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 2012  aprile 12 Giovedì calendario

Cinquecento famiglie hanno più di 100 milioni Maschio, 65 anni almeno. Scordatevi Mark Zuckerberg o Roman Abramovich

Cinquecento famiglie hanno più di 100 milioni Maschio, 65 anni almeno. Scordatevi Mark Zuckerberg o Roman Abramovich. Il Paperone italico è quasi sempre un canuto signore ufficialmente in pensione. Lo dice una ricerca dell’Associazione italiana private banking, che al tema è particolarmente interessata. Banche e fondi di investimento li chiamano "high net wealth individuals". Sono quelli che dispongono di un patrimonio superiore ai 500 mila euro: in Italia le famiglie con un gruzzolo simile sono il 35 per cento del totale. Parecchie. E infatti siamo al decimo posto al mondo in questa speciale classifica. Peccato che messi a confronto con altre nazioni i nostri ricchi stiano diminuendo. Secondo l’ultimo rapporto di Merrill Lynch e Capgemini, che considerano i patrimoni superiori a un milione di dollari, mentre nel 2010 i Paperoni del globo aumentavano, quelli tricolore calavano del 4,7 per cento. Circa 8 mila ricchi in meno, superati intanto dagli australiani. Problema comune in Occidente? No, perché in Germania e Usa, dominatori della classifica, la categoria continua a crescere. Spiega Roberto Manini, vice presidente servizi finanziari di Capgemini Italia: "I nostri sono stati penalizzati dal calo del mercato azionario nazionale, maggiore rispetto a quello registrato nel resto d’Europa, e dalla contemporanea contrazione dei valori immobiliari". Ci sono ricchi e ultra ricchi, e in quest’ultima élite l’Italia non sfigura affatto: quasi 500 famiglie dispongono di un patrimonio superiore ai 100 milioni di dollari (vedi il grafico qui sopra). In cima alla piramide spiccano i 10 individui più ricchi del Paese che, come ha ricordato uno studio della Banca d’Italia, possiedono una quantità di beni equivalenti a quella di 3 milioni di italiani. La top 10 rivela lo stato dell’arte dell’economia nazionale. A parte la famiglia Rocca, proprietaria del gruppo Tenaris, mancano i titolari dell’industria pesante. Non ci sono nomi storici come Agnelli, Riva o Moratti. Che certo nel frattempo non sono diventati poveri, ma hanno lasciato spazio alle varianti del made in Italy, la moda e il lusso soprattutto, settori che meglio di altri si sono inseriti nella globalizzazione. Attenzione a non confondere redditi con patrimoni. Per i primi, secondo l’analisi del Dipartimento delle Finanze sulle dichiarazioni dei redditi del 2010, la forbice si sta allargando in modo preoccupante: basta dire che solo l’1 per cento dei contribuenti, circa 400 mila, supera i 100 mila euro all’anno, mentre oltre 14 milioni di persone dichiarano meno di 10 mila euro. I livelli di disuguaglianza patrimoniale, invece, sono "relativamente moderati, in linea con gli altri Paesi europei", secondo Bankitalia. Che sembrano più preoccupati da un altro aspetto: i ricchi sono sempre più vecchi, mentre dal 2000 a oggi i giovani hanno visto peggiorare costantemente il proprio patrimonio. Sostiene Giuseppe Roma, direttore generale del Censis: "L’impoverimento del Paese dipende dal mancato rinnovamento della classe imprenditoriale. Abbiamo poche aziende create da giovani, e questo dipende principalmente dalla difficoltà di reperire finanziamenti. Prendiamo le farmacie: il governo le ha liberalizzate, ma chi potrà comprare la licenza senza un finanziamento, solo i figli di farmacisti?".