Paolo Rodari, il Giornale 8/4/2012, 8 aprile 2012
Ecco i disobbedienti che sfidano il Papa - Da come i capi delle principali diocesi del mondo stanno reagendo alle richieste, continue e in aumento, di rinnovamento e riforma che gruppi di fedeli di mezza Europa rivolgono loro perché le trasmettano in Vaticano, si può comprendere quali schieramenti si fronteggeranno in occasione del prossimo conclave che comunque, stando alle condizioni fisiche di Benedetto XVI, non dovrebbe avere luogo in tempi brevi
Ecco i disobbedienti che sfidano il Papa - Da come i capi delle principali diocesi del mondo stanno reagendo alle richieste, continue e in aumento, di rinnovamento e riforma che gruppi di fedeli di mezza Europa rivolgono loro perché le trasmettano in Vaticano, si può comprendere quali schieramenti si fronteggeranno in occasione del prossimo conclave che comunque, stando alle condizioni fisiche di Benedetto XVI, non dovrebbe avere luogo in tempi brevi. In Austria, Germania, Belgio, Irlanda, Svizzera, ma anche in diversi paesi anglosassoni, su tutti l’Australia, gruppi di fedeli spinti anche da diversi sacerdoti che la SantaSededefinisce «irrequieti»,chiedono alla chiesa di adeguarsi allo spirito dei tempi. «La situazione è drammatica», ha detto giovedì il Papa commentando proprio la spinta di questi gruppi che chiedono non solo l’abolizione del celibato sacerdotale vista come antidoto alle pedofilia nel clero, ma anche l’ordinazione sacerdotale femminile, la concessione dell’eucaristia ai divorziati risposati, un governo della chiesa più collegiale e con incarichi e compiti di sempre maggior peso lasciati ai laici. Se fino a qualche anno fa la leadership della chiesa cattolica, cardinali e vescovi insieme, vedeva contrapposte due fazioni, quella conservatrice e quella più progressista, oggi le cose sembrano cambiate. Ratzinger ha contribuito con le sue nomine a spostare «a destra » le gerarchie, ridisegnando il fronte del comando della chiesa in modo diverso rispetto al passato. Alla guida delle chiese locali che contano è sempre più difficile che vengano inviati vescovi cosiddetti del dissenso o della disobbedienza. Piuttosto, le nuove nomine sono state sotto il segno della fedeltà (più o meno aperta verso il mondo e le sue istanze) alla dottrina di sempre. Il discrimine risiede nel diverso approccio che gli stessi vescovi hanno rispetto alle sfide della contemporaneità. I fronti fra le gerarchie insomma sono due: conservatori aperti al mondo da una parte, conservatori in ritirata dall’altra. «Conservatori creativi e contemporanei contro tradizionalisti», ha scritto il vaticanista americano John Allen. Recentemente ha fatto scalpore la decisione del primate d’Austria, il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn, di accettare la nomina di Florian Stangl, omosessuale sposato civilmente con il suo compagno, a capo del Consiglio pastorale di Stützenhofen, paesino a nord di Vienna. Secondo diversi vescovi Schönborn ha sbagliato: certe concessioni confondono. Per altri, invece, il suo tentativo di apertura e disponibilità al dialogo è lodevole. Schö nborn non è isolato. Insieme a lui c’è un fronte di berrette rosse, molte europee, che ritengono sia opportuno la chiesa sappia offrire segnali di apertura un tempo impensabili. In Germania c’è il «pari grado » di Schönborn, il capo della Conferenza episcopale tedesca Robert Zollitsch, che recentemente ha parlato in favore delle coppie omosessuali e ha invitato la chiesa a rivedere il celibato ecclesiastico. Quanto alle unioni omosessuali ha detto che «se esistono persone con questa predisposizione, lo Stato può adottare le opportune regolamentazioni ». In Belgio il primate André-Mutien Léonard è di linea diversa. Ma i suoi confratelli no: la maggior parte dell’episcopato si ritrova vicina al predecessore di Léonard, il cardinale Godfried Danneels cioè a colui che alla chiesa di Giovanni Paolo II contrapponeva, con indubbia intelligenza e personale carisma, una chiesa di retrovia, di base. Una chiesa che, di fronte alle sfide del mondo, non rispondesse sfoderando la spada, piuttosto ritirandosi in se stessa. Anche in Irlanda soffia un vento nuovo. L’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin ha attaccato a testa bassa la curia romana in merito alla pedofilia nel clero. Ed è divenuto l’«eroe» del New York Times . È stata Maureen Dowd, lo scorso giugno, a rendere nota una conversazione avvenuta tra lei e Martin nella quale la columnist arriva a dire che «Martin, da sempre dalla parte delle vittime, è un outsider» di una gerarchia dove spiccano in negativo i nomi del cardinale Bernard Law, ex arcivescovo di Boston che a seguito del deflagrare in diocesi del problema pedofilia si trasferì a Roma, e di Angelo Sodano, l’ex segretario di stato vaticano «che difese il noto pedofilo e padre di più figli Marcial Maciel Degollado », fondatore dei Legionari di Cristo. Con Martin ci sono quei cardinali e vescovi ritengono sia arrivato il tempo di adottare la linea della trasparenza verso il mondo. Tra questi c’è anche l’arcivescovo di Boston Sean Patrick O’Malley il quale, in merito alla pedofilia, ha preso un’ iniziativa dirompente: sul sito web della propria diocesi ha pubblicato nomi e cognomi dei preti ( 159 in tutto) accusati di pedofilia dal 1950 a oggi.