Giovanna Cavalli, Corriere della Sera 05/04/2012, 5 aprile 2012
2 articoli – LASCIA LA COMMISSIONE SUI COSTI DELLA POLITICA: COMPITO IMPOSSIBILE — Nemmeno la statistica è un’opinione
2 articoli – LASCIA LA COMMISSIONE SUI COSTI DELLA POLITICA: COMPITO IMPOSSIBILE — Nemmeno la statistica è un’opinione. Impossibile confrontare in maniera attendibile le retribuzioni dei nostri parlamentari con quelle dei colleghi europei. I dati non sono omogenei. Oppure non ci sono proprio. Perciò la commissione Giovannini, guidata dal presidente dell’Istat, ieri ha definitivamente alzato le braccia. Rimettendo il proprio mandato nelle mani del governo. Non è così, a quanto pare, che si potranno tagliare le indennità di onorevoli e senatori, rispettivamente 11.283 e 11.550 euro lordi al mese cadauno. La commissione, istituita dall’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e confermata da Mario Monti, aveva il compito di calcolare una media ragionata degli stipendi di cariche elettive e organi istituzionali nei sei Paesi principali dell’area Euro, ovvero Francia, Spagna, Germania, Paesi Bassi, Austria e Belgio, rispetto al Pil (prodotto interno lordo). A cui livellare gli emolumenti italiani. «I dati erano inconfrontabili, ne sarebbe uscito un pasticcio», sintetizza Enrico Giovannini. Il compito si è rivelato impossibile perché «i vincoli della legge, l’eterogeneità delle situazioni e le difficoltà della raccolta dati non hanno consentito di produrre i risultati attesi». È che ogni Stato è organizzato a modo suo. Per cui «soltanto in nove casi su 30 è stato possibile stabilire una buona corrispondenza tra le istituzioni e gli enti italiani e quelle degli altri sei Paesi europei scelti per il raffronto». Come se non bastasse «per nessuno di questi nove è stato possibile acquisire, per tutti i Paesi indicati, né dati precisi né comunque ragionevolemente affidabili dal punto di vista statistico». Per altre 15 istituzioni sono stati trovati organismi omologhi qui e là, mentre sei degli enti presi in esame non esistono proprio da nessun’altra parte. Le indicazioni fornite alla commissione si sono rivelate impraticabili (i commissari dicono «obbiettivamente di difficile, se non impossibile, applicazione»), anche per la difficoltà oggettiva di ottenere le informazioni necessarie. Non sempre c’è stata la piena disponibilità delle autorità straniere a fornire le cifre disaggregate, necessarie per calcolare una retribuzione omnicomprensiva. Inoltre in molti casi la trasmissione di certe informazioni «sensibili» viene considerata lesiva del diritto alla privacy. E quindi è stata rifiutata. Insomma, quanto basta per minare alla base qualunque seria indagine statistica. Di qui l’impossibilità di «assumere qualunque provvedimento da parte della commissione ai fini previsti dalla legge». Conclusione peraltro anticipata già dal rapporto finale per il 2011. Il governo ha preso atto dello stop ma sostiene di non voler abbandonare l’impresa. «Proseguiremo la nostra azione» — si legge nel comunicato di Palazzo Chigi — «nell’obbiettivo di giungere ad una razionalizzazione dei trattamenti retributivi in carico alla amministrazioni pubbliche, tenendo conto dell’indisponibilità dei dati di riferimento negli altri paesi europei». Sciolta la commissione, la burocrazia prevede invece che il presidente, poiché è indicato per legge, resti comunque in carica. «Non posso dimettermi» conferma lui. Giovanna Cavalli