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 2012  aprile 08 Domenica calendario

Cazzola: flessibilità addio, le imprese ora licenzieranno - Giuliano Cazzola, economista e parlamentare del Pdl

Cazzola: flessibilità addio, le imprese ora licenzieranno - Giuliano Cazzola, economista e parlamentare del Pdl. Sulla riforma del lavoro sono fioccati gli strali di Confindustria sulla stabilizzazione dei precari. «La flessibilità in entrata è da sempre il nostro cavallo di battaglia e l’articolo 18 ha dominato la scena ben oltre quanto fosse utile. La verità è che questa manovra è squilibrata: si è aperto un piccolo pertugio in uscita (con modifiche che sono più emblematiche che un effettivo superamento della rigidità), ma è inaccettabile la presunzione di illeceità di tutti i contratti flessibili. L’approccio del governo è di rivedere uno per uno tutti i rapporti di lavoro flessibili perché presuppone che siano fasulli». Non si può certo dire che gli imprenditori abbiano fatto un uso coscienzioso del lavoro flessibile. «Sì, ma non si può ribaltare l’onere della prova sul datore di lavoro. Esiste una giurisprudenza consolidata. Rimettere in discussione tutto in un periodo di crisi come quello attuale vuol dire allarmare le imprese, che licenzieranno. Non si può assumere solo perché la legge lo prevede». È questo quel che accadrà? «Vedo scenari molto negativi: si perderanno molti più posti di lavoro per questo che non per l’articolo 18. È un discorso che faccio da tecnico. Cambiare così profondamente le regole su pensioni, ammortizzatori sociali e rapporti di lavoro in un periodo di crisi è un’azione che rasenta l’avventurismo». Forse perché per anni ha dominato l’immobilismo. «Più che tecnici mi sembrano degli apprendisti stregoni. Non ha senso destabilizzare le imprese con tutte queste novità. Chi deve manovrare questi nuovi strumenti non sa come regolarsi». Ma la precarietà non è certo un’invenzione del governo tecnico. «Questo è assolutamente vero. E io non difendo gli abusi. Però è come dire alle popolazioni di Campania o Sicilia, dove esistono organizzazioni malavitose, di dimostrare di essere onesti, invece di perseguire i criminali». Ciò non toglie che i precari sono una realtà drammatica dell’Italia. «Il fenomeno è diffuso più al cinema o in tv. Il nostro vero problema non è la precarietà ma disoccupazione giovanile o il lavoro sommerso che aumenteranno. Le aziende di call center, accusate di sfruttare i giovani, oggi hanno 76 mila dipendenti di cui 30 mila co.co.co. Con questa riforma si ritroveranno a dover stabilizzare 30 mila persone. Non sono cose che si fanno per legge e con una legge giacobina». Cosa si dovrebbe fare allora? «La via maestra è prendere atto che i rapporti flessibili sono una realtà dell’economia e bisogna dare a tutti gli ammortizzatori sociali. La risposta non è farli diventare lavoratori stabili dando calci alle imprese ma dare loro maggiori tutele».