Elena Meli, Corriere della Sera 8/4/2012 (Pasqua), 8 aprile 2012
Una specie di Truman show medico, il primo della storia. Per 14 mesi la salute di un uomo è stata seguita passo per passo da un gruppo di biologi, che però, per spiare che cosa accadeva all’interno del suo corpo, non hanno usato telecamere ma sofisticate analisi biomediche in grado di capire come si modificavano nel tempo e in risposta agli eventi l’espressione dei geni, l’attività del sistema immunitario, il metabolismo
Una specie di Truman show medico, il primo della storia. Per 14 mesi la salute di un uomo è stata seguita passo per passo da un gruppo di biologi, che però, per spiare che cosa accadeva all’interno del suo corpo, non hanno usato telecamere ma sofisticate analisi biomediche in grado di capire come si modificavano nel tempo e in risposta agli eventi l’espressione dei geni, l’attività del sistema immunitario, il metabolismo. Zero privacy, ma i ricercatori sono riusciti a intercettare sul nascere l’inizio del diabete dell’uomo, che così ha potuto correre ai ripari prima che la glicemia alta facesse danni. La cronaca di questo esperimento senza precedenti, pubblicata sulla rivista Cell nelle scorse settimane, è narrata in prima persona dal protagonista dello "show", nonché capo del laboratorio in cui sono state condotte le analisi, Michael Snyder. Il genetista 56enne, direttore del Centro per la Genomica e la Medicina Personalizzata del l’Università di Stanford in California, spiega i motivi, molto pratici, che lo hanno spinto a essere lui stesso la "cavia" del suo studio: «Avevamo bisogno di qualcuno che fosse sempre a disposizione per i necessari prelievi e controlli, ma soprattutto non potevamo rischiare di mandare all’aria tutto il lavoro se avessimo scoperto qualcosa di spiacevole sulla salute del nostro volontario e lui si fosse ritirato. Io ero la persona più adatta, perché, certo, non mi sarei tirato indietro. In più sono curioso: non mi è sembrato né sgradevole né imbarazzante stare "sotto al microscopio", volevo vedere che cosa mi sarebbe successo». Innanzitutto, Snyder si è fatto "leggere" il genoma attraverso una procedura che ne ha rivelata la sequenza con elevata accuratezza: il passaggio è servito per capire a quali malattie era predisposto sulla base dei geni. Già qui, le prime sorprese: oltre a indicare un maggior rischio di carcinoma delle cellule basali della pelle e una tendenza ad avere il colesterolo alto (confermata dalle analisi del sangue e curata di conseguenza), il profilo genetico segnalava un rischio superiore alla norma di ammalarsi di diabete di tipo due. «Mi è sembrato strano: nessun caso in famiglia, nessun fattore di rischio» racconta Snyder, che è magro, non fuma, ha l’aria di essere quanto di più lontano dal candidato-tipo al diabete. Eppure, dopo un iniziale scetticismo, il ricercatore ha deciso di fare attenzione al metabolismo degli zuccheri durante tutto il corso dell’esperimento, che è proseguito con la realizzazione del cosiddetto Profilo Personale Omico integrato. Il nome indica che si è andati oltre il genoma, per analizzare gli altri grossi sistemi integrati dell’organismo: il trascrittoma (ovvero ciò che dal Dna viene realmente trascritto in Rna, molecole "messaggere" che portano alla produzione delle proteine), il metaboloma (i metaboliti), il proteoma (le proteine) assieme agli anticorpi del sistema immunitario. Attraverso 20 prelievi di sangue i biologi hanno osservato come si modificavano nel tempo decine di migliaia di variabili molecolari dell’organismo di Snyder. Il risultato è un quadro dinamico che racconta come il corpo del genetista ha risposto ad alcune infezioni e all’avanzare del diabete, che si è puntualmente presentato nell’arco dell’esperimento. Tutto è iniziato nel giorno 289, quando Snyder si è beccato il virus respiratorio sinciziale. Il suo sistema immunitario ha reagito ordinando un aumento dell’espressione di circa 2000 geni, mentre altri 2200 sono stati silenziati; fra questi c’erano anche geni coinvolti nella risposta all’insulina, inoltre Snyder ha prodotto auto-anticorpi diretti contro una proteina che si lega al recettore dell’ormone ed è essenziale perché questo funzioni. «Nel giorno 301 i sistemi di regolazione del glucosio hanno dato i primi segni di anormalità e di lì a poco la glicemia è salita molto. Il mio medico ha diagnosticato il diabete nel giorno 369» riferisce. Aammette Snyder: «Nonostante tutto, me lo aspettavo. Di norma, vado dal medico per i test del sangue e un check-up ogni due o tre anni: in circostanze normali avrei scoperto di essermi ammalato dopo uno o due anni. Vedendo la malattia mentre si sviluppava ho potuto cambiare la dieta e aumentare l’attività fisica: nel giro di sei mesi la glicemia è tornata normale senza prendere farmaci». Snyder osserva che tuttora non ci sono certezze su una correlazione fra infezioni e diabete, ma almeno nel suo caso ritiene probabile che il virus abbia agito da fattore scatenante in una persona geneticamente predisposta ad ammalarsi. Comunque siano andate le cose, si tratta della prima volta in cui si è vista nascere una patologia complessa in tempo reale, svelando a livello molecolare che succede quando si è sani e quando ci si ammala. E questo secondo Snyder è la base per la medicina del futuro. «Oggi andiamo dal medico e lui controlla qualche decina di parametri. Ma potremo valutarne migliaia, se non milioni, e avere un quadro molto più chiaro del nostro stato di salute — spiega il ricercatore —. In futuro magari non sarà necessario sondare decine di migliaia di dati come nel mio caso, può darsi che i fattori davvero essenziali siano solo una piccola parte: studi come il nostro servono a capire quali sono». «Le informazioni ottenibili con un Profilo Personale Omico integrato possono realmente servire a gestire in maniera attiva la propria salute — conclude Snyder —. Certo occorre tener conto delle preoccupazioni del paziente: in pochi vogliono sapere se si ammaleranno di qualcosa che non potranno curare. Perché questa mole di informazioni possa essere utilizzata al meglio è indispensabile che medico, genetista e paziente interagiscano e collaborino».