Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  aprile 08 Domenica calendario

Risalgono i volumi delle vendite allo scoperto - Il mattino del 22 novembre, Sam Weihagen ha acceso il computer e ha visto una linea diritta puntare a sud dello schermo

Risalgono i volumi delle vendite allo scoperto - Il mattino del 22 novembre, Sam Weihagen ha acceso il computer e ha visto una linea diritta puntare a sud dello schermo. Se lo aspettava, ma non con tanta decisione, quasi fosse la forza di gravità a disegnare il grafico di un titolo a picco. Era un’altra forza ad agire, quella delle vendite allo scoperto, hedge fund determinati a mettere fine all’agonia di Thomas Cook. Un nome mondiale del turismo finiva travolto da sè stesso e dalla speculazione, con una perdita, in poche ore, del 75% del valore di mercato. Maturava così un destino sbocciato in maggio quando un’azione su nove del tour operator, era stata ceduta allo scoperto. Sam Weihagen, ceo ad interim del gruppo, alle discese e alle risalite era quindi abituato, ma il baratro del 22 novembre rischiava di non essere più rimediabile: in quelle ore chi era "corto" sul titolo riuscì ad incassare una fetta consistente dei 60 milioni finiti nelle tasche degli hedge fund in soli cinque mesi, metà della capitalizzazione del gruppo. Grazie anche a questa piccola, ma significativa, operazione gli hedge sono riusciti a mettere una pezza a un anno pessimo. Il rendimento medio mondiale del Fondo dei Fondi, utile per capire l’andamento delle diverse strategie, è stato, nel 2011, negativo del 5,9 per cento. Vistosa eccezione nell’annus horribilis, secondo l’istituto francese Edhec-Risk, è stata lo short selling, linea strategica che ha reso il 6,5% a fronte di una media di rendimento dell’1% all’anno fatta registrare nell’ultimo decennio. Un boom. Lo "scoperto" paga, quindi, incrociando e influenzando la volatilità dei mercati. Nelle prime settimane del 2012 il trend s’è affievolito, confuso da una generalizzata ripresa. A gennaio, però, hanno tremato i gruppi britannici del retail. Sei delle dieci azioni più "corte" del Ftse all share, nelle prime settimane dell’anno, erano legate alla distribuzione. L’analisi dei flussi è firmata da DataExplorers, la società che monitora la dinamica dei titoli dati in affitto per essere venduti short. Le cessioni allo scoperto, lo ricordiamo, funzionano grazie al trading di titoli che non si possiedono ma si prendono in prestito. Vecchia pratica che conosce occasionali messe al bando. I flussi delle azioni che gli investitori di lungo periodo affittano tracciano il quadro di quanto, sta per accadere. Secondo DataExplorers il 18 gennaio – un giorno preso a caso – in cima alla lista delle società europee dello Stoxx600 che avevano il maggior numero di titoli in prestito, e quindi considerate dal mercato come le più "corte", c’erano Meyer Burger Tec con il 26,7% del capitale, seguita da Aixtron con il 21,9 e da Vestas con il 21,7. Quote enormi essendo la media attorno al 2,5% del capitale. «Le azioni affittate – dice Alex Borg di DataExplorers – erano in quella data il 10,84% di quelle disponibili, pari a 138 miliardi di dollari su un totale di 1500 miliardi mobilizzabili in Europa». Gli investitori istituzionali potrebbero gettare molta più benzina sul fuoco come fecero nella primavera del 2007 quando un quinto era short. E i fondi pensione con obiettivi di lungo periodo hanno interesse a farlo. Per dare un titolo in prestito si fanno pagare una commissione. Una volta era un business a basso profitto, ma non è più così. I big players del settore, a cominciare da Banca New York Mellon a State Street, che agiscono come custodi dei titoli, hanno visto le revenue aumentare fino al 20 per cento nel 2011. La crisi dell’eurozona e la volatilità conseguente hanno esacerbato il quadro giocando un ruolo nel boom di trading registrato, ad esempio nel mese di agosto, da Equilend, una delle piattaforme elettroniche su cui corrono le transazioni dei titoli in prestito. In un solo giorno sono stati scambiati 21,3 miliardi di dollari. Dinamiche che riportano all’eterno dilemma. Siamo di fronte a nuove vie per generare utili e liquidità o dinnanzi a speculatori, come si suol dire, senza scrupoli? «Thomas Cook – precisa Jane Fuller del Centre for studies of financial innovation – in realtà aveva da tempo un quadro di pesante indebitamento». Pesantissimo essendo dieci volte la capitalizzazione e questo, secondo una corrente di pensiero, renderebbe addirittura merito agli hedge che avrebbero "svelato" il caso di un gruppo in crisi. «Spesso – precisa Dimitri Vayanos docenti di finanza e direttore della scuola sul mercato dei capitali della London school of economics – sono loro a denunciare le bolle speculative. Anche se quando sfruttano la volatilità del mercato non rendono un buon servizio». Philip Augar, l’ex banker divenuto storico della finanza e autore di volumi come Chasing Alpha, la folle caccia al profitto estremo nelle trading room della City, cambia obiettivo. «Dal 2008 a oggi, più o meno, continua tutto come prima sul fronte delle vendite allo scoperto. Non ci sono regolatori interessati a cambiare le norme, ho visto interventi marginali. Shorting è un falso target, è un fenomeno sempre esistito. La verità è che cambia il concetto di proprietà. Oggi fra vendite allo scoperto e day traders, è in corso una tumultuosa mutazione della base azionaria che allarga il gap fra manager e shareholders. Si deve riformare la corporate governance, magari creando azioni con diritto di voto che non si possono cedere e azioni senza voto che invece si potranno affittare». Idee che rotolano su un mercato a cui non manca la fantasia. È di qualche settimana fa la notizia dello strumento finanziario ideato da Credit Suisse capace di replicare i guadagni potenziali che si farebbero stando "corti" su titoli coperti dal divieto. Mimano la dinamica senza colpire il titolo "protetto". «In realtà – aggiunge al Sole 24 Ore un banchiere che preferisce restare anonimo – strumenti del genere fatti su misura li offrono tutti». Operazione legittima, che conferma, però, la flessibilità di un mondo che corre sul filo delle regole. E talvolta rischia di superarlo con buona pace delle authority costrette a maneggiare una coperta eternamente troppo….corta. Leonardo Maisano