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 2012  aprile 09 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA. CONTINUA IL TORMENTONE SULLA LEGA


CORRIERE.IT
MILANO - Dopo il padre lascia anche il figlio. «Mi dimetto», così Renzo Bossi ha annunciato durante un’intervista al Tgcom 24 di voler lasciare la poltrona di consigliere regionale in Lombardia. E Roberto Calderoli, uno dei «triumviri» che hanno preso il comando del partito al posto di Bossi Sr, invita anche Rosi Mauro «a lasciare» le cariche di vicepresidente del Senato e segretario del Sin. Pa. , il sindacato padano.
«SO COSA HO FATTO» - «Lascio senza che nessuno me l’abbia chiesto, faccio un passo indietro in questo momento di difficoltà, do l’esempio», ha detto ancora Bossi jr. Poi Renzo ha spiegato di aver fiducia nella magistratura: «Sono sereno, in consiglio regionale negli ultimi mesi ci sono state diverse vicende giudiziarie che hanno portato a indagare più di una persona, io non lo sono ma credo sia giusto e opportuno in questo momento per il mio movimento, fare un passo indietro». Per quanto riguarda le dimissioni da segretario di Umberto e sul futuro della Lega, il Trota (questo il soprannome affibbiatogli nel 2008 dal padre) ha spiegato: «È stata una scelta difficile fatta per salvare il movimento e dare alle domande che tutti si pongono, le risposte che nel giro di poco tempo si avranno». La notizia arriva dopo la tempesta che ha travolto via Bellerio a seguito delle indagini sull’utilizzo per fini personali dei finanziamenti pubblici ai partiti. Numerose in questi giorni sono state le proteste di una parte del movimento leghista che chiedeva (e chiede) le dimissioni sia di Renzo Bossi che di Rosi Mauro.
Renzo Bossi al suo debutto in Consiglio regionale «STUFO DEL LAVORO»- E non è mancata la spiegazione del gesto fornita dal Senatùr, all’uscita della casa di Gemonio: «Ha fatto bene, erano due o tre mesi che mi diceva che era stufo di stare in Regione, non si trovava». E stupito di questa stanchezza si è dichiarato Stefano Galli, capogruppo della Lega Nord in consiglio regionale. «Domani mattina Renzo Bossi formalizzerà ufficialmente le sue dimissioni. A me però non aveva mai manifestato la voglia di lasciare il consiglio regionale, poi se ne ha parlato in famiglia, questo non lo so», ha detto, «francamente io non me lo aspettavo».
CALDEROLI «DIMISSIONI ROSI? AIUTEREBBERO»- «Le dimissioni di Rosy Mauro? Vale lo stesso ragionamento che ha fatto Renzo Bossi. È un gesto di responsabilità, difficile, ma che aiuta il movimento a superare una fase del genere». Questo il pensiero del «triumviro» Calderoli. Rassegnando le dimissioni da consigliere regionale, «Renzo Bossi ha fatto un gesto responsabile e sofferto che però dà una mano a tutti noi e alla Lega a superare questo momento. A fronte di queste accuse e attacchi, dimostra un senso di responsabilità. Quanto allo stato di salute della Lega, Calderoli è fiducioso: «Oggi ho visto Bossi. Il Capo è il solito combattente -assicura - martedì incontrerò Manuela Dal Lago e Roberto Maroni. Ci stiamo muovendo. Sono convinto che ci sia passato sopra uno tsunami e ora dobbiamo dimostrare di essere come il Giappone che ha saputo ricostruire e non come le baracche che purtroppo sono ancora in piedi in tante zone terremotate di casa nostra».
L’ironia del web
«ROSI MAURO? POI VEDIAMO» - A differenza di Calderoli, sull’ipotesi di espulsione dalla Lega di Rosi Mauro e altre figure che risultano coinvolte nello scandalo giudiziario che ha colpito la Lega, l’ex segretario Umberto Bossi è evasivo: il Senatur ha risposto «poi vediamo» ai cronisti che gli chiedevano un commento. E intanto gli occhi sono puntati sulla manifestazione che si terrà martedì a Bergamo per l’«orgoglio leghista dopo gli scandali che stanno travolgendo il Carroccio. «Sarà in quella sede che i militanti avranno le loro risposte». È quanto garantito da Roberto Maroni che domenica ha voluto far sentire la sua voce su Facebook.
Salvini: «Ora aspettiamo anche gli altri»
LE REAZIONI - Poi a commentare la notizia su Twitter è il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni: «Leggo l’annuncio delle dimissioni di Renzo Bossi dal Consiglio regionale della Lombardia. Bene così». Su Facebook, invece, di altro tenore è l’esternazione dell’europarlamentare Matteo Salvini: «Un vero peccato...». Su Facebook si è poi scatenata l’ironia di tanti militanti, quasi tutti contenti (tranne qualche attendista) del gesto deciso da Bossi Jr. Sulle pagine di alcuni esponenti della Lega, commenti ironici del tipo «Siamo tutti dispiaciuti!» o «e ora bandiere a mezz’asta?». E ancora «Un vero peccato... carismatico, colto e onesto«, e »sto piangendo». Tra gli altri compaiono anche vari post in cui si auspica che «il buon esempio venga seguito anche da Rosy Mauro».
Le migliori uscite di Bossi jr
CARRIERA SCOLASTICA E GAFFES - Renzo è nato a Varese nel 1988 ed è stato coinvolto nelle vicende della Lega fin dagli albori. Molto spesso a fianco del padre soprattutto dopo la malattia che lo colpì Umberto nel 2005. A gennaio 2009 è stato nominato membro dell’Osservatorio della Lega Nord sulla trasparenza e l’efficacia del sistema fieristico lombardo, nomina che ha attirato non poche accuse di nepotismo. Alle elezioni regionali lombarde del 2010 è stato candidato dalla Lega Nord nel collegio provinciale di Brescia. La candidatura, ad appena 22 anni e senza che la sua travagliata carriera scolastica lasciasse presumere una specifica preparazione politica, suscitò critiche per quello che appariva come un palese esempio di nepotismo, in contrasto con le posizioni precedentemente adottate dalla Lega. Renzo Bossi fu comunque eletto consigliere regionale con 12.893 preferenze, sarcasticamente attribuite da alcuni critici ai «voti dei compagni di classe». Celebri anche le sue gaffe: nell’agosto 2009 si iscrisse al profilo di Facebook della Lega Nord Mirano, in cui compariva un manifesto autoprodotto con lo slogan "legittimo torturare i clandestini". Successivamente fu oggetto di dure critiche per aver pubblicato sulla rete sociale Facebook un gioco, Rimbalza il clandestino, il cui scopo era allontanare dalle coste dell’Italia vari gommoni di immigrati.

LE CONFESSIONI DI MARMELLA, AUTISTA DI RENZO
ESCLUSIVO – L’autista di Renzo Bossi a Oggi: “Ritiravo contanti per le sue spese personali”
Alessandro Marmello, autista e bodyguard di Renzo Bossi, si confida con Oggi: «Non voglio continuare a passare soldi al figlio di Umberto Bossi in questo modo: è denaro contante che ritiro dalle casse della Lega a mio nome, sotto la mia responsabilità. Lui incassa e non fa una piega, se lo mette in tasca come fosse la cosa più naturale del mondo».
«Non ce la faccio più, non voglio continuare a passare soldi al figlio di Umberto Bossi in questo modo: è denaro contante che ritiro dalle casse della Lega a mio nome, sotto la mia responsabilità. Lui incassa e non fa una piega, se lo mette in tasca come fosse la cosa più naturale del mondo. Adesso basta, sono una persona onesta, a questo gioco non ci voglio più stare». Lo dichiara al settimanale Oggi in edicola da martedì 10 aprile Alessandro Marmello, autista e bodyguard di Renzo Bossi. Marmello, che ha documentato le sue affermazioni anche con una serie di video visibili da martedì sul nostro sito, racconta la sua versione dei fatti in una lunga intervista.
“RITIRAVO FINO A 1.000 EURO, ANCHE PIU’ VOLTE AL MESE” - Marmello ha lavorato come autista di Renzo Bossi per tre mesi nel 2009. «Il contratto a progetto era emesso dal Gruppo Lega Nord Padania Camera dei deputati e intestato all’allora capogruppo Roberto Cota, che oggi è il governatore del Piemonte». All’epoca Renzo Bossi non aveva cariche ufficiali.
Dall’aprile 2011 Marmello è stato assunto dalla Lega, racconta, «con un contratto a tempo indeterminato emesso direttamente dalla Lega Nord Padania. E firmato dal tesoriere Francesco Belsito. Da quel momento avrei avuto disponibilità di denaro contante per le spese relative al mio servizio. Ogni volta che avevo bisogno di soldi per fare benzina, oppure pagare eventuali spese per la manutenzione dell’auto, ma anche per pagare il ristorante quando ci trovavamo, spesso, fuori Milano, potevo andare direttamente all’ufficio cassa alla sede della Lega, in via Bellerio, firmare un documento che non prevedeva giustificazioni particolari, era praticamente un foglio bianco, e ritirare ogni volta un massimo di 1.000 euro. Anche più volte al mese. Il fatto è che questo denaro mi veniva dato come corrispettivo degli scontrini e delle ricevute che presentavo. E tra queste ricevute molte mi erano state date da Renzo per coprire sue spese personali».
“I CONTANTI SERVIVANO PER LE SUE SPESE PERSONALI” - Spiega Marmello: «Poteva essere la farmacia, ristoranti, la benzina per la sua auto, spese varie, cose così. Insomma, quando avevo finito la scorta di denaro andavo in cassa, firmavo e ritiravo. Mi è capitato anche di dover fare il pieno di benzina pure per la sua auto privata. Il pieno in quei casi dovevo farlo con i soldi che prelevavo in cassa per le spese della vettura di servizio. La situazione stava diventando preoccupante e ho cominciato a chiedermi se davvero potevo usare il denaro della Lega per le spese personali di Renzo Bossi. L’ho fatto presente a Belsito, spiegandogli che avevo pensato addirittura di dimettermi. Lui non mi ha dato nessuna spiegazione chiara. Io stavo prelevando soldi che ufficialmente erano destinati alle spese per l’auto di servizio ed eventualmente per le mie esigenze di autista e invece mi trovavo a passarne una parte a lui, per fare fronte anche ai suoi bisogni personali. Erano spese testimoniate da scontrini che spesso non riguardavano il mio lavoro. Non so se lui avesse diritto a quei soldi: tanti o pochi che fossero, perché dovevo ritirarli io? Ho cominciato ad avere paura di poter essere coinvolto in conti e in faccende che non mi riguardavano, addirittura di sperpero di denaro pubblico, dal momento che i soldi che prelevavo erano quelli che ritengo fossero ufficialmente destinati al partito per fare politica. Soldi pubblici. Certamente, almeno credo, non spendibili per accontentare le spese personali di Renzo Bossi».

LUISA CORNA SMENTISCE: «QUELLA NOTTE NON ERO CON BOSSI»
Luisa Corna parla con Oggi. E rivela finalmente la sua versione dei fatti su un rumors che la perseguita fin dall’11 marzo 2004, quando Umberto Bossi fu vittima di un ictus: da allora si sussurra che fosse in compagnia proprio di Luisa Corna…
“CHIARISCO PER LA PRIMA VOLTA” – «Questa storia mi ha rovinato l’esistenza», rivela Luisa Corna in un’intervista concessa a Oggi, in edicola da mercoledì. «Per la prima volta in questi termini, voglio chiarire una volta per tutte. Poi basta». Inizia così l’intervista di Luisa Corna, protagonista tra poche settimane del musical Pirates (LEGGI | VIDEO). «Umberto Bossi l’ho incontrato la prima e ultima volta a un concorso di Miss Padania. Ma più che conosciuto, l’ho intravisto», dice a Oggi la cantante e conduttrice televisiva.
“FERITA COME DONNA” - «Questa storia mi ha ferita come donna», prosegue Luisa nell’intervista a Oggi. «Io non sono una persona che fa certe cose per calcolo. Non è quella la mia natura, non ci penserei nemmeno». E poi: «Sono passata attraverso vari stati d’animo: dall’indifferenza alla risata, dal dire: “È terribile”, fino alle lacrime. Mi rivolgo a chi legge: non credete a questa voce, è falsa. Chi lo dice? Chi lo prova? Non c’è mai stato niente, mai una foto, mai perché credere ancora a una stupidaggine? … È pazzesco. È un passaparola che non ti risparmia. Il fatto è che certi ambienti, anche il mio, a volte sono davvero faticosi. E cattivi».

LA FIDANZATA DEL TROTA
BERGAMO - Umberto Bossi era preoccupato della vita pubblica dei figli già due anni fa. Il Trota, ventidue anni, usava una Porsche e le polemiche su di lui non mancavano dopo l’elezione in Regione. Il Senatur gli chiedeva sobrietà, sperava che non finisse invischiato nel gossip.
A parlare di quel periodo è Elena Morali, la bionda soubrette bergamasca che aveva frequentato Renzo Bossi per tutta l’estate del 2010. «Io ero fresca di partecipazione a "La Pupa e Il Secchione". Appena uscita dalla casa della trasmissione tv, mi aveva contattato. Ci siamo visti le prime volte tra Milano e Brescia».
Elena Morali, la ex del Trota Elena Morali, la ex del Trota Elena Morali, la ex del Trota Elena Morali, la ex del Trota Elena Morali, la ex del Trota Elena Morali, la ex del Trota
Un’estate in cui non mancarono gli inviti da parte del Trota per un viaggio insieme. «Più volte, direi. Mi invitava ad andare con lui a Bruxelles, in Sardegna, dove frequentava una casa con i fratelli e i cugini. Ma non c’è mai stata l’occasione di partire insieme, perché dopo aver partecipato alla trasmissione tv ero molto impegnata».
Solo un weekend in viaggio come una vera coppia, in una località che Elena Morali preferisce non rivelare. Ma anche molte singole serate in locali da vip. E tanti accenni al Senatur: «Renzo parlava spesso di Umberto Bossi. Un legame fortissimo. Lo seguiva appena poteva, era molto influenzato da lui, riportava spesso le sue parole. Addirittura direi che la figura paterna dava noia alla relazione...».
Il capo del Carroccio non apprezzava, forse, una soubrette televisiva come fidanzata del figlio. «Penso piuttosto che il papà di Renzo non avesse piacere a vedere il nome del figlio sui giornali, non voleva che finisse sulle riviste di gossip, chiedeva un profilo basso».
Il druido leghista si augurava già allora un cambio di direzione da parte del Trota, che ormai faceva parlare di sé. «Io ho conosciuto una persona umile, un Renzo Bossi non megalomane, mai un regalo costoso - secondo la pupa della tv -. Poi, certo... aveva a disposizione un po’ di case. Non voglio entrare troppo nel merito. Però mi ricordo la villa a Salò, o comunque in un paese di quella zona del Garda».
Una villa grande: è lì che torna la memoria di Elena. «Tante stanze, una piscina, l’aveva a disposizione quando voleva. Forse non era di sua proprietà, ma la usava e anche spesso». Non dovrebbe quindi essere stupita, la soubrette, dei fiumi di soldi alla famiglia Bossi di cui si parla in questi giorni. «Un po’ stupita lo sono, perché si parla di indagini giudiziarie. Con me Renzo non usava chissà quali auto. Una Smart, una Bmw, ma mi parlava della sua Porsche, oppure di suo fratello, che sulle Porsche correva».

L’AMANTE DI ROSI
MILANO - Uno di quei simpatici buontemponi che si vedono in pellegrinaggio a Graceland, tra pantalone bianco attillato, occhiale scuro e scarpe a punta: manca solo la capigliatura che culmina nella celeberrima banana.
ELVISIANO DURO E PURO - Altrimenti sarebbe un «elvisiano puro al 100%», Pierangelo Moscogiuri, in arte Pier Mosca. Ovvero il compagno ed ex-guardia del corpo della pasionaria della Lega, Rosi Mauro, addetto alla vicepresidenza del Senato ed aspirante cantante, ma soprattutto seguace duro e puro del Re del Rock. Come scrive nel suo sito personale, come dichiara in rare interviste. O come ha testimoniato Enzo Iacchetti, suo indimenticabile partner nella già proverbiale «Kooly Noody».
Il supermedley rock’n’roll di Pier "Elvis" Mosca IL SUPERMEDLEY - Tanto Elvisiano Pier che, cinque anni fa, per commemorare il 30° anniversario della morte del Re, si cimentò addirittura in un supermedley dedicato al suo idolo: da Don’t Be Cruel a Jailhouse Rock. Senza tralasciare intriganti escursioni Chuckberriane (Johnny B. Goode) e Billhaleyane (Rock Around the Clock). Lo sguardo è languido, la voce è abbastanza intonata (accento però alquanto padano e piuttosto improbabile), la pelvi si muove sinuosamente. Rosi non poteva che innamorarsi.

IL FUTURO DELLA LEGA È NELLE MANI DI MARONI
MILANO - Il futuro politico della Lega è nelle mani di Roberto Maroni. È quanto emerge da una analisi effettuata da Voices From the Blogs, l’osservatorio permanente sui social media dell’Università degli studi di Milano. L’osservatorio ha analizzato oltre 33 mila tweet pubblicati tra il 5 e l’8 aprile sulle reazioni dei leghisti alle dimissioni del Senatur dalla carica di segretario federale, la metà dei quali (16 mila) riflette l’opinione dei cittadini lombardi.
COLPEVOLE - Il 35,7% condanna tutti i dirigenti leghisti per lo scandalo sui rimborsi elettorali, ma i più colpevoli di tutti sono la famiglia di Bossi e il «cerchio magico» (21,5%), davanti allo stesso Bossi (17,4%) e all’ex tesoriere Francesco Belsito (5,7%). Un dato che tra i soli lombardi sale al 25,1%. Il 31,2% vede Bossi fare parte a tutti gli effetti della «casta».
MARONI - L’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni è il più indicato come prossimo capo della Lega (64,6%). Il dato però scende al 46,6% nella sola Lombardia, mentre cresce l’apprezzamento per il sindaco di Verona, Flavio Tosi. Bossi per il 29% di italiani e il 36% di lombardi non può essere considerato fuori dai giochi. Il giudizio sulla Lega si polarizza rispetto a gennaio: diminuiscono i neutrali, crescono gli ostili (dal 61,3% al 63,1%) ma anche i simpatizzanti dal 21% al 25,4%.
COTA - Anche Roberto Cota si esprime su Twitter: «Forza, ci è capitata questa prova durissima, faremo chiarezza e ci rilanceremo, più forti di prima!», scrive il presidente della Regione Piemonte che annuncia la sua presenza martedì sera a Bergamo alla festa dell’orgoglio leghista con Bossi e il nuovo triumvirato al comando della Lega (Maroni, Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago).

IL VENETO PUNTA SU ZAIA
SILVIA MADIOTTI
TREVISO — Alla fine il nome lo fa: Luca Zaia. E lo motiva: la base lo chiede. E addirittura scavalca la dichiarata indisponibilità del governatore spiegando che quando il partito chiama bisogna mettersi a disposizione. Sentire Gian Paolo Gobbo, segretario veneto della Lega, esprimersi in maniera così decisa è già una novità, figurarsi se il tema è la successione a Bossi: «Il Veneto ha tutte le caratteristiche per esprimere un segretario federale e l’uomo giusto potrebbe essere Zaia—ha detto sabato nella sua Piazza dei Signori a Treviso — e se lo chiede la base bisogna rispondere ». Non sarebbe nemmeno una candidatura estemporanea: «Ne stiamo ancora discutendo» sibila, quasi facendo balenare il sospetto che questo nome sia stato portato addirittura al Federale. Poco importa che anche sabato Zaia abbia ribadito ad AntennaTre che ne ha già abbastanza così, che deve già «risolvere troppi problemi in Veneto».
Le frasi di Gobbo (pronunciate, guarda caso, nell’anniversario del bombardamento della sua città) hanno l’aura di un’investitura proprio perché uscite dalla bocca di un uomo con l’allergia a taccuini, titoloni e annunci pubblici. Uno che, quando parla, lo fa per lanciare messaggi. «La Liga Veneta è la madre di tutte le Leghe, il Veneto ha posti rilevanti e di responsabilità. C’è grande orgoglio nel nostro territorio, altro che sudditanza nei confronti dei lombardi» ribatte a chi chiede più autonomia. «Siamo un movimento federale, ma abbiamo dimostrato di avere un peso notevole. Treviso, in particolare, è la segreteria con il maggior numero di voti, di militanti e con i migliori risultati». Forse sono solo parole che deve a una base delusa, forse sono qualcosa di più: un piano d’azione. Nel frattempo il triumvirato va bene, anzi, benissimo. «Ho sempre detto che per me sarebbe stata questa l’unica soluzione, anche se temporanea, con la presenza di un veneto. La Dal Lago farà bene». Zaia, quindi. Il figlio di una Liga Veneta uscita senza macchia dal fango lombardo, «uno dei giovani dirigenti che più stanno facendo crescere il movimento » riflette il segretario. Amato dal popolo, capace di rifondere fiducia nel Carroccio che esce a pezzi da via Bellerio prendendo il posto del leader spodestato dal nepotismo e dai presunti versamenti occulti di denaro pubblico. E checché ne dica il governatore, risoluto nell’escludere una sua candidatura in Via Bellerio, non sarà lui a decidere.
«Anch’io mi sono chiamato fuori diverse volte, non l’ho chiesto io di fare il segretario, ma se il movimento e i militanti chiamano bisogna rispondere». Gobbo, di solito, fa e non dice. Soprattutto, non ama i colpi di scena. Adesso però le cose sono cambiate perché al di là del Garda sta crollando il castello della famiglia Bossi e del suo entourage, e qualcuno deve prendere in mano la situazione. Riuscirà ad essere la Liga, che invece esce dalle vicende giudiziarie con la faccia pulita e un rinnovato orgoglio, internamente più forte ora che i cugini hanno dimostrato la fragilità degli uomini all’ombra del Capo? Qui non ci sono figli candidati in Regione, lauree comprate all’estero e case restaurate all’insaputa di tutti, né figure come Belsito che manovravano milioni di euro. Dei quali, lo dicono carte e bilanci, mai uno è arrivato in Veneto: le circoscrizioni all’asciutto, le sedi tutte in affitto e coi pagamenti in ritardo proprio perché di soldi non c’era neanche l’ombra. Anzi, l’unico veneto nell’occhio del ciclone, il senatore trevigiano Piergiorgio Stiffoni, sembra in grado di dimostrare la sua correttezza.
Due giorni fa, il presidente della Regione Zaia aveva chiesto più democrazia nel movimento, e un peso maggiore dei veneti nel direttorio. Forse non era a questo che pensava, non una candidatura designata proprio dal suo segretario. «Non so perché si continua a dire - sibila Gobbo - che serve più democrazia, ce n’è sempre stata nella Lega. Oggi la situazione è grave, sono giorni amari e chi ha sbagliato pagherà. Ma il simbolo e gli ideali della Lega restano. È la volontà di migliaia di persone che credono in un progetto». In tutto questo, il congresso nazionale è ancora un pensiero lontano. «È tutto da vedere - taglia corto -. Prima c’è il provinciale di Padova. Non sarò solo io a decidere la mia ricandidatura». Ieri sulle vicende giudiziarie del Carroccio è intervenuto anche Flavio Tosi, sindaco di Verona. «Come si fa a fare pulizia? Basta vedere dove sono i soldi usciti dalla Lega e chi li ha utilizzati e quelli se ne vanno dal partito».
Silvia Madiotto