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 2012  aprile 08 Domenica calendario

Gli hedge fund «ribassisti» sull’Europa - Gli hedge fund stanno tornando a cercare di dare spallate alla fortezza Europa

Gli hedge fund «ribassisti» sull’Europa - Gli hedge fund stanno tornando a cercare di dare spallate alla fortezza Europa. E non solo nei punti percepiti come più deboli. Un trend ormai più che indiziario, in un contesto generale in cui gli investitori hanno varie ragioni per essere meno ottimisti, dopo quasi tutto un trimestre in cui le euro-preoccupazioni si erano allentate generando una ripresa sia dei mercati azionari sia di quelli obbligazionari. «La speculazione è sempre vigile: non si è mai fermata, ma solo attenuata – osserva Angelo Drusiani, gestore di Albertini Syz – Molta finanza guadagna sulle inversioni di tendenza e tende a cavalcarle. Un segnale concomitante piuttosto chiaro arriva dal nuovo martellamento della stampa anglosassone, specie nei confronti di Spagna e Italia. La consolazione, ma non per gli esportatori nell’economia reale, è che l’euro probabilmente si indebolirà solo di poco, visto che non conviene agli Usa che ceda in modo accentuato». «L’attacco trova spazi di manovra in un periodo delicato sul piano politico e finanziario – dice un operatore italiano noto per le sue acute analisi – La Bce ha indicato di non montare altre difese e anzi di non voler fare un nuovo shopping di titoli. Il "firewall" è stato in teoria rafforzato, ma in modo non ancora operativo. Bisogna attendere quasi la fine di aprile per vedere come il Fondo Monetario rafforzerà la sua dotazione anti-crisi. Peserà poi per settimane il fattore elettorale: presenziali in Francia e voto nella Renania Settentrionale-Vestfalia, prima del quale la Merkel deve evitare di passare per lassista». C’è n’è abbastanza, insomma, per giustificare la teoria di chi vede in esaurimento la spinta propulsiva derivante dalle precedenti forti iniezioni di liquidità nel sistema da parte della Bce; o di chi insiste sulle relazioni pericolose create dalla "simbiosi" tra banche dell’Europeriferia (che hanno comprato titoli di stato con la liquidità addizionale) e bond pubblici: il calo dei titoli e gli intoppi sulle aste (specie le ultime in Spagna) gravano sulle banche e le penalizzano in Borsa, riverberandosi sull’andamento generale dei listini azionari. Così si spiega come, mentre le performance delle Borse extraeuropee sono rimaste relativamente robuste, molte piazze azionarie europee abbiano accusato di recente duri colpi, a partire dai tonfi di Madrid e Piazza Affari, dove aumentano i volumi sugli Etf ribassisti. Non giova che le proibizioni delle vendite allo scoperto sui titoli finanziari siano venute meno da fine febbraio. Sul clima generale potrebbero incidere anche i rinnovati venti contrari provenienti dagli States, che avranno una prima verifica domani (a mercati europei chiusi) in relazione all’ultimo dato deludente sull’occupazione. Per alcuni osservatori è già cominciata una correzione dell’azionario, dopo che solo all’inizio dell’ultima ottava l’indice S&P’s 500 ha toccato i massimi da quattro anni, per poi accusare la maggiore contrazione settimanale dell’anno. Sono in molti gli analisti che ipotizzano una stagione inferiore al consensus degli utili aziendali trimestrali, che inizia dopo Pasqua proprio con JPMorgan Chase, il colosso bancario Usa finito sotto i riflettori per il braccio di ferro in corso con gli hedge fund sulle posizioni ammassate dal suo trader Bruno Iksil a Londra su un maxi-indice di Cds. Peraltro non manca chi spera in dati macro deludenti (anche quelle attesi dalla Cina a giorni) e nei loro effetti sui mercati, perché possano diventare l’innesco di una nuova manovra di allentamento quantitativo della Fed, dopo che la reticenza emersa in proposito da parte della banca centrale Usa ha contribuito a ridurre la propensione al rischio degli investitori. «È sbagliato attribuire in toto agli hedge fund le rinnovate tensioni sui mercati europei – afferma Mattia Nocera di Global Selection Sgr – Almeno fino a poco tempo fa, non c’erano significative posizioni short. Appare piuttosto una tendenza generale degli investitori, hedge fund compresi, a rientrare da puntate più ’ottimiste’». Una combinazione di fattori politici ed economici, intanto, sta mettendo sotto pressione anche uno dei Paesi finora considerati nel nocciolo duro della moneta unica: l’Olanda. Da un paio di settimane il costo dei Cds sul debito olandese ha preso a salire, con gli spread sui quinquennali (rispetto ai Bund) intorno ai massimi storici e il differenziale sui decennali a 56 punti base rispetto ai 40 di inizio anno. Le previsioni di contrazione del Pil, le difficoltà del governo di minoranza a varare tagli per rispettare il target di deficit del 3% e i crescenti umori anti-euro in tutto lo spettro politico hanno indotto gli analisti di Citigroup a togliere ad Amsterdam lo status di membro «core» dell’Eurozona. Sotto osservazione speciale, dunque, saranno le sue emissioni di quinquennali di martedì, anche se certo meno delle nuove cruciali aste di metà settimana di titoli italiani. Stefano Carrer