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 2012  aprile 07 Sabato calendario

«Sui soldi lanciai l’allarme. Fu inutile» - «Sta rompendo i c...», «che mer...», «devi dirgli (a Bossi, ndr ) che va mandato via», «la focaccia la porti solo quando cadrà la sua te­sta »

«Sui soldi lanciai l’allarme. Fu inutile» - «Sta rompendo i c...», «che mer...», «devi dirgli (a Bossi, ndr ) che va mandato via», «la focaccia la porti solo quando cadrà la sua te­sta ». Le sfuriate telefoniche di Belsi­to contro Castelli, controllore sec­cante dei suoi magheggi contabili, suonano come una medaglia per l’ex ministro di Lecco.Nel disastro generale della Lega-bancomat, Ca­stelli è uno dei pochi che esce be­ne. «Io ho provato a chiedergli con­to di quel che faceva, ma non ho tro­vato nessuna collaborazione». Non la insospettì questa reti­cenza? «Sìtant’è vero che mi definisce un “rompico...”, perché a partire dal 2011 gli ho chiesto la documenta­zione, ho la prova di tutto questo, lettere e mail, perché alla fine ci parlavamo così, questo per capire che rapporto c’era con Belsito». A Bossi riferì di queste difficol­tà? «Certo, informai il segretario». Ma lui lasciò Belsito al suo po­sto. «Per tutti, anche per me, Belsito era un buon amministratore». Anche dopo l’investimento di 6 milioni tra Tanzania e Cipro? «Dopo quel pasticcio fu proprio Bossi a darci mandato, a me e a Stif­foni ( l’altro del comitato ammini­­strativo, ndr ) di far tornare quei soldi, perché politicamente quel­l’operazione fu un errore. Ma Bel­sito non mi aiutò, perciò contattai Bonet (il trader dell’operazione a Cipro, ndr ) ». A quel punto avevate abbastan­z­a elementi per capire che Bel­sito stava facendo un gioco sporco. «Io non potevo sapere se lo faceva per nascondere azioni delittuose o per un eccessivo senso di riserva­tezza ». Bossi lo difendeva per coprire la sua famiglia? «Guardi se c’è una persona che al denaro non dà nessunissima im­portanza quello è Bossi. Per lui i soldi sono sempre stata la benzi­na da mettere nella macchina del­la Lega per fare politica, del resto non gli è mai importato nulla». Però dei figli sì, magari quello lo ha fermato. «Se vuole sapere il mio giudizio, se è successo veramente quello che leggiamo dalle carte, Bossi non sapeva nulla». Ma se sono vere? «La politica non si fa con i se. Ne ab­biam­o viste tante di inchieste par­tite col botto e finite nel nulla. Pen­siamo alla moglie di Mastella, a Ot­taviano Del Turco, Vittorio Ema­nuele ». Ma la Lega chiederebbe le di­missioni di Renzo Bossi dalla Regione e di Rosi Mauro dal Se­nato? «Maroni ha detto che va fatta puli­zia senza guardare in faccia a nes­suno. Condivido pienamente. Ma vanno dimostrate. Lei ha notato che quando si tratta di politici la frase di rito è “spero che possa di­mostrare la sua innocenza”? È un sovvertimento clamoroso del di­ritto, perché è l’accusa che deve provare la colpevolezza, mentre sono i politici a dovere dimostrare l’innocenza». È un complotto? «Calma, io non sono complottista, non dico che è un’azione politica». Ma? «Ma osservo molte cose strane in questa inchiesta». Quali? «È possibile che a febbraio, dopo la notizia della Tanzania, quando cioè si poteva facilmente immagi­nare che un­a qualche procura po­tesse interessarsi a noi, questi can­tano l’Aida al telefono e racconta­no per filo e per segno tutto? Qual­che dubbio a me viene». Cosa vuol dire, che sapendo di essere intercettati hanno in­ventato storie per inguaiare al­tri? «Dico che questi o sono degli sprovveduti oppure l’hanno fatto apposta». Lo vede che è complottista? «Non è vero. Ma le dico anche un’altra cosa strana. Sembra che in via Bellerio, prima dell’arrivo dei carabinieri, ci fosse già una troupe della tv. Provate a verificar­lo. Del resto sappiamo che alcuni pm amano essere al centro della scena». Ce l’hanno con voi? «Da sempre siamo odiati da tutti, se possono ci massacrano. Io lo di­co sempre ai miei: per evitare di of­frire al nemico una pistola carica dobbiamo essere inattaccabili, co­me la moglie di Cesare. Siamo sta­ti come la moglie di Cesare?». O più come la moglie di Bossi? «Le accuse vanno provate, io non ho visto nessuna prova finora». I pm parlano di soldi che anda­vano ai figli, alla moglie, al sin­dacato della Mauro. «C’è un gran polverone dove tutto sembra delittuoso. Ma non ci ve­do­niente di strano se la Lega finan­zia il sindacato padano o la scuola Bosina (della moglie di Bossi, ndr ). Il partito sceglie di usare i suoi soldi come gli pare». Le macchine dei figli, le lauree comprate all’estero? «Ripeto: devono dimostrare que­ste accuse, di-mo-stra-re». E Umberto Bossi? «È l’unico leader di partito che di fronte ad uno scandalo di questo tipo si è dimesso. Non mi risulta che Bersani si sia dimesso per lo scandalo Penati, Rutelli per quel­l­o di Lusi o Fini per la casa di Mon­tecarlo. Quando ce l’ha detto sia­mo rimasti di stucco, ma così ha salvato la Lega,era l’unico modo e lui l’ha capito prima di tutti». Ma se emergeranno responsa­bilità di Bossi. «La cosa diventerà pesante. Se in­vece finisce come le storie di Del Turco o Vittorio Emanuele non ve­do perché non possa ricandidarsi alla segreteria federale. Lo vorreb­be tutto il popolo leghista». Non è arrivata l’ora di Roberto Maroni? «Il congresso è sovrano e decide­rà. Per tutti noi, a cominciare da Maroni, Bossi non si è ritirato. Si è messo per il momento da parte». Ai leghisti nei comizi ora che gli raccontate? «Sono sconcertati, ma la loro fede è intatta». Tra un mese si vota. «Qualche contraccolpo ci potrà es­sere. Ma la padania è una grande idea, che va anche al di là della Le­ga ».