Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  aprile 05 Giovedì calendario

MA COME “POSTI” BENE BELLA BIONDA NON ESISTI, MA LI FREGHI TUTTI

Ma tu la conosci Martina Alice De Carli?”. Pausa. “Mi ha chiesto l’amicizia su Facebook. Hai visto quanto è bella?”. Occhi sognanti, bugie coniugali, schermaglie amorose all’orizzonte. Nelle redazioni, in Transatlantico o nelle sedi del Pd, l’alba del giorno dopo è un’inconfessabile delusione.
Martina Alice De Carli, loquace nuotatrice tra le ingannevoli onde del web, non abita più qui e giornalisti, assistenti parlamentari e politici, persi dietro le chiome di una cresciuta Lolita del ’79 col vizio del furto d’identità, non sanno se sentirsi più orfani o coglioni. Avevano tentato di incontrarla. Respinti. Così si erano consolati con la virtualità. A scoprire il falso (elaborato, con tanto di amici, incontri e pseudo-vita sociale della ragazza) è stato Marco Esposito di The Week, incuriosito da un articolo pubblicato, a firma della ragazza, dall’Avanti Online sui giovani dalemiani .
LE IMMAGINI del profilo di Martina Alice De Carli erano un’illusione. Appartengono infatti a Ása Steinarsdóttir, giunco islandese che contattata dal Fattoa Reykjavík, di questo teatrino fuori latitudine non sa cosa pensare: “Una situazione folle, questa persona deve aver fatto una specie di giochino con il mio profilo. Sono senza parole, la rete è piena di situazioni inaspettate”. Poi la chiusura: “Spero di essere al sicuro se decido di venire in vacanza in Italia”. Il manifesto di uno humour alieno a chi di questa storia, tra blog e social network discute da ore. Nel tramonto di Martina Alice De Carli, infatti, non c’è traccia di situazionismo. Niente Luther Blisset e nessun inventore di interviste compiaciuto alla Tommaso De Benedetti. Neanche lo straccio di una rivendicata provocazione poetica o il vago afrore del doppio, tema che pure da Plauto al Norman Bates di Hitchkock è stato dibattuto, studiato, abusato. Nessuno spirito anarchico. Una delusione. Al telefono di De Carli in mattinata risponde un’amica. Lei è in fuga. La portavoce sostiene che la vera Martina sia disperata, dispiaciuta e sotto choc. Che l’appropriazione delle foto di Asa fosse solo uno scherzo, la spia di un’innocenza fuggita di mano e che dietro l’aspirazione ad apparire diversa si celasse un dolore vero, una malattia, un’incapacità di esistere. Se adombri il ricatto (il profilo di Martina è stato cancellato, ma qualcuno avrebbe potuto archiviare profferte anche compromettenti) la voce anonima nega fermamente: “È un delirio”. Quando si tocca la politica poi, l’iniziale disincanto muta di segno: “Se questa storia deve proprio dimostrare qualcosa, allora possiamo dire che chi tocca D’Alema muore”. Tutto può essere, ma a un primo sguardo, per quanto caustico e irriverente fosse l’articolo pubblicato dall’Avanti Online e sensibile a tutto ciò che lo riguardi il presidente del Copasir, la riflessione suona risibile. Così nella confusione di genere, bisogna emigrare atterrando sul seguito blog di Paolo Cosseddu. Nel suo Popolino.org   (caratteri disneyani in linea con la fumettistica vicenda del profilo rubato) aveva scritto ieri che Martina De Carli era lui (scelse Madc l’acronimo di “maddeché”) e che pur avendo commesso reato non si aspettava di essere denunciato perché in possesso di un deterrente insuperabile: “L’archivio di tutti i tentativi di tacchinaggio più o meno molesto che un’enorme quantità di uomini, molti dei quali impegnati, mi ha fatto durante l’esistenza virtuale di Martina”.
PER PIGRIZIA o disattenzione gli avevano dato retta in molti, ignorando un altro post a stretto giro in cui Cosseddu smentiva la rivelazione e ammetteva la provocazione. Con aria distratta e un po’ annoiata l’animatore di Popolino.org   celia: “Ammetto che il mio trucco è stato sporco. Col senno di poi, se avessi saputo che una provocazione letteraria sarebbe stata interpretata come un ricatto non l’avrei scritta. Ma il fulcro della questione è altrove”. Nella leggerezza egotica, par di capire: “Con una smodata percezione di sé nessuno tra direttori di giornale, opinionisti e portaborse è stato così prudente da farsi due legittime domande su chi fosse davvero Martina”. E se Pippo Civati del Pd, amico di Cosseddu riflette: “Se il Pd non riesce a elaborare il lutto della De Carli sarà dura possa candidarsi alla guida del Paese”, Ma-rio Adinolfi che delle dinamiche 2.0 si intende è turbato “dalla faciloneria dei vanesi che pur avendo incarichi di responsabilità utilizzano internet senza accortezza. Un apologo pirandelliano”. Con Martina Alice De Carli aveva brevi scambi epistolari Stefano Menichini di Europa e per lavoro anche Giampiero Marrazzo, direttore dell’Avanti Online, il giornale che pubblicò l’ultimo pezzo di Martina. Marrazzo è sereno: “L’articolo era molto spiritoso, ebbe 12 mila visualizzazioni. Ha idea di quante proposte mi arrivino ogni settimana?” Lo rifarebbe?: “Un direttore ha il dovere di scegliere e difendere gli articoli che pubblica”. Ripetiamo la domanda, ma Marrazzo non cambia risposta.