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 2012  aprile 04 Mercoledì calendario

Il discutibile valore di Bentivegna stragista di via Rasella- Si è spento a 90 anni Rosa­rio Bentivegna che collo­cò e fece esplodere, il 23 marzo 1944, la bomba di via Rasella:33«territoriali»del bat­taglione Bozen, formato da altoa­tesini, rimasero sul terreno

Il discutibile valore di Bentivegna stragista di via Rasella- Si è spento a 90 anni Rosa­rio Bentivegna che collo­cò e fece esplodere, il 23 marzo 1944, la bomba di via Rasella:33«territoriali»del bat­taglione Bozen, formato da altoa­tesini, rimasero sul terreno. Per rappresaglia i tedeschi uccisero al­le Fosse Ardeatine 335 civili, ebrei prelevati dal carcere o resistenti rastrellati all’ultimo momento. La lista dei giustiziandi fu compila­ta dal colonnello Herbert Kappler che, mentre allineava i nomi, acca­rezzava un cane malato. Per la strage delle Ardeatine è tuttora agli arresti domiciliari, a Roma, l’ex capitano delle SS Erich Priebke che era in Argentina e del quale l’Italia ha ottenuto l’estradi­zione. Bentivegna era un combattente. Alla cui memoria, ieri, Giorgio Na­politano ha dedicato commosse fra­si di cordoglio. Di fronte alla morte ci si inchina, però alcune espressio­ni­usate dal presidente della Repub­blica - «resta indiscutibile il valore ideale del suo coraggioso apporto alla liberazione del Paese dalla ti­rannia nazifascista» - ci sembrano, anche in un momento come que­sto, troppo enfatiche e celebrative, e nello stesso tempo troppo lonta­ne dall’asprezza della polemica che attorno al gesto di Bentivegna è divampata.Era,ripeto,unuomoco­raggiosissimo. Ma anche i fanatici spesso lo sono. Per noi quella bom­baebbeunfinepolitico, nonfudial­cuna ut­ilità militare e causò la rispo­sta sanguinaria dei tedeschi. Si può giudicare quel gesto in vario modo, ma non ignorarne gli aspetti cupi e le conseguenze tragiche. Bentivegna, studente di medici­na, fu subito impegnato in un Gap, uno dei gruppi che procede­vano, anche contro la volontà dei comandi partigiani, ad atti terrori­stici. Collaborò con lui, in via Ra­sella, Carla Capponi che sarebbe diventata sua moglie- divorziò da lei una quarantina d’anni or sono - ed altri resistenti. In molti libri, e con una serie di iniziative giudizia­rie, Bentivegna si difese dalle accu­se che anche da sin­istra gli veniva­no mosse per aver attaccato i tede­schi nell’imminenza della libera­zione di Roma- che avvenne il giu­gno successivo - allo scopo politi­co e propagandistico di accresce­re l’odio verso l’occupante. Si af­fermò anche che i tedeschi avva­no affisso per tutta Roma manife­sti che intimavano agli attentatori di arrendersi e che Bentivegna, non facendolo, avesse causato l’eccidio delle Ardeatine. Questa versione dei fatti è infon­data. La ritorsione terribile fu ordi­nata a tambur battente e attuata in segreto. Tuttavia i gappisti - an­che questo è certo - non potevano pensare che l’attacco al Bozen, progettato ed eseguito mentre si negoziava per proclamare Roma città aperta e rivolto contro un re­pa­rto non impegnato nei combat­timenti, restasse senza conse­guenze per gli sventurati, ebrei e non ebrei, che erano in mani nazi­­ste e fasciste. L’azione avrebbe po­tuto avere un significato se si fosse collegata a un’insurrezione citta­dina: che la placida Città Eterna si guardò bene dal tentare. Un altro aspetto della strage, da Bentive­gna­sempre tenuto in sordina o su­bordinato a quelle che egli ritene­va esigenze insurrezionali, è che per effetto della bomba persero la vita anche un bambino e sei civili italiani (il comando partigiano so­stenne poi che i civili erano stati colpiti a morte nella sparatoria for­sennata cui gli uomini del Bozen s’erano abbandonati dopo lo scoppio). Nel suo li­bro Achtung bandi­ten Be­ntivegna ha ri­vendicato la legitti­mità anche mora­le dell’attentato: aggiungendo: «è veramente difficile dire DOPO se ci sa­remmo spontaneamen­te presentati ove ce ne fosse stata offerta PRIMA l’opportuni­tà ». Coraggiosissimo certo, Rosario Bentivegna. Ma anche un estremi­st­a che pur nella Roma ormai pre­sidiata dalle truppe alleate era pronto a sparare. Il 5 giugno del 1944 - l’ingresso delle truppe del generale americano Mark Clark era avvenuto il giorno prima- Ben­tivegna ebbe uno scontro a fuoco con il sottotenente Giorgio Barba­risi della Guardia di Finanza e con un militare che l’accompagnava. Secondo il racconto di Bentive­gna i due erano intenti a strappare dalle bacheche d’un edificio che ospitava il Pci e le rotative dell’ Uni­tà gli striscioni con la scritta «Viva gli eserciti alleati, viva l’Italia libe­ra ». Sia il Barbarisi sia Bentivegna, al cui fianco era ancora una volta Carla Capponi, erano armati e spa­rarono. Barbarisi fu fatto secco. Una Corte militare alleata conda­n­nò in primo grado Bentivegna a 18 mesi di carcere per eccesso colpo­so di legittima difesa, successiva­mente una Corte d’Appello lo pro­sciolse per legittima difesa, ordi­nandone la scarcerazione. In una pagina del volume L’Ita­lia della guerra civile - a quattro mani con Montanelli - avevo rie­vocato l’episodio accennando al­la condanna di primo grado, ma ignorando per negligenza l’asso­luzione piena. Bentivegna ci que­relò e dovette essere risarcito. Un combattente.