco sugli italiani. L’ultima in ordine di tempo è la mozione presentata da un gruppo di deputati dell’Udc che chiede di dare attuazione, «attraverso le opportune iniziative normative, a quanto stabilito in sede di Consiglio d’Europa, al fine di contrastare una piaga sociale che sta diventando un fenomeno preoccupante e dilagante». In particolare, di poter destinare una quota delle entrate fiscali provenienti dalla tassazione dei giochi online alle attività di interesse pubblico, come la lotta contro la dipendenza da gioco d’azzardo. Messaggi giunti da più parti che sembrano essere stati raccolti in primis dagli stessi operatori. «Il contrasto alle dipendenze – spiega Massimo Passamonti, presidente di Confindustria Sistema Gioco Italia, l’associazione che raggruppa i principali operatori economici del settore – è un problema di cui tutti devono farsi carico. Per questo stiamo mettendo a punto un codice di autoregolamentazione pubblicitaria con l’obiettivo di assicurare una comunicazione commerciale ispirata a criteri di lealtà, misura, correttezza e responsabilità». Al codice di autoregolamentazione si aggiunge il protocollo di intesa siglato con Anci e Sapar. L’obiettivo del protocollo d’intesa è anche quello di intraprendere iniziative che chiariscano il complesso delle norme che accompagnano gli iter organizzativi, procedurali e relativi alle licenze dei Comuni, e a garantire interventi che impediscano l’accesso al gioco dei minori e combattano la ludodipendenza. Dal canto loro i Monopoli hanno intensificato negli ultimi anni i controlli con un pesante giro di vite sulle sanzioni per chi consente l’accesso ai minori. L’altra spina del mercato dei giochi italiani è l’illegalità. Una battaglia portata avanti dai Monopoli con tutti i mezzi. Un esempio su tutti sono le indagini finanziarie, fortemente volute dal direttore Raffaele Ferrara, ora possibili anche nei confronti di chi opera nel mercato del gioco. Ci sono poi le ispezioni e le verifiche sul campo condotte dalla Guardia di Finanza soprattutto sul fronte delle new slot e delle scommesse. Su quest’ultimo segmento di mercato è scattato da tempo anche l’allarme degli operatori. Come ricorda Passamonti, «il gioco illegale non è scomparso. Anzi, nell’ultimo anno si è assistito a una ripresa. Non accadeva da dieci anni. La fuga verso "occasioni più facili" è sempre a portata di mano e l’azione di contrasto deve essere forte e intelligente». Il mercato dei giochi italiano comunque vive, ormai da qualche anno, una vera e propria contraddizione. Da una parte con i suoi 9 miliardi annui il mercato del gioco è il primo contribuente italiano e proprio per questo è utilizzato da Governo e parlamentari per garantire le risorse necessarie alla copertura di questa o quella misura. Dall’altra, come detto, si chiedono regolamentazioni ferree e limitazioni allo stesso gioco legale. Cosa fare? Per gli operatori, conclude Passamonti, «è necessario passare a una politica di consolidamento dei risultati raggiunti rafforzando e non allentando i confini del regime concessorio italiano». © RIPRODUZIONE RISERVATA