FRANCESCO SEMPRINI, La Stampa 8/4/2012, 8 aprile 2012
Istat: un milione di posti in meno tra 15 e 34 anni - È l’ennesimo paradosso all’italiana, è l’ennesima anomalia figlia della crisi
Istat: un milione di posti in meno tra 15 e 34 anni - È l’ennesimo paradosso all’italiana, è l’ennesima anomalia figlia della crisi. Più ci si avvicina all’età pensionabile e più cresce il numero di occupati. Mentre per chi accede o inizia la scalata al mercato del lavoro le opportunità calano impietosamente. Alla vigilia di Pasqua l’Istat riserva un’altra sorpresa amara al Paese già piegato da un cronico calo di giovani lavoratori e da un tasso di disoccupazione come non se ne sono mai visti in tempi recenti. Nel 2011 gli occupati tra i 15 e i 34 anni sono diminuiti di oltre un milione di unità rispetto al 2008, passando da 7,1 milioni a 6 milioni e 56 mila nel 2011. La contrazione è pari al 14,8% ed è il riflesso economico-sociale dello tsunami finanziario che dagli Usa ha investito l’Europa. Tra mutui subprime, derivati killer, titoli tossici e debiti a rischio «default», nel nostro Paese il conto più salato lo hanno pagato un milione e 54 mila ragazzi costretti a rimanere a casa. Un declino progressivo come suggeriscono i dati dell’Istituto nazionale di statistica: la flessione dei 15-34enni, in un solo anno, tra il 2011 e il 2010, è stata di 233 mila unità. Più si è giovani inoltre e più si è penalizzati visto che la contrazione tra i lavoratori dai 15 ai 24 anni, nel triennio considerato, è stata ancora più forte, pari al 20,5%, per un totale di 303 mila unità. Al contrario, più si è avanti con l’età e più c’è spazio nel mercato del lavoro italiano: tra il 2008 e il 2011 gli occupati nella classe d’età tra i 55 e i 64 anni sono aumentati del 15% dicono le medie annue aggiornate. L’incremento in termini assoluti è stato di 376 mila unità, passando da 2 milioni 466 mila a 2 milioni 842 mila nel triennio considerato. L’occupazione più matura registra inoltre una performance migliore tra le donne, salite in tre anni del 23% (+202 mila), rispetto all’11% registrato dagli uomini (+174 mila). È andata anche allo scaglione immediatamente precedente quello tra i 45 e i 54 anni cresciuto del 7,2% ovvero 435 mila unità. In sostanza, tra la popolazione attiva quindi i veterani risultano immuni alla crisi. Il quadro generale tuttavia non è certo confortante, visto che nel quarto trimestre 2011 il tasso dei senza lavoro è salito al 9,6% ai massimi dal 1999, mentre a febbraio si è attestato al 9,3% ai massimi dal 2004 quando sono iniziate le serie storiche mensili. Il dato più allarmante ancora una volta è il 31,9% di disoccupati registrato nello stesso mese per lo scaglione tra i 15 e i 24 anni (+4,1% su base annua). Ciò associato al calo al minimo degli ultimi tre lustri della propensione al risparmio delle famiglie, ovvero al 12%, fotografa perfettamente «l’emergenza Italia». «Se da una parte si contano un milione di under 35 occupati in meno in tre anni, dall’altra abbiamo tre miliardi di ore di cassa integrazione relative allo stesso periodo - avverte Vincenzo Scudiere, segretario confederale della Cgil -. Un combinato disposto che figura la pesantezza di una crisi che si abbatte principalmente sulle fasce più deboli, i giovani». E dinanzi a dati di questa portata e alle incertezze che pesano sulla riforma del lavoro per il primo sindacato italiano, tecnici e politici devono farsi un esame di coscienza e rimettere mano al ddl. Vanno riviste le norme per allargare e includere le parti più deboli», prosegue Scudiere, mentre per Felice Belisario dell’Idv, «se non si punta alla crescita scoppierà una bomba sociale». Proprio di giovani parla il premier Mario Monti il quale auspica un abbandono dei corporativismi il riferimento è anche alla Confindustria - e spiega che l’obiettivo del governo è di «tutelare e promuovere i giovani, non solo con la riforma del lavoro appena varata, ma con tutta la politica finora messa in campo». Ma è proprio la politica dell’esecutivo, in particolare sul tema lavoro, che proprio non va giù a Luigi Angeletti, il quale rimpiange persino il governo Berlusconi con cui «noi sindacalisti andavamo a nozze rispetto all’esecutivo tecnico perché trattare era molto più facile». Più che verso la riforma, il leader della Uil è assai critico nei confronti del ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che definisce «inadatta», chiedendone di nuovo il «licenziamento per giusta causa».