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 2012  aprile 07 Sabato calendario

Rotelli e il peso della ricchezza sul «Corriere» - Ma perché un ricco si­gnore come Giuseppe Rotelli deve aprire il portafoglio e tirare fuori quasi sessanta milioni per aggiungere un’altra fetta della Rcs a quella di cui già dispone in portafoglio? Il medesimo signore, peral­tro, da pochi mesi ha messo in piedi il salvataggio del San Raffa­ele impegnando altri 400 milio­ni

Rotelli e il peso della ricchezza sul «Corriere» - Ma perché un ricco si­gnore come Giuseppe Rotelli deve aprire il portafoglio e tirare fuori quasi sessanta milioni per aggiungere un’altra fetta della Rcs a quella di cui già dispone in portafoglio? Il medesimo signore, peral­tro, da pochi mesi ha messo in piedi il salvataggio del San Raffa­ele impegnando altri 400 milio­ni. E ancora. Il medesimo ricco signore è stato finora trattato dal salotto buono che controlla l’azienda editoriale con una cer­ta sufficienza. Non è infatti nel patto di sindacato e, di fatto, ha zero voce in capitolo nella gestio­ne dell’azienda. Eppure, da ieri, è il primo singolo azionista, con più del 16 per cento, della Rizzo­li. Non che il suo precedente 11 per cento fosse poco: ma ora è an­che formalmente il più impor­tante azionista di via Solferino. Insomma, perché Rotelli valu­ta un miliardo di euro un’azien­da che perde quattrini e che in Borsa vale circa la metà? Diciamo subito una cosa. Rotelli è uno dei pochi im­p­renditori italiani che può definirsi autenti­camente liberale. Ma non come va di moda oggi definirsi: egli è un liberista convinto. Ha letto gli austriaci quando in Italia li tra­ducevano solo Liberi Libri e Rubettino e il suo professore, a Pavia, è stato un certo Bru­no Leoni. Si è permesso di mettere in lista per il board della Rcs (l’ultimo dei quattro previsti, come si conviene a un liberale) un giovane studioso come Alberto Mingardi, uno dei pochi esponenti del pensiero libe­rale- liberista del nostro Paese. Insomma, è difficile ritenere che i comportamenti del­l’uomo d’affari non coincidano con i suoi principi. E, anche se straordinariamente superiore al valore di Borsa, il pacchetto di azioni comprato da Rotelli è stato acquista­to per ragioni certamente di mercato. Il patto di sindacato che governa la Rcs, da cui è recentemente fuoriuscito con il suo 5 per cento Diego Della Valle, ha la mag­gioranza assoluta del gruppo. Ma è anche vero che il 16 per cento di Rotelli con le quo­te di Della Valle e quelle dei Benetton, rap­presenta una minoranza di blocco, giusto un filo sotto la soglia dell’Opa obbligatoria, che potrà nel futuro dire la sua. I rumors di mercato ieri vedevano anche Della Valle interessato alla quota poi acqui­stata da Rotelli. Può essere, e ciò spieghe­rebbe l’accelerazione nell’acquisto da par­te di Rotelli. Appare piuttosto scontato che l’imprenditore marchigiano non si dia per vinto. E che al momento opportuno inizie­rà a comprare. Certo non oggi e non ai prez­zi di Rotelli. Nei prossimi mesi non è da escludere che la Rcs debba infatti procede­re a un aumento di capitale. Proprio Rotelli aveva nel passato richiesto questa opera­zione di rafforzamento patrimoniale. Al­l’epoca fu sventata grazie all’annuncio di una procedura di vendita della controllata Flammarion ai francesi di Gallimard. Vi è stata una sofferta delibera (all’apertura del­le procedure di vendita) da parte di un con­siglio. Ma non è detto che il nuovo consiglio di amministrazione continui per quella stra­da. A quel punto verrebbero a mancare dai bilanci 300-350 milioni attesi dalla cessio­ne. Troppi per non procedere rapidamen­te a un aumento di capitale. E solo dopo l’ar­rivo delle risorse fresche si inizierà a balla­re davvero in Rcs. Con i valori dei titoli nor­malizzati e i soci più o meno diluiti. Il repentino rafforzamento di Rotelli fa capire come le forze in campo si inizino a schierare in vista della scadenza del patto di sindacato, che avverrà tra più di un an­no. Ma le pedine si muovono ora. Ps C’è una certa ipocrisia nella finanza italiana. Sempre più di frequente si consul­tano cacciatori di teste per trovare i vertici delle nostre principali aziende. Pensare che il presidente dell’Unicredit salti fuori dal cappello di Egon Zender (per citarne uno) è come credere che i regali di Natale li porti Babbo Natale. Anche per Rcs, a due settimane dall’as­semblea, non si è individuato un ammini­­stratore delegato. Nessuno crede veramen­te che possa sceglierlo un cacciatore di te­ste, nonostante sia stato già coinvolto. Qualcuno forse crede che Rotelli, ad esem­pio, in qualità di primo azionista della Riz­zoli, possa forse dire la sua sul nuovo capoa­zienda?