Sergio Bocconi, Corriere della Sera 07/04/2012, 7 aprile 2012
DELLA VALLE: NON CREDO AL «PASSO INDIETRO» FIAT E MEDIOBANCA VOLEVANO IL CORRIERE —
«Rotelli ha fatto bene, voleva azioni Rizzoli, vive sul mercato e le ha comprate. Si fa così quando si crede in un’azienda: si investe. Mi dispiace solo le abbia pagate il 20% in più dopo il rialzo di giovedì in Borsa». Accoglie così la novità sugli assetti del gruppo che pubblica il Corriere della Sera l’imprenditore della Tod’s Diego Della Valle, che mercoledì al termine del patto di Rcs Mediagroup che ha indicato i candidati per il consiglio con un mix di rappresentanti di soci e indipendenti, in aperto dissenso con le decisioni ha chiesto e ottenuto di svincolare le proprie azioni.
Pensa a un’alleanza?
«Con Rotelli abbiamo ottimi rapporti da tempi anche precedenti il suo ingresso nel capitale della Rizzoli. Siamo entrambi imprenditori che investono risorse proprie e vogliono avere voce in capitolo sulla gestione».
In realtà il mercato si attendeva un acquisto da lei, ora che è uscito dal patto.
«Non abbiamo ancora pensato a nulla. Perché oggi non è il momento migliore per comprare».
Però ha già detto che la partita non è finita.
«Essere uscito da questo sindacato con due anni di anticipo è un grande risultato: mi dà la possibilità di avere le mani più libere e di concentrarmi sul futuro del mio investimento. D’altro canto, quel che è accaduto in questi giorni con il patto che si è riunito tre volte per decidere è un chiaro segnale che questo accordo non va lontano. Anche altri componenti non sentono più necessità e motivazione di farne parte».
"Mani più libere" per fare cosa?
«Al di la delle boutade giornalistiche su operazioni aggressive in attesa della prossima assemblea, la mia visione va oltre: credo che una Rcs ben guidata possa essere un ottimo investimento, perciò mi comporterò di conseguenza».
Uscendo dal patto lei ha "sparato a zero" su chi ha guidato il cambiamento nella governance. Perché ha avversato la scelta di un consiglio composto per metà di indipendenti?
«Non avevo e non ho nulla in contrario all’ingresso di consiglieri indipendenti. Ma è stato un tentativo maldestro di mettere le mani su Rcs, finito in una frittata. Il punto di partenza era un board di soli indipendenti. Perché? Cosa c’è di meglio e più efficace di un azionista preparato che in consiglio partecipa alla gestione dell’azienda nella quale ha investito? E del resto Yaki Elkann è presidente della Fiat. Con la parola d’ordine del "passo indietro" dei soci, Yaki e in particolare il presidente di Mediobanca Renato Pagliaro hanno cercato di mettere le mani sul Corriere. Ma il tentativo è stato condotto in modo dilettantistico, visto anche soltanto che si è arrivati alla prima riunione del patto senza i nomi del presidente, dell’amministratore delegato e degli eventuali indipendenti, e non è riuscito. Per usare un’espressione cara in Piazzetta Cuccia, il risultato è un cappotto abbottonato male. Con la conseguenza che oggi ci sono meno azioni nel patto e più blocchi fuori».
Lei ha usato parole durissime contro Elkann e Pagliaro, che al contrario sono convinti che la nuova governance, con una separazione più netta fra proprietà e gestione, sia più adatta alle sfide del mercato.
«Guardi, non ho nulla di personale verso Yaki e Pagliaro. Il primo lo conosco da quando era bambino, il secondo l’ho frequentato spesso ed è una persona seria e onesta. Però ritengo siano inadeguati a gestire cose così importanti e articolate. Evidentemente qualcuno non ha capito che i tempi sono cambiati, il mondo va in un’altra direzione e soprattutto che in passato c’erano altri protagonisti a mettere in atto certe operazioni. Negli ultimi consigli Rcs ho pregato Pagliaro, magari con eccesso di chiarezza ma mai con astio, di farsi da parte. Ho visto Giovanni Bazoli in forte imbarazzo, sia per i metodi sia per la sostanza di questo tentativo maldestro portato avanti da altri. Ha cercato di rattoppare il guaio. Pur non essendo quasi mai d’accordo con Nanni (anzi, siamo due persone coerenti: abbiamo sempre avuto coerentemente idee diverse, pur stimandoci reciprocamente), devo dargli atto che non è stato lui a condurre la partita».
Ma Pagliaro si è detto contrario a Mediobanca primo azionista in Rcs.
«Al di là delle dichiarazioni di facciata, mi domando perché l’istituto voglia ancora detenere una quota in Rizzoli».
Lei è uscito anche dal patto di Mediobanca, pur restandone socio. La partita Rcs avrà conseguenze sul suo atteggiamento in Piazzetta Cuccia?
«In Mediobanca Alberto Nagel e Pagliaro quando erano direttori generali sono stati un punto di riferimento. Oggi penso ricoprano ruoli al di sopra delle loro capacità: non si può pensare che il mondo sia ristretto a quattro vie di Milano e non spazi dall’Italia al resto del mondo. E non basta, come in Rcs, essere azionisti di una società per considerarsi l’unico advisor. Mi auguro che nella prossima assemblea sappiano dire quali sono i progetti per il futuro e la missione dell’istituto».
E lei quale missione vede per Rcs?
«Non credo di esser il solo a pensare da anni che Rcs debba razionalizzare e rendere più efficiente la struttura attuale, abbassare l’indebitamento, e perciò insisto che bisogna vendere Flammarion e l’immobile di via San Marco, e preparare la Rizzoli dei new media»
E sugli assetti proprietari?
«Ritengo che tutte le società controllate da patti di blocco siano arrivate al termine. Le imprese sono sul mercato e del mercato e chi vi investe ha diritto di decidere le strategie. Io oggi ho preferito ricominciare un percorso da solo. Lascio qualche amico, rimasto pur senza tanta condivisione. Troverò il modo di rivederli altrove. O magari, più avanti, in Rizzoli».
Sergio Bocconi