Sara Bennewitz, la Repubblica 7/4/2012, 7 aprile 2012
Lusso a prova di crisi la stagione d’oro delle griffe made in Italy – VESTITI, borse, scarpe, gioielli, prodotti per la casa
Lusso a prova di crisi la stagione d’oro delle griffe made in Italy – VESTITI, borse, scarpe, gioielli, prodotti per la casa. Nell’anno nero della crisi il made in Italy di lusso continua a crescere a doppia cifra. Batte il suo record. Il segreto è nei prodotti su misura, nel fascino dei beni evergreen e nella capillarità dei negozi monomarca aperti in tutto il mondo: così il settore resta impermeabile al ciclo economico. Di più: l’ultimo anno è stato il migliore della storia di tutte le aziende del lusso e anche il 2012 promette un nuovo primato. Ogni marchio ha la sua ricetta speciale, che si basa sulla qualità e la specializzazione degli ingredienti e delle manifatture e si alimenta di esportazioni. Si comincia con Prada che nel 2011 ha aumentato i profitti del + 72% per finire con Valentino che, dopo un lungo processo di ristrutturazione e rilancio, ha chiuso il 2011 con circa 22 milioni di margine lordo, riportando i conti in utile. E il principio funziona sia per i marchi italiani che per quelli francesi che da sempre spostano alcune produzioni in Italia, dove ci sono le competenze migliori. Una scelta fatta da Hermès che nel settore del lusso è il modello di riferimento. E ha spostato da poco nel nostro paese alcuni dei suoi prodotti per la casa. «Hermès produce là dove è garantita l’eccellenza del savoir-faire artigianale - spiega Francesca di Carrobbio, ad della maison in Italia - per questo a livello nazionale produciamo le calzature, l’abbigliamento uomo, la maglieria donna e dall’anno scorso anche la collezione di arredi per la casa». E precisa: «Nel 2011 abbiamo costituito una joint-venture con Dedar per la collezione di tessuti di arredamento e carte da parati». E se Hermès prende casa da noi, Gucci che si è trasferita a Parigi - confluendo dentro il colosso del lusso Ppr -, continua a mantenere il suo cuore a Firenze. «Oggi i consumatori vogliono conoscere bene il prodotto, sapere come è fatto e da chi è fatto - spiega Patrizio Di Marco, ad della società - In Gucci abbiamo una storia unica da raccontare, fatta di rispetto per la tradizione, leadership nella moda, tensione all’innovazione e responsabilità sociale». Ma se tanta parte della produzione del lusso mondiale è realizzata in Italia, oltre due terzi sono destinati alle esportazioni e anche quella piccola fetta venduta nelle vetrine di Via dei Condotti e Montenapoleone, spesso migra all’estero dato che è acquistata dai turisti. Con l’eccezione di Tod’s, che realizza ancora circa la metà delle sue vendite a livello nazionale, tutte le altre griffe sono grandi esportatrici. Perfino Cucinelli - che il 3 maggio debutterà a Piazza Affari per crescere all’estero - genera solo il 30,7% dei suoi 243,4 milioni di ricavi in Italia, una fetta che secondo Mediobanca è destinata a scendere al 20% nel 2014 quando le vendite del gruppo saliranno a quota 357 milioni. E le eccellenze nate dall’indotto del made in Italy, vanno allargandosi anche ad altri ambiti. Come Yoox, che riesce a vendere la moda su Internet agli americani (un po’ come i frigoriferi agli esquimesi) e ha trasformato gli Usa nel suo maggiore mercato di sbocco, e che quest’anno è stata premiata da Unicredit. «Le classiche tre A del made in Italy, hanno mostrato una crescita media di flussi a doppia cifra percentuale nel 2011 - dice Roberto Nicastro, direttore generale di Unicredit, istituto tra i più attivi nel servizio alle imprese italiane esportatrici - l’abbigliamento è andato bene, l’agroalimentare molto bene, solo l’arredamento un po’ meno».