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 2012  aprile 08 Domenica calendario

Ma di chi è la colpa se il Leone non ruggisce? - Un anno è passato dalla defenestrazione di Cesare Geronzi dalla presidenza di Generali

Ma di chi è la colpa se il Leone non ruggisce? - Un anno è passato dalla defenestrazione di Cesare Geronzi dalla presidenza di Generali. Che cosa è cambiato nella più grande assicurazione italiana? Nella forma molto. Non ci sono state più dimissioni di consiglieri, voti contrari sul bilancio, soffiate di verbali delle riunioni consiliari alla stampa, e critiche dall’Isvap. Nella forma Generali è ritornata ad essere gestita con la compostezza che l’aveva sempre contraddistinta. Ma nella sostanza, la situazione non sembra affatto migliorata. Non che Geronzi avrebbe fatto meglio (il suo compito non era operativo). Ma un anno fa la presunzione degli analisti era che «il presidente Geronzi continua a disturbare il lavoro di un top management molto capace». Oggi, 12 mesi dopo, possiamo dire lo stesso sul top management? La gestione degli investimenti finanziari, che rappresenta una parte importante del business assicurativo, solleva dubbi. A fine 2010 Generali aveva comunicato agli analisti «che avrebbe continuato a ridurre le sue partecipazioni bancarie». Si trattava di una buona strategia. Generali aveva già di suo una forte esposizione ai titoli sovrani italiani. Le partecipazioni bancarie non facevano altro che accentuare ulteriormente questa esposizione. Purtroppo, alle buone intenzioni non sono seguiti i fatti. Invece di vendere la sua partecipazione in Banca Intesa, Generali l’ha aumentata, sottoscrivendo in parte l’aumento di capitale. In questo caso la perdita finanziaria è stata limitata (solo una decina di milioni), ma ha lasciato il mercato confuso su quale sia la strategia di Generali. Ben più dolorose sono state le perdite sui tre miliardi di euro di titoli greci presenti in portafoglio al 31 dicembre 2010. Per quale motivo Generali aveva investito così tanto in titoli greci? La piccola sussidiaria greca non basta a spiegare l’entità dell’esposizione. All’investor day del 2010 Perissinotto aveva detto che «noi siamo investitori a lungo termine, prudenti, e conservatori». Generali si era anche giustamente vantata di essere rimasta fuori dagli investimenti in titoli subprime. L’esposizione ai titoli greci, che nel dicembre 2010 erano peggio dei subprime, fa dubitare che le fortunate scelte passate siano il frutto di un oculata gestione del rischio. Forse aveva ragione Giulio Tremonti: era solo scarsa conoscenza dell’inglese. Il problema non è solo l’investimento in quei titoli, ma la mancata vendita tra il dicembre 2010 e il luglio 2011, in un periodo in cui la Banca centrale europea stava comprando. Non era un mistero che la Grecia avrebbe fatto default. E non era mistero che la Bce stava sostenendo le quotazioni. Perché allora tenere quei titoli in portafoglio? Se Generali avesse venduto nella prima parte del 2011, le sue perdite sarebbero state tra il 30% e il 40%, contro il 75% a dicembre del 2011. In totale le perdite ammontano a 2,3 miliardi di euro, pari a 1,5 euro per azione. Ma - come ha scritto Repubblica - «l’amministratore delegato Giovanni Perissinotto è stato a suo tempo molto previdente aiutando i propri azionisti a non assumere troppi rischi». Come? Allocando parte di questi titoli (come altre partecipazioni strategiche poco fruttuose) alle gestioni patrimoniali degli assicurati. Non mi risulta che la società abbia mai smentito queste affermazioni. Avrebbe dovuto farlo, perché il ragionamento in esso contenuto è sia stupido che sbagliato. Stupido, perché i giornali li leggono anche gli assicurati. Se Generali alloca – come sembrerebbe dall’articolo - gli investimenti peggiori sulle polizze vita degli assicurati, chi vorrà mai assicurarsi con Generali? Sbagliato, perché in molte di queste gestioni Generali promette comunque un rendimento minimo, e quindi queste perdite alla fine vengono assorbite almeno in parte dagli azionisti. La cosa può sorprendente è che nonostante tutto il titolo Generali non è andato tanto peggio degli altri. Dalla defenestrazione di Geronzi il titolo ha perso "solo" il 26% contro 32% del Mib, il 20% di Axa, e l’11% di Allianz, che però è maggiormente esposta al più solido mercato tedesco. Questi risultati non troppo negativi in presenza di gravi errori sugli investimenti implicano che il business assicurativo è probabilmente gestito bene, ma c’è un problema al vertice. Rimane da stabilire se il top management è capace ma troppo ingessato dall’influenza di Mediobanca o se invece è il vertice responsabile di questi errori e Mediobanca è troppo timida nel cambiarlo. L’articolo 36 del decreto Salva Italia ci aiuterà a risolvere questo dubbio. Questo articolo impedisce ai vertici di un’impresa bancaria o assicurativa di sedere nel consiglio di amministrazione di altre imprese bancarie o assicurative concorrenti (e non controllate). Quindi o Mediobanca riconosce di controllare Generali (che a sua volta controlla Banca Generali in competizione con Mediobanca), con tutte le conseguenze che questo comporta, o i suoi vertici devono uscire dal consiglio. A questo punto Perissinotto non avrà più scuse: o migliora la gestione finanziaria o deve essere rimpiazzato. Luigi Zingales