Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  aprile 10 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA. BOSSI E MARONI IN PIAZZA


REPUBBLICA.IT - LE NOTIZIE DI OGGI (ore 20.24)
MILANO - I triumviri della Lega Nord riuniti oggi nella sede di via Bellerio, avrebbero raggiunto un accordo secondo il quale questa sera a Bergamo alla manifestazione ’L’orgoglio padano’ parleranno solo Umberto Bossi e Roberto Maroni. E proprio Maroni torna a farsi sentire su Facebook: "Il passo indietro di Renzo Bossi è il primo atto delle pulizie di primavera, ma non basta di certo. Adesso avanti tutta!".
Intanto, dopo voci di imminenti dimissioni di Rosi Mauro da vicepresidente del Senato, è stata la stessa esponente leghista a smentire in serata questa possibilità. "Perché dovrei?", ha detto nel corso della registrazione di ’Porta a Porta’. "Innanzitutto voglio spiegare come stanno le cose e dire la verità, e poi vedremo", ha aggiunto. "In questi giorni - ha proseguito - mi sono accorta del potere che ha l’informazione e ho il diritto di difendermi. Lo farò parlando in Aula in Senato. Non ho nulla da nascondere e ho tutte le prove per rispondere alle accuse". Rispondendo poi a una delle principali contestazioni ha sostenuto: "La Lega Nord non ha mai dato un euro a Rosy Mauro, ha fatto donazioni solo a Rosy Mauro in qualità di segretaria del Sindacato Padano. La direzione del partito era informata". Quanto all’accusa di essersi comprata una laurea in Svizzera con i soldi della Lega, la senatrice ha spiegato: "Non mi ha mai sfiorato l’idea". Mauro ha poi smentito che Pierangelo Moscagiuro sia il suo compagno. "Questa
- ha risposto - è un’altra nefandezza, qui mi hanno colpito anche nella vita privata. E’ assurdo ed è inconcepibile". Allo stesso modo ha negato di essere identificabile con "la Nera" delle intercettazioni telefoniche. "Altro non è che l’infermiera svizzera che segue Umberto Bossi da quando è stato male" e i "29 mila euro di cui si parla saranno i mesi che dovevano pagarle".
A Bergamo stasera ci sarà anche Umberto Bossi. "Parleremo solo e io e lui", ha chiarito Maroni. Chi non ci sarà è invece Flavio Tosi. "Non vado a Bergamo resto a Verona a fare campagna elettorale" fa sapere il sindaco scaligero candidato alle amministrative di maggio. Che poi "identifica" il prossimo segretario della Lega. "Il ragionamento più logico è nominare il più bravo, senza arroccarsi su provenienze regionali. Deve essere il migliore". Quindi Maroni? "La mia idea è quella lì, lo sanno tutti, ma sia il congresso a decidere".
Organizzato dai dirigenti locali, l’evento era nato come una specie di congresso autoconvocato, nel caso Bossi non si fosse dimesso. Dopo il passo indietro del Senatur, è stato deciso di trasformare l’appuntamento in una manifestazione di solidarietà nei suoi confronti ma allo stesso tempo in una occasione per chiedere "pulizia" all’interno del partito. Non a caso, i giovani padani si presenteranno con più che simboliche scope.
Le "pulizie" sono iniziate con le dimissioni di Renzo Bossi da consigliere regionale, annunciate ieri e formalizzate stamattina a Stefano Galli, capogruppo del Carroccio in Regione. Pur non indagato per la gestione dei rimborsi elettorali alla Lega, Bossi jr ha preferito auto-epurarsi nel giorno in cui un suo ex autista e bodyguard ha fornito a Oggi alcuni video in cui Renzo intasca soldi 1della Lega. Materiale che i pm di Milano hanno acquisito stamani negli uffici della Rcs.
Alessandro Marmello, l’ex autista di Renzo Bossi, è stato anche sentito dal pm Paolo Filippini. Al magistrato l’uomo ha confermato quanto confidato alla testata on-line, spiegando di essere stato per molti mesi il ’cassiere’ del figlio di Umberto Bossi, al quale dava il denaro necessario a sostenere le spese di ordinaria amministrazione. Il capo della procura, Edmondo Bruti Liberati, ha comunque smentito che ci siano nuovi iscritti nel registro degli indagati e l’imminenza di un vertice tra le procure che si occupano delle inchieste sulla Lega.
Arrivando al Pirellone, Renzo Bossi non ha rilasciato dichiarazioni ai giornalisti. Aveva già affidato le sue parole a una lettera pubblicata 2 da Brescia Oggi. Le sue dimissioni, scrive Bossi jr, sono "la miglior risposta da dare a chi nei giorni scorsi si è preso la briga di aprire all’interno del mio movimento una vera e propria caccia alle streghe". Renzo Bossi chiede "ai 13mila padani che mi hanno votato di continuare a credere in me, promettendo, in cambio, di dimostrare la mia totale buona fede".
In regione, il "Trota" è arrivato a bordo del lussuoso suv che potrebbe essere stato pagato, secondo quanto evidenziato dall’inchiesta, col denaro pubblico elargito dallo Stato alla Lega. Poi è andato via uscendo da una porta di secondaria, lasciando l’auto nel parcheggio. E oggi, da ambienti giudiziari milanesi, trapela un altro retroscena: la banca tanzaniana che avrebbe dovuto ricevere i 4,5 milioni di investimenti promossi in Africa dall’ex tesoriere Belsito, rifiutò la somma, probabilmente perché insospettita dal carattere informale dell’operazione. A parlarne sarebbe stato, in particolare, il promotore finanziario Paolo Scala. Quelle somme sarebbero rientrate nei giorni scorsi sui conti italiani della Lega. Anche 850 mila euro del deposito di 1,2 milioni avvenuto a Cipro, sempre su iniziativa di Belsito, sarebbero rientrati in territorio italiano.
Intanto, dopo quelle di Milano, Napoli e Reggio Calabria, anche la Procura di Genova ha aperto il suo fascicolo a carico di ignoti per truffa ai danni dello Stato e riciclaggio. L’indagine genovese ha preso le mosse da un’intercettazione telefonica in cui Belsito dichiara di avere dato 50mila euro all’attuale segretario ligure della Lega nord Francesco Bruzzone per un posto nel cda di Fincantieri. Il reato sarebbe stato commesso a Genova, di qui dunque la competenza della Procura ligure. La Procura di Bologna, invece, ha aperto un fascicolo conoscitivo sui conti della Lega emiliana, atto di prassi derivante da alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa da ex esponenti del Carroccio bolognese circa un presunto giro di fondi neri.
Ha ritenuto fosse un bene dimettersi Maurilio Canton, segretario provinciale della Lega Nord di Varese, con una lettera inviata questa mattina alla segreteria nazionale. Canton, a quanto si è appreso, lo ha fatto per evitare che si arrivi alla votazione della sua fiducia già richiesta da 10 membri su 16 del direttivo provinciale.
Matteo Salvini, europarlamentare della Lega Nord e fedelissimo di Roberto Maroni, assicura che nel partito non è in corso alcuna caccia alle streghe. "Da quanto emerge qualcuno non ha fatto far bella figura alla Lega. Non faccio nomi e cognomi perché i militanti sanno. Se stasera ci saranno nomi e cognomi? Conto che chi è coinvolto si faccia da parte spontaneamente. C’è il rischio di una caccia alle streghe? No, no. Ci vuole equilibrio anche in questo momento".
(10 aprile 2012)

CORRIERE.IT - VIGILIA DELLA MANIFESTAZIONE (ore 20.31)

GLI ARTICOLI DEI GIORNALI SI STAMATTINA SELEZIONATI DA DAGOSPIA

BEPPE GRILLO SUL SUO BLOG WWW.BEPPEGRILLO.IT
La Lega è morta. Non la compiangeremo. Il Pdl, il Pdmenoelle e l’Udc godono invece di ottima salute. Boss(ol)i si è dimesso per la gestione privatistica dei rimborsi elettorali. Casini non ha pensato a togliersi dai coglioni neppure quando il suo Grande Elettore Cuffaro è finito in carcere. Berlusconi ormai fa solo il presidente del Milan e il suo unico interlocutore è Allegri.
BEPPE GRILLOBEPPE GRILLO casini berlusconicasini berlusconi
Dopo la sua dipartita, accompagnata al sostegno incondizionato a Rigor Montis, ha incassato la prescrizione nel processo Mills e l’annullamento della condanna a 7 anni di Dell’Utri dalla Cassazione, chissà una buonuscita? Un premio partita? Un caso? Di Penati e del Sistema di Tangenti Lombardo non dice più nulla nessuno. Merito dell’appoggio di Bersani alla Governante di Varese? E di Lusi, il tesoriere per conto terzi? A chi rispondeva? Chi pagava? Rutelli nega di essere coinvolto e nessuno mette in discussione la sua parola. La Lega non paga solo per i suoi errori, se fosse per quelli dovrebbe essere stata cancellata dalla Storia da più di un decennio.
La Lega paga la sua opposizione al governo. E’ come un regolamento interno di conti, come nel finale del film "Le Iene" si ammazzano tra di loro, chi non sta al gioco viene eliminato. Qualcuno può credere che la gestione della loro quota di un miliardo di "rimborsi" elettorali da parte dei partiti pro Rigor Montis sia stata all’insegna della massima trasparenza? Io voglio crederci, ma ne sarò pienamente convinto solo quando la Guardia di Finanza ispezionerà le loro sedi e verranno pubblicati tutti i costi sostenuti, voce per voce, causale per causale.
Il Parlamento è una larva vuota, serve solo a dare lo stipendio a un migliaio di mantenuti dalle nostre tasse. Gente che ci ha portato allo sfascio e che non ha la dignità di andarsene.Tutto si decide nella sala da tè di Rigor Montis con le tre facce da culo Alfano, Bersani, Casini a prendere ordini. Questi sono capaci di rinviare anche le elezioni politiche del 2013 per salvarsi. Chi si oppone al Nuovo Ordine va eliminato, per primi i vecchi complici come Boss(ol)i. Chi sarà il prossimo?

MASSIMO MARTINELLI PER IL MESSAGGERO
L’ultima accusa, per Francesco Belsito e tutti i componenti di quel «cerchio magico» che ruotava intorno ad Umberto Bossi, potrebbe essere contestata già nei prossimi giorni: ricettazione. E potrebbe avere conseguenze sugli assetti politici del Parlamento. I magistrati milanesi e napoletani ci hanno lavorato nel periodo di Pasqua, incrociando anche i risultati di alcune delle perquisizioni effettuate nei giorni scorsi.
Lorenzo BorgogniLorenzo Borgogni Francesco BelsitoFrancesco Belsito
E sarebbero ormai convinti di essere davanti a una questione di tangenti. Se così dovesse essere dimostrato, non solo Belsito ma tutti i suoi sodali, dai figli di Bossi, alla moglie Manuela Marrone fino a Rosy Mauro, rischierebbero l’accusa di ricettazione, per aver utilizzato il denaro che imprenditori come lo «shampato», Stefano Bonet, pagavano al cassiere della Lega per vincere gli appalti.
Ad aprire questo nuovo scenario investigativo è stato proprio lui, Bonet, parlando al telefono con una delle collaboratrici della società Polare, Nadia Arcolin. In quella conversazione, inizialmente messa da parte dagli investigatori impegnati nella ricostruzione delle spese di famiglia del Senatùr, Bonet si lascia andare ad un’ammissione importante: «Ma ti rendi contro che io scopro un mese dopo da un altro legale, perché nessuno me l’ha mai detto prima, che sono a rischio di riciclaggio!».
È in quella telefonata del 13 febbraio scorso che Stefano Bonet prende coscienza che il suo socio, Francesco Belsito, non lo copre più perché probabilmente ha capito di essere ad un passo dall’avviso di garanzia. Per gli investigatori è la conferma che Belsito aveva messo in piedi una rete di imprenditori che facevano affari grazie a lui, in cambio di qualcosa. E alcuni di questi, come Bonet, sull’onda dell’entusiasmo non capivano nemmeno che stavano oltrepassando la linea rossa dell’illegalità.
Per avere la conferma che fosse Belsito ad essere seduto in cabina di regia, occorre riascoltare i brogliacci delle sue intercettazioni, nelle quali vanta di essere l’artefice degli affari milionari di Bonet e soci. Come ad esempio nella conversazione dell’8 febbraio scorso con Nadia Dagrada, la sua più stretta collaboratrice che proprio nei giorni scorsi ha deciso di collaborare a tutto campo con la magistratura.
In quella conversazione, Belsito ammette pacificamente che è lui a procurare gli appalti per Bonet, ovviamente in cambio di tangenti. Belsito: «Guarda, ti do un piccolo dato: il 70 per cento del suo fatturato , lo faccio io eh, cioè per farti capire. hai capito?». Dagrada: «Si, cioè?». Belsito: «Sai cosa vuol dire per lui? Che io lo smonto tutto, adesso...(Bonet)».
Nella stessa telefonata, gli inquirenti hanno trovato un riferimento al fatto che le due donne più vicine a Umberto Bossi, cioè sua moglie Manuela Marrone e la senatrice Rosy Mauro, fossero assolutamente al corrente di quello che succedeva. Perché sempre parlando di Bonet, con il quale Belsito se la prende perché si nega oppure evita di incontrarlo, la Dagrada commenta: «Mi sembra strano che non risponde più al telefono».
Belsito risponde che secondo lui lo hanno spaventato, e la donna replica: «È per questo che ti dico che devi andare e fare terrorismo sulle due (che per gli investigatori sono appunto Manuela Marrone e Rosy Mauro) e gli devi far capire le cose».
2 - QUEL SISTEMA FINMECCANICA: MAZZETTE CAMUFFATE DA CONSULENZE...
Massimo Martinelli per "il Messaggero"
In procura lo chiamano già il «sistema Borgogni»; perché è stato lui, il potente ex manager di Finmeccanica a spiegare ai magistrati di Napoli (e poi a quelli di Roma) come funziona il sistema di corruzione che non può essere perseguito dal nostro Codice penale. Non è un caso che proprio le dichiarazioni di Borgogni siano richiamate nell’informativa dei Carabinieri del Noe che hanno ricostruito gli affari del cassiere della Lega e dei suoi soci. E adesso il punto interrogativo fondamentale dell’indagine è capire se davvero Francesco Belsito abbia potuto tirare le fila di questo grande gioco senza che alcuni dei colonnelli della Lega ne fossero al corrente.
Non è escluso quindi che già nei prossimi giorni l’indagine possa allargarsi ancora, almeno per portare alla luce le eventuali connivenze dei vertici leghisti che in qualche modo devono aver dato il nullaosta per gli stravaganti investimenti di Belsito in Tanzania, Cipro ma soprattutto in Norvegia, facendo rischiare l’accusa di riciclaggio al suo socio Stefano Bonet.
Ma andiamo con ordine. Lorenzo Borgogni, l’ex manager Finmeccanica, le ha chiamate «consulenze». Spiegando che lui stesso è riuscito a mettersi da parte un piccolo tesoretto del quale ha raccontato la provenienza al pm romano Paolo Ielo. E in un passaggio di quell’interrogatorio ha chiamato in causa la Siram, cioè la società con la quale Stefano Bonet e Francesco Belsito facevano affari.
Ecco cosa disse Borgogni, nello scorso autunno, al pubblico ministero romano: «Con il presidente dell’Enav, Martini, nel 2003 costituii la società Sgi Consulting con la signora Casadio (moglie di Martini) e Sergio Felici, con tre quote uguali. La società è rimasta sempre inattiva ed è stata liquidata nel 2005. Nell’ottobre 2003 costituii con la moglie di Martini un’altra società, la C&L rimasta anch’essa sempre inattiva.
Inoltre, intorno all’anno 2006 Bocciarelli, direttore generale di Simav, si proponeva di promuovere un rilancio della società. Fu così che mi interessai, insieme con Martini, alla cessione della quota dell’80 per cento della società a Daniele Santucci (socio di Piercarlo Scajola, figlio dell’ex ministro dell’Interno) dell’Aipa, una società concessionaria di pubblicità. Quando dopo qualche anno, Santucci cedette la partecipazione alla Siram Italia maturò una plusvalenza di diverse decine di milioni di euro e ritenne quindi di riconoscere un premio a me e a Martini. Io ricevetti due versamenti, di 600 mila e 650 mila euro.
L’intera somma è stata da me recentemente fatta oggetto di scudo fiscale».
Per i carabinieri del Noe, invece, andò un po’ diversamente: Borgogni avrebbe incassato quelle due tranche da un milione e 250 mila euro complessivi in cambio di mediazione per ottenere nuovi appalti. Scrivono infatti i carabinieri che «è proprio con una delle società del gruppo Siram, la Simav, che Lorenzo Borgogni, col sistema della sovraffatturazione e/o della creazione di fatturazioni totalmente false per prestazione mai effettuate ha sottoscritto un accordo al fine di stipulare un contratto, a copertura di una tangente da 1.250.000 di euro che poi il Borgogni ha scudato dalla Svizzera all’Italia».
Se la Siram lo faceva con Borgogni, ragionano gli inquirenti, probabilmente lo faceva anche con la società Polare di Bonet, della quale era socio occulto Francesco Belsito, come testimonia il contratto d’affitto firmato a suo nome per la sede genovese della Polare in via Mameli 4. E se Belsito si vantava di aver procacciato il settanta per cento del fatturato alla Polare, gli inquirenti sospettano che quelle «commissioni» di cui parla Borgogni le abbia incassate anche lui.
Con una differenza: nel caso del manager Finmeccanica si è trattato al massimo di episodi di «corruzione tra privati» che, almeno per il momento, non sono puniti dal nostro Codice penale. Per Belsito la cosa potrebbe essere diversa. Infatti, essendo lui amministratore di un partito politico gestisce denaro pubblico. E quindi, qualora il sospetto diventasse certezza, le valutazioni investigative potrebbero essere più gravi e importanti.

ELISABETTA REGUITTI SUL FATTO
"È ora di scopare fuori il pollaio" è la traduzione dello slogan bergamasco che scandirà l’orgoglio padano in scena stasera alla fiera nuova in via Lunga a Bergamo. Agiteranno le scope di saggina che si sono portati per dimostrare che i militanti della Lega sono altra cosa rispetto a quelli delle inchieste, quelli che non hanno ricevuto investitura ufficiale nei congressi e che, quindi, se ne devono andare.
Ieri su Radio Padania Libera sono piovute le reazioni del popolo della Lega. Piovute come monetine, le stesse del paragone tra Renzo (Trota) Bossi e Craxi. Un confronto che ha scatenato la reazione della frangia innocentista. Un ascoltatore da Sesto San Giovanni ribatte che "Craxi ha preso le tangenti, quelli della Lega sono finanziamenti che teoricamente sono proprietà della Lega stessa, non sono soldi sfilati dalle tasche dei cittadini con tangenti occulte.
Noi abbiamo usato male i soldi - aggiunge - ma non abbiamo preso le tangenti". Rispondono che Bossi da padre doveva verificare quello che faceva il figlio. Giovanna da Torino: "La Lega non può smentire il Roma ladrona, a meno che non siamo contenti che rubino tutti". Intanto a Bergamo l’attesa cresce. Soprattutto perché come dice il presidente della Provincia Ettore Pirovano: "Le cose nella Lega si sanno solo dopo che sono accadute" quindi nessuna notizia certa su chi salirà sul palco. Di certo il triumvirato, forse amministratori locali e giovani Padani. Stasera il palcoscenico sarà loro per cercare di tenere unito lo smembramento in atto nel partito.
La Lega, per salvarsi da se stessa, si aggrappa ai militanti . Dalla radio Giorgio da Monte Brianza in mattinata aveva chiesto: "Chi l’ha nominato Belsito? Onore delle armi a Bossi, ma stiamo attenti perché c’è molto scontento in giro. L’unica soluzione è Maroni segretario".
Alcuni stasera attendono l’acclamazione di Roberto Maroni un po’ come era stato il giugno scorso a Pontida. Nei giorni scorsi, tuttavia, sempre sui muri attorno al pratone erano comparse scritte di altro tipo: "Maroni traditore" e "Maroni iscariota". Sempre a Pontida poi ieri si è verificato il déjà vu della scritta. Quella grande, verde che campeggia sul muro dello storico pratone. Da "Padroni a casa nostra" a "Ladroni a casa nostra".
Era già accaduto all’indomani dell’avvio dell’inchiesta a carico di Davide Boni ed è accaduto ieri (poi la scritta è stata ripristinata nella versione ufficiale) alla vigilia dell’orgoglio padano.
Lo stesso Pirovano non se la sente di dire che gli autori non siano stati leghisti. "Non mi stupisco con quello che sta accadendo. Un tempo per essere cacciati dalla Lega bastava dire qualcosa che non piacesse al capo. Ora invece dobbiamo aspettare che Rosy Mauro decida di dimettersi".
Lei che da vicepresidente del Senato ha garantito lo stipendio al fidanzato - poliziotto (in aspettativa) canterino - non è molto amata all’interno del partito dove i militanti hanno una buona memoria come dimostra l’ascoltatrice che durante la trasmissione aveva commentato: "Ho sempre votato un po’ per la Lega e un po’ per il Pdl. Oggi ho sentito che la Angela Merkel è in Italia, lei è venuta col volo di Stato, ma il marito con volo low cost. Come mai Calderoli quando era ministro andò a Disneyland con 8 persone di scorta?". Poi il commento su il Trota: "Se Renzo Bossi ha sbagliato restituirà i soldi - chiude un altro ascoltatore - ma Maroni non deve fare processi prima dei giudici".
Ora il figlio del capo non è davvero più l’intoccabile dei bei tempi della campagna elettorale con esito certo e blindato grazie alla tutor Monica Rizzi ed al vecchio, storico amico di Umberto: quel Bruno Caparini che, anni prima, aveva ottenuto dal Senatur il favore di fare entrare in politica il figlio Davide.
In tanti avevano lavorato per l’elezione blindata, certa e con molti voti dell’allora ora-colo Renzo Bossi oggi tornato ad essere quasi uno come tanti. Lo stesso segretario provinciale di Milano Igor Iezzi sul suo profilo Facebook compare mentre pesca una trota. Ogni riferimento a fatti e persone non è puramente casuale.

LE DIMISSIONI DI ROSY MAURO A PORTA A PORTA
1- LEGA: PRONTA LA LETTERA DIMISSIONI DI ROSY MAURO - NON ANCORA INVIATA A SCHIFANI, ATTESA PER ’PORTA A PORTA’
(ANSA) - C’é grande attesa per le dimissioni di Rosy Mauro da vicepresidente del Senato. Secondo quanto si è appreso a palazzo Madama, la lettera di dimissioni è pronta ma non è ancora arrivata sul tavolo del presidente del Senato Renato Schifani. Manca, al momento, una comunicazione ufficiale alla presidenza di Palazzo Madama e sale, quindi, l’attenzione per la puntata di ’Porta a Porta’ che stasera ospita la senatrice del Carroccio. La puntata è preregistrata alle 18,45.
2- LEGA: PROCURATORE MILANO, NON CI SONO NUOVI INDAGATI
(ANSA) - Non ci sono al momento nuovi indagati nell’inchiesta della Procura di Milano sull’uso dei fondi della Lega Nord. Lo ha detto il procuratore della Repubblica, Edmondo Bruti Liberati, spiegando che "non c’é alcuna novità rispetto alla originarie iscrizioni" nel registro degli indagati.
3- DA BONI ALLA RIZZI, NEL CARROCCIO SI PREPARA LA LISTA DEI «TRADITORI» LA LEGHISTA PIÙ VICINA A RENZO: IO NON LASCIO
Claudio Del Frate per il "Corriere della Sera"
Esistesse solo il problema Rosi Mauro, si potrebbe stare allegri. Invece all’interno della Lega in queste ore è tutto un fiorire di anatemi contro questo e contro quello, conditi di richieste di espulsione e purghe in piena regola. «Dimissioni!» è il grido che riecheggia tra le mura della casa padana, rivolto a chiunque si sia macchiato negli ultimi tempi non solo di sospetti giudiziari ma anche di colpe politiche. Ma nonostante il montante giacobinismo in camicia verde, nessuno fino a questo momento sembra intenzionato a seguire l’esempio di Renzo Bossi.
«Io le dimissioni le avevo già presentate prima a Bossi e al movimento ma sono state respinte; poi il consiglio regionale ha respinto una mozione di sfiducia nei miei confronti. Quindi...». Quindi Davide Boni, presidente dell’assemblea del Pirellone, resta al suo posto, nonostante l’informazione di garanzia nell’ambito di un’inchiesta per tangenti da parte di imprenditori lombardi.
Alle prese con la giustizia è anche Monica Rizzi, assessore allo Sport sempre in Lombardia, finita in un’indagine per un presunto dossieraggio e per un uso un po’ troppo disinvolto del titolo di psicologa. Ma in queste ore l’accusa principale con cui deve vedersela «Monica della Valcamonica» (così tutti chiamano la Rizzi) è un’altra: l’essere stata pappa e ciccia con Renzino Bossi nel corso della campagna elettorale del 2010, l’essersi legata al clan familiare di Gemonio. Ma Monica ieri ha replicato ai nemici interni con piglio deciso: «Non sono indagata, non c’entro nulla con i conti della campagna elettorale, Belsito nemmeno lo conosco. Dovrei dimettermi per solidarietà o perché qualcuno più che le pulizie sta cercando di fare delle epurazioni?».
Altra presenza fissa nelle «black list» che molti leghisti vanno compilando in questo momento è Marco Reguzzoni: l’ex capogruppo a Montecitorio si è ritirato in questi giorni in montagna, non ha partecipato al gran circo delle dichiarazioni ma buona parte della base lo include nella cordata avversa a Bobo Maroni e sodale quindi di Rosi Mauro. Tanto basta per farne in questo momento un «nemico del popolo», quello almeno che partecipa ai dibattiti su Internet o interviene a Radio Padania.
Come nel vecchio Pci, anche nella Lega il «frazionismo» è considerato peccato capitale e dunque nell’elenco delle persone da allontanare sono finiti gli animatori dell’improvvisata manifestazione di giovedì fuori da via Bellerio quando vennero lanciati volantini che accostavano Maroni a Giuda: ecco dunque il «cartellino rosso» invocato per la deputata vicentina Paola Goisis o per il segretario provinciale di Varese Maurilio Canton immortalati dalle telecamere nell’occasione.
Maroni in queste ore è una sorta di icona del rinnovamento; e così c’è chi è andato a rispolverare che nel ’94 Bobo fu colpito da una fatwa (leggi richiesta di allontanamento) perché esitò nel rompere la prima alleanza con Berlusconi. E chi fu promotore della fatwa? L’allora segretario di Varese Giangiacomo Longoni, oggi consigliere regionale: vade retro anche Longoni!
Nessuno è al sicuro se persino Renzo Bossi è stato bersaglio di una richiesta di espulsione da parte del segretario di Brescia Fabio Rolfi; e in queste ore stanno di certo fischiando le orecchie anche al governatore del Piemonte Roberto Cota, macchiato dalla «parentopoli» che ha investito l’ente da lui presieduto.

I FONDI IN NORVEGIA
Parte dei fondi occulti della Lega potrebbe essere finita in Norvegia. La circostanza emerge dalle indagini svolte dai carabinieri del Noe, che hanno lavorato su delega della Procura di Napoli, e dovrà essere approfondita nei prossimi giorni. Dei sette milioni trasferiti all’estero tra dicembre e gennaio scorsi dal tesoriere Francesco Belsito con la complicità dell’imprenditore Stefano Bonet, poco più di 5 milioni erano stati depositati su un conto di una banca di Nicosia, a Cipro, mentre il resto potrebbe essere in un istituto di credito nel Nord Europa.
Sono migliaia i documenti, le ricevute, le fatture e gli scontrini che i magistrati dovranno esaminare a partire da oggi, per valutare le contestazioni di reato per gli esponenti della Lega che hanno beneficiato dei soldi del partito provenienti dai rimborsi elettorali, primi fra tutti Renzo Bossi e la vicepresidente del Senato Rosi Mauro. Il resto potrebbe arrivare dai computer e dall’altro materiale informatico sequestrato negli uffici e nelle abitazioni dello stesso Belsito. Perché la sensazione è che le «dazioni» ai familiari e ai fedelissimi del Senatur siano soltanto il primo tassello di una catena che può travolgere altri esponenti del Carroccio.
I magistrati milanesi molto probabilmente oggi decideranno di acquisire il video - pubblicato in esclusiva sul sito internet del settimanale Oggi - che mostra il «Trota» mentre, inconsapevole che una telecamera nascosta stia riprendendo la scena, accetta i soldi che gli vengono consegnati dall’autista Alessandro Marmello, il quale non è escluso che sarà chiamato a testimoniare per confermare quanto ha filmato e dichiarato al settimanale.
Marmello ha rivelato di aver dato a Renzo Bossi denaro in contante, proveniente dai fondi ricevuti dalla amministrazione della Lega «per l’uso e il mantenimento della macchina e le spese giornaliere», in cambio di scontrini per spese che il consigliere regionale lombardo del Carroccio aveva sostenuto a scopo personale. Anche altri testimoni potrebbero essere convocati nei prossimi giorni negli uffici giudiziari di Milano proprio per fornire ulteriori indizi sui comportamenti spregiudicati di esponenti leghisti.
i pm napoli woodcock piscitelli curcioi pm napoli
LE «MAZZETTE» ALL’ESTERO
Il sospetto dei magistrati è che questa girandola di soldi possa nascondere anche il versamento di tangenti. Un filone che sarà esplorato partendo da un dato già acquisto dagli inquirenti napoletani Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio: la «mazzetta» da un milione e 250 mila euro che Bonet ha versato a Lorenzo Borgogni quando questi era il responsabile del settore relazioni istituzionali di Finmeccanica.
Lui stesso ha confessato di aver ottenuto la tangente con un’operazione di copertura finanziaria e di aver riportato il denaro in Italia grazie allo scudo fiscale. Un «sistema» che Bonet avrebbe utilizzato in molte altre occasioni, proprio grazie «ai poteri "relazionali" di tesoriere della Lega», come viene sottolineato nell’informativa finale degli investigatori dell’Arma.
Del resto, l’8 febbraio scorso è stato proprio Belsito, in una telefonata intercettata con la segretaria amministrativa Nadia Dagrada, a vantarsi «perché il 70 per cento del fatturato di Bonet lo faccio io», lasciando intendere di aver fatto pesare su numerose aziende pubbliche il peso del suo ruolo di tesoriere della Lega. Un ruolo che aveva sfruttato sia per pretendere una percentuale a titolo personale, sia per saldare i conti della famiglia Bossi e degli altri componenti il «cerchio magico».
Il conteggio effettuato sino ad ora parla di almeno tre milioni e mezzo di euro versati per il leader, i figli, la moglie, ma anche per soddisfare le richieste di Rosi Mauro e i desideri del suo fidanzato, il poliziotto in aspettativa che la parlamentare ha ingaggiato come assistente personale presso la presidenza del Senato. Si tratta di Pierangelo Moscogiuri, un trentacinquenne al quale saldava numerosi conti, compreso quello di un’università svizzera per fargli avere diploma e laurea. E che aveva la passione del canto e di Elvis Presley, tanto da esibirsi nei locali del Nord con il nome d’arte di Pier Mosca.
IL CARNET DI UMBERTO
Le verifiche sugli esborsi «privati» saranno condotte dalla Guardia di Finanza su delega del procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e dei suoi sostituti Roberto Pellicano e Paolo Filippini. È il filone che potrebbe avere sviluppi clamorosi già nelle prossime ore. Gli inquirenti stanno infatti continuando a visionare il contenuto della cartellina «The Family» ritrovata nella cassaforte gestita da Belsito.
E hanno già trovato numerosi elementi per dimostrare le «dazioni» al leader del partito e alle persone a lui più vicine. Su uno dei carnet di assegni che Belsito aveva a disposizione per il conto aperto presso la Banca Aletti di Genova - dove confluivano i rimborsi elettorali - è scritto a penna «Umberto Bossi». E questo fa presumere che potesse essere dedicato esclusivamente alle spese del «capo».
Molto «interessanti» dal punto di vista investigativo vengono giudicati gli altri scontrini che Belsito custodiva sotto chiave e, almeno a sentire le sue telefonate, aveva intenzione di utilizzare come arma di ricatto proprio nei confronti di Bossi. Perché dimostrano che, oltre ai conti di medici e avvocati, alle scuole e alle ristrutturazioni, il partito pagava per i figli di Bossi persino le multe per eccesso di velocità o per il ticket di ingresso ai varchi dell’area Ecopass di Milano. L’ipotesi più probabile è che a fronte di questi costi possa scattare per chi ne ha beneficiato l’accusa di concorso in appropriazione indebita, ma i magistrati stanno valutando anche una possibile contestazione di ricettazione.

LA MANIFESTAZIONE DI STASERA: GIOVANNI CERRUTI SULLA STAMPA
Sarà la notte delle scope, almeno cento leghisti sul palco di Bergamo con la ramazza in mano. Che ci sia o non ci sia, sarà la notte più difficile per Umberto Bossi e la Lega sfregiata.
Pulizia, pulizia, pulizia. La Lega è già altro, o già di altri. Renzino Bossi che lascia la Regione e torna a casa. Rosi Mauro che sta per consegnare le chiavi del ufficio, e dell’appartamento, da vice presidente del Senato. Forse non basta, forse non è finita qui. E non bastano le scope, quelle vanno bene per un pollaio o un pavimento. Qui è la casa che traballa. E dovranno provvedere subito, nella Bergamo dei «magùtt», muratori tra i più veloci.
Vado o non vado? Deciderà all’ultimo, il vecchio Bossi stravolto dalle giornate di una Pasqua da dimenticare. È solo, alle due del pomeriggio, quando esce dalla villetta di Gemonio. Il Cerchio Magico è svanito, anche la Rosi è sparita. Nelle sue poche parole la bugia di un padre che nonostante tutto cerca di difendere il figlio, «erano due mesi che mi diceva che era stufo di stare in Regione, lì non si trovava bene». Dimissioni dal Consiglio regionale, non dalla Lega. Un minimo sindacale. Basteranno a placare scope e «magùtt»? Basteranno ad evitare fischi, o peggio cori e insulti e altro ancora?
Questo martedì, per quel molto che resta ancora della Lega, si aprirà di buon’ora. Con Roberto Calderoli, Manuela Dal Lago e Roberto Maroni, i tre neo segretari coordinatori, che si sono dati appuntamento in via Bellerio. C’è da preparare la serata, appunto. C’è da salvare il massimo del salvabile di Umberto Bossi. C’è, anche, da stare attenti. I leghisti che l’hanno sempre seguito, quelli che lo vorrebbero seguire ancora, chi l’ha conosciuto bene, aspettano le mosse del Condottiero stanco, se davvero si metterà in disparte oppure no. Dalla sacca di furbizie potrebbe cavare qualche sorpresa. E tentare di resistere, resistere, resistere.
Alla Fiera di Bergamo stasera come a Varese, al teatro Apollonio, il 18 gennaio. In mezzo, gli 80 giorni che hanno cambiato la Lega. A Varese, all’ultimo momento, Bossi aveva deciso di esserci. Le sezioni leghiste, sindaci, parlamentari, militanti, avevano riempito quel teatro per dimostrare solidarietà a Bobo Maroni, colpito cinque giorni prima dal perentorio ordine partito dal tinello di Gemonio, dalla Lega di Famiglia&Famigli: Maroni non può parlare ai militanti. Ordine rinculato il giorno dopo, con una telefonata di Bossi: «Guarda che non è vero che non puoi andare nelle sedi, è tutta colpa di intermediari confusionari...».
Non ha mai detto, Bossi, chi siano questi intermediari confusionari. Ma certo si dev’esser preoccupato parecchio se anche la sezione di Gemonio, a cento metri da casa, si era schierata con Bobo e la sua voglia di «Lega degli onesti». Quella sera, a Varese, si erano presentati all’Apollonio tenendosi per mano. Bobo, poi, aveva detto tutto quel che aveva da dire, e si capivano i riferimenti al tesoriere Belsito, a Rosi e al suo sindacato fatuo, «a chi vorrebbe cacciarmi e dovrebbe essere cacciato». Sul palco erano seduti a un tavolino, come al bar. In mezzo, come un cameriere che aspetta l’ordinazione, Calderoli.
È in quei giorni, e i carabinieri non avevano ancora bussato in via Bellerio, che i big della Lega capiscono che qualcosa si è rotto, che la Lega di una volta non c’è più. La domenica dopo, 22 gennaio, il corteo di Milano si chiude con i fischi a Bossi, che non ha dato la parola a Bobo. Con Renzo che dirà non è vero, «è colpa del sincrono tra audio e video». Con Rosi Mauro che per tutto il corteo aveva cercato l’abbraccio e il bacio di Bobo, e lui l’ha sempre schivata, o forse proprio schifata. Tutto cambia, da quella domenica. I carabinieri stavano già registrando, i signorotti della Lega si stavano già riposizionando...
Non è per infierire - perché non ce ne sarebbe bisogno -, ma le cronache di quelle giornate raccontano storie che scope e «magùtt» non sembrano aver dimenticato. Nelle 24 ore della mordacchia a Maroni quanti sono i signorotti della Lega che hanno alzato il ditino per dire no, che hanno messo un post su Facebook, che hanno chiamato Bobo? Pochi minuti prima della rinculata di Bossi, al Palazzo dei
Congressi di Stresa, Calderoli scomunicava i leghisti che avevano deciso di ritrovarsi a Varese con un vibrante «Non possono! Non possono!». E Roberto Cota, lì accanto: «Ma parliamo di cose serie, del governo Monti che affama le nostre famiglie...».
Perché stasera ci saranno leghisti che la scopa la vogliono usare davvero. E c’è chi poi, nella notte, è pronto a trasferirsi in via Bellerio per occupare la sede con visibili colpi di ramazza in certe stanze. O chi vuole portare il cartello che è già pronto da gennaio: «Il colore della Padania è verde, non Marrone», come il cognome di Manuela, la moglie di Bossi. Per Rosi Mauro si va nel greve. Di sicuro andrà bene a Roberto Maroni. «Sarà un congresso straordinario organizzato dalla base - anticipano i messaggi via telefonino - Bobo verrà eletto per acclamazione!». «Non ci ingannano più, faremo fuori la "Banda dei Maialini"!».
Francesco BelsitoFrancesco BelsitoROSI MAURO E
Deve passare questa giornata prima della notte delle scope, e le dimissioni di Renzo potrebbero non bastare. C’è chi, come Maroni, non nasconde che questa Lega può ripartire solo da due parole semplici, «credibilità» e «dignità». Merce rara, mentre si attendono le decisioni di Bossi: che potrebbe anche disertare la serata e aspettare il giorno dopo, magari per dire che questa non è più la sua Lega, e quindi... «Io che lo conosco meglio di sua moglie e di sua mamma scommetto che a Bergamo non ci va - dice Pino Babbini, il suo autista degli anni belli -. Ha paura dei "buuu", ma la Lega lui non la lascia». Piuttosto la sfascia.

ALLA MANIFESTAZIONE DI STASERA PARLA SOLO MARONI
1 - LEGA: ACCORDO TRIUMVIRI, A BERGAMO PARLA SOLO MARONI
(ANSA) - I triumviri della Lega Nord riuniti oggi nella sede di via Bellerio, secondo quanto si è appreso, avrebbero raggiunto un accordo secondo il quale questa sera a Bergamo alla manifestazione ’L’orgoglio padano’ parlerà solo Roberto Maroni. "Al 90% sarà così" ha sottolineato il deputato Giacomo Stucchi, fra gli organizzatori.
MARONI CALDEROLIMARONI CALDEROLI

Resta ancora l’incognita sulla presenza di Umberto Bossi. Per il triumvirato, di cui oltre a Maroni fanno parte Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago, invece "é molto probabile - ha sottolineato Stucchi - che Maroni parli a nome di tutti".

2 - MARONI, FATTO PRIMO ATTO PULIZIA MA NON BASTA
(ANSA) - "Primo atto delle pulizie di primavera ma non basta di certo. Adesso avanti tutta": su Facebook Roberto Maroni commenta così la vignetta di Giannelli pubblicata dal Corriere della Sera in prima pagina sul passo indietro di Renzo Bossi.

3 - ROBERTO MARONI A VANITY FAIR: «A UMBERTO L’AVEVO DETTO "ATTENTO A RENZO". E INTANTO CERCAVANO DI FARE FUORI ME»
Da "Vanity Fair"
«Gli dicevano cose non vere su di me, sulla Lega, sui soldi, e lui ci ha creduto in buona fede perché, se ti fidi di qualcuno, gli credi. Negli ultimi mesi il nostro rapporto era teso anche perché cercavo di metterlo in guardia, gli dicevo che non era come gliela raccontavano. Ma lui non mi ha dato ascolto, pensava ce l’avessi con loro. Era un gruppo di persone che Umberto aveva intorno, molto vicine, e che a gennaio hanno cercato di farmi fuori. Non ci sono riuscite. Oggi lui ha capito che avevo ragione io e torto gli altri».
Sono le parole di Roberto Maroni a Vanity Fair - in edicola dall’11 aprile - a cui il probabile nuovo leader della Lega racconta un passato dominato (suo malgrado) dal «Cerchio Magico» e un futuro dove per «il Trota» non c’è posto. Anche se non lo nomina esplicitamente, è chiaro che Maroni ce l’ha con quel «Cerchio magico» che negli ultimi anni ha fatto di tutto per boicottare la sua antica amicizia con Umberto Bossi: «L’ho conosciuto anche prima della seconda moglie (Manuela Marrone, ndr). Più che amico, un fratello maggiore». Ministro dell’Interno in quota Lega fino a pochi mesi fa, Maroni è stato prima con Bossi il fondatore del movimento, suo delfino annunciato, poi allontanato dai nuovi fedelissimi, ora papabile nuovo leader.
A Vanity Fair racconta anche il cambiamento che l’ictus del 2004 ha provocato in Bossi: «Aveva sempre tenuto separato il partito da parenti e amici. E se ora dice: "Ai ragazzi dovevo preferire la Lega", vuol dire che si è reso conto dell’errore».
Lei è d’accordo?
«Assolutamente. Io ho tre figli che non fanno e non faranno mai politica. Mia figlia è un’insegnante elementare precaria, è una sua scelta. Gli altri due studiano ancora. E tenerli lontano dai riflettori, per me, è una priorità»
Lei su Renzo aveva mai detto qualcosa a Bossi?
«Sì. C’erano già stati episodi che dovevano metterlo in allarme. Non gravi come quello che sta venendo fuori, ma i segnali c’erano».
Come s’immagina la Lega senza Bossi?
«Bossi resta, farà il presidente, non ha alcuna intenzione di mollare. Certo c’è bisogno di un ricambio generazionale: per fortuna abbiamo tanti giovani in gamba, la futura classe dirigente del partito».
C’è posto, tra loro, per Renzo il Trota?
«Forse non ci siamo capiti. Io parlo di quarantenni con vent’anni di Lega alle spalle, esperienza di amministrazione, equilibrio, maturità: i Tosi, i Cota, gli Zaia. Io stesso sono stato buttato a 37 anni a fare il parlamentare e dopo due anni ero ministro dell’Interno: mi sarei potuto schiantare se non avessi avuto, oltre alla fortuna, la capacità. La Lega deve tornare a essere il partito dove chi ha meriti emerge».
4 - TOSI, ORA NOMINARE IL PIU’ BRAVO, PER ME E’ MARONI
(ANSA) - "Se incominciamo a dire che deve essere veneto, allora la Lombardia può replicare che è grande il doppio". Così all’ANSA il sindaco di Verona, Flavio Tosi, riguardo alla candidatura a segretario del governatore Luca Zaia, lanciata dal segretario veneto Giampaolo Gobbo. Tosi, parlando a margine dell’inaugurazione dell’ufficio elettorale dell’ex assessore pidiellino Vittorio Di Dio, che in questa campagna elettorale è candidato nella lista civica del sindaco veronese, ha spiegato che "il ragionamento più logico é di dire di nominare il più bravo. La scelta del movimento non può essere quella di dire che ognuno si arrocca sulle sue posizioni, sostenendo che il segretario deve essere della sua regione. Deve essere il migliore".
Quindi Maroni? "La mia idea è quella lì, lo sanno tutti - ha risposto Tosi - però, ripeto: che sia il congresso a decidere il segretario migliore. Possono esserci anche più candidati, non è mica un’ipotesi sbagliata".