Anna Momigliano, la Lettura (Corriere della Sera) 08/04/2012, 8 aprile 2012
AL JAZEERA 2.0
Dieci anni fa era «la tv che manda in onda i video di Bin Laden», adesso Al Jazeera è «il network televisivo più innovativo dell’anno»: il giudizio arriva dalla Royal Television Society, l’osservatorio dei media britannico che lo scorso 23 febbraio ha assegnato due premi all’emittente basata in Qatar. Al Jazeera English, l’edizione anglofona che dal 2006 affianca quella in lingua araba, ha ottenuto il riconoscimento di «canale d’informazione dell’anno», battendo le concorrenti Sky News e Bbc grazie alla copertura in prima linea delle rivoluzioni mediorientali. Inoltre la trasmissione «The Stream», pionieristico format di giornalismo web-centrico, ha vinto il premio di «notiziario innovativo» grazie ai servizi sulle proteste nel Bahrein affidati quasi interamente a Twitter, YouTube e Skype.
Sarà l’effetto di piazza Tahrir, o il fatto che il modello televisivo tradizionale è in crisi, in ogni caso Al Jazeera sta conquistando una fetta di pubblico occidentale. Specie negli Stati Uniti, dove un anno fa il segretario di Stato Hillary Clinton ha detto, senza troppi giri di parole: «Se gli ascolti di Al Jazeera stanno salendo negli Usa, è perché si tratta di notizie vere. Uno può non essere d’accordo, ma ti dà l’impressione di stare ricevendo un’informazione vera 24 ore su 24, anziché milioni di spot pubblicitari, dibattiti tra teste pensanti e tutta quella roba che si vede nei nostri notiziari». Il verdetto di Clinton? In atto c’è «una guerra dell’informazione» e l’America la sta perdendo perché «non siamo riusciti a tenerci al passo con i tempi».
Jared Keller, analista di media e tecnologie per il mensile «The Atlantic», racconta a «la Lettura» che «il successo recente di Al Jazeera nel mercato mediatico americano» dipende dall’esasperazione di una fetta di pubblico nei confronti dei media nazionali: «Ci sono troppe fonti, troppi preconcetti, troppa fuffa. Anche Al Jazeera ha la sua dose di pregiudizi, ma è una boccata d’aria fresca rispetto al mercato americano».
Siamo lontani anni luce dal clima dell’amministrazione Bush, quando il Segretario della Difesa Donald Rumsfeld attaccava frontalmente Al Jazeera, definendo «disonesta, approssimativa e indifendibile» la sua copertura del conflitto in Iraq. «Siamo in un contesto geopolitico differente, il nostro sguardo nei confronti del mondo arabo è diverso» puntualizza la massmediologa Donatella Della Ratta, autrice di Al Jazeera. Media e società arabe nel nuovo millennio (Bruno Mondadori). «Anche il loro atteggiamento nei nostri confronti è cambiato: dopo le rivoluzioni del 2011, gli arabi guardano all’Occidente a testa alta».
Naturalmente, è cambiata anche la televisione basata in Qatar, che negli ultimi anni ha corteggiato il pubblico occidentale, puntando a un segmento giovane, liberale e «tecnologicizzato». Secondo Keller la strategia comunicativa di Al Jazeera sui social media (Twitter, Facebook e YouTube) è molto più avanzata rispetto alle sue concorrenti statunitensi come la Cnn: «I network tradizionali non riescono a superare la loro titubanza, mentre Al Jazeera non ha paura di mettersi in gioco in Rete», dice.
La Primavera araba, e il conseguente flusso di user generated content, non ha fatto altro che rafforzare una strategia di interazione tra media vecchi e nuovi stabilita molti anni prima. «Abbiamo cominciato a mettere insieme una squadra interamente dedicata ai new media nel 2006, e i social network sono stati integrati ufficialmente nel 2008», racconta Riyaad Minty, 28 anni, direttore del dipartimento social media di Al Jazeera: da sei anni il lavoro del team che dirige consiste nel trovare informazioni, video e immagini in Rete, assicurandosi però che possano essere verificate e contestualizzate da giornalisti. Esattamente quello che serviva per seguire la rivolta di piazza Tahrir: «Se negli ultimi tempi siamo stati bravi, è perché è un lavoro che dura da tempo».
Lo scorso anno alcuni telegrammi diffusi da WikiLeaks riferivano che l’emittente panaraba avrebbe ceduto alle pressioni americane ammorbidendo la copertura del conflitto in Iraq. La notizia ha portato alle dimissioni del direttore generale Waddah Khanfar (che, ironia della sorte, era il corrispondente da Bagdad quando Rumsfeld aveva attaccato Al Jazeera): adesso paradossalmente Al Jazeera è accusata di essere eccessivamente filo-americana, in alcuni segmenti del mondo arabo.
Altro paradosso: proprio mentre comincia a essere quasi cool agli occhi di un pubblico occidentale, Al Jazeera sta attraversando un periodo difficile nel Medio Oriente. Tra le critiche più frequenti c’è quella di fornire una copertura faziosa delle rivolte conto i regimi arabi, soprattutto in Siria, dove è accusata di sorvolare sulle violenze perpetrate dai ribelli. In protesta al dossier siriano, si sono dimessi tre dipendenti di Al Jazeera a Beirut: il produttore Mousa Ahmad, il capo dell’ufficio di corrispondenza Hassan Shaaban e l’inviato Ali Hashem. Quest’ultimo, in alcune email diffuse in Rete dagli hacker filo-dittatura, aveva accusato il network di stare «commettendo un suicidio giornalistico».
L’edizione araba di Al Jazeera, del resto, è sempre stata più polarizzante di quella anglofona: «Al Jazeera English ha ereditato il modello dei giornalisti britannici, maestri di imparzialità. Mentre l’edizione in lingua araba, pur essendo nata da una costola della Bbc, nel corso degli anni è cambiata, seguendo l’emotività del pubblico», racconta Della Ratta. «Nel caso della Siria è evidente che sta dalla parte dei ribelli».
Mentre in un primo momento questa strategia ha pagato, con il tempo gli spettatori si sono stancati: «Gli spettatori avvertono il bisogno di una copertura più morbida», una possibilità in più di fare breccia dal punto di vista dei nuovi network che stanno fiorendo in Medio Oriente. Il paradosso è che la rivolta di piazza Tahrir ha contribuito a portare la televisione made in Qatar nelle case di un pubblico occidentale. Ma alla fine, sostiene la massmediologa, «con le rivoluzioni arabe Al Jazeera ha perso terreno in casa».
Anna Momigliano