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 2012  aprile 05 Giovedì calendario

2 articoli – CASE, PORSCHE, LAUREE. LA LISTA DEI SOLDI AI BOSSI — È una fitta sequela di telefonate, intercettate dai carabinieri del Noe per la Procura di Napoli, a cogliere l’indagato tesoriere leghista Francesco Belsito mentre, sfogandosi al telefono in febbraio con la non indagata impiegata amministrativa leghista Nadia Dagrada, «rievoca tutte le elargizioni fatte ai Bossi e alla vicepresidente del Senato Rosy Mauro»; si vede consigliare di «fare tutte le copie dei documenti che dimostrano i pagamenti fatti a loro favore e di nascondere gli originali in una cassetta di sicurezza»; e «riferisce di essere in possesso di copiosa documentazione e di una registrazione compromettente per la Lega»

2 articoli – CASE, PORSCHE, LAUREE. LA LISTA DEI SOLDI AI BOSSI — È una fitta sequela di telefonate, intercettate dai carabinieri del Noe per la Procura di Napoli, a cogliere l’indagato tesoriere leghista Francesco Belsito mentre, sfogandosi al telefono in febbraio con la non indagata impiegata amministrativa leghista Nadia Dagrada, «rievoca tutte le elargizioni fatte ai Bossi e alla vicepresidente del Senato Rosy Mauro»; si vede consigliare di «fare tutte le copie dei documenti che dimostrano i pagamenti fatti a loro favore e di nascondere gli originali in una cassetta di sicurezza»; e «riferisce di essere in possesso di copiosa documentazione e di una registrazione compromettente per la Lega». Dillo a Bossi: se io parlo, voi finite in manette Il contesto delle conversazioni è la vigilia della convocazione che Belsito riceve da Bossi a Roma e che, anche sulla base del gelido commento di Rosy Mauro («la vedo brutta»), interpreta come anticipo della propria defenestrazione da tesoriere leghista, a causa delle spinte che dentro il partito (a suo dire specie da Castelli e Stiffoni) lo vorrebbero estromette in seguito alle prime notizie giornalistiche sui milioni di euro di imborsi elettorali investiti da Belsito in Tanzania. Ma altro che Tanzania, prospetta la responsabile leghista dei gadget nel suggerire a Belsito: «Gli dici (a Bossi, ndr): capo, guarda che è meglio sia ben chiaro: se queste persone mettono mano ai conti del Federale, vedono quelle che sono le spese di tua moglie, dei tuoi figli, e a questo punto salta la Lega (...). Papale papale glielo devi dire: ragazzi, forse non avete capito che, se io parlo, voi finite in manette o con i forconi appesi alla Lega». L’elenco che i due riassumono al telefono poco prima di mezzogiorno del 26 febbraio (e che viene riassunto dai carabinieri) comprende «i costi di tre lauree pagate con i soldi della Lega», «i soldi per il diploma (Renzo Bossi)»; «i 670.000 euro per il 2011 e Nadia dice che non ha giustificativi, oltre ad altre somme ingenti per gli altri anni»; «le autovetture affittate per Riccardo Bossi, tra cui una Porsche»; «i costi per pagare i decreti ingiuntivi di Riccardo Bossi»; «le fatture pagate per l’avvocato di Riccardo Bossi»; «altre spese pagate anche ai tempi del precedente tesoriere Balocchi»; «una casa in affitto pagata a Brescia»; «i 300.000 euro destinati alla scuola Bosina di Varese per Manuela Marrone (moglie di Bossi, ndr), che Belsito non sa come giustificare, presi nel 2011 per far fare loro un mutuo e che lui ha da parte in una cassetta di sicurezza». I «costi liquidi» dei ragazzi di Renzo In altre telefonate la lista si allunga con «l’ultima macchina del Principe, 50.000 euro...e certo che c’ho la fattura!». Oppure con «i costi liquidi dei ragazzi di Renzo» (forse gli uomini di scorta), che Belsito ricorda in «151.000» euro ma Dagrada corregge in «no, un momento, 251mila euro sono i ragazzi, ma sono fuori gli alberghi, che non ti riesco a scindere quando girano con lui, mi entrano nel cumulo e riprendere tutte le fatture è impossibile». Poi c’è la casa di Gemonio, e più precisamente «i soldi ancora da dare per le ristrutturazioni del terrazzo»: «Che io sappia, pare che siano 5-6.000 euro», ridimensiona Belsito alla Dagrada, che teme invece la somma sia molto più alta anche a causa di minacce di azioni legali dai fornitori, e che sprona Belsito: «Gli devi dire poi: capo (Bossi, ndr), c’è da aggiungere l’auto di tuo figlio». I franchi e gli euro per Rosy Mauro Spesso Belsito ironizza su chi nel partito lo avversa ma non sarebbe in condizione di farlo perché parimenti da lui beneficato: «Sai quanto gli ho dato l’altro giorno alla nera? (Rosy Mauro, ndr)? Quasi 29mila, 29.142 in franchi eh... vuoi che ti dica tutti gli altri di prima?»: ovvero quelle che poi gli inquirenti traducono come «altre somme che le dà mensilmente», e come i «200.000-300.000 euro dati al sindacato padano Sinpa» che avrebbe «bilanci truccati». La dipendente leghista Dagrada raccoglie lo spunto sull’atteggiamento di Rosy Mauro e rilancia, invitando Belsito a dire alla vicepresidente del Senato: «Se apro bocca io, il capo salta e se salta il capo tu sei morta...Perché se lei non c’ha il capo a difenderla, lei domani è in mezzo a una strada, e non è detto con le gambe intere». A Bossi, la donna auspica che il tesoriere dica chiaramente: «Gli devi dire: noi manteniamo tuo figlio Riccardo, tuo figlio Renzo, tu gli devi dire guarda che tu non versi i soldi, tuo figlio nemmeno, ed è da quando sei stato male. Gli devi dire: capo, io so queste cose e finché io sono qui io non tradirò mai, ma ricordati cosa c’è in ballo, perché se viene fuori lo capisci che cosa può succedere, altro che barbari sognanti». «Ho una registrazione e documenti come prova» Si prepara un ricatto al Senatur? No, questo no, almeno a sentire i due che parlano al telefono la notte dell’8 febbraio. Nadia Dagrada suggerisce: «Non è che tu glielo metti come ricatto», piuttosto si tratterebbe di informare Bossi che «i militanti si spaventano di più se esce fuori Rosy che non la Tanzania». Belsito si prepara a giocare le proprie carte se il partito lo metterà al muro. E dice di poterlo provare : «Dico cosa mi volevano far fare, glielo dico della Fondazione e... che dovevo portargli dei soldi». Dagrada gli domanda: «Giusto! Ma tu quello poi ce l’hai registrato?». Belsito: «Sì». Dagrada: «Dopodiché si affrontano le due signore (Rosy Mauro e Manuela Marrone, ndr) ....altro che la Tanzania se vanno in mano ai militanti! Non vengono a prendere me, le dici eh, vengono a prendere voi!». Luigi Ferrarella Giuseppe Guastella BELSITO: «TI DO L’IBAN». TRA GLI INTERCETTATI IL SENATUR E I LEGHISTI — Un anno fa tre parlamentari leghisti chiesero alla magistratura di indagare su movimentazioni sospette di denaro riconducibili a Francesco Belsito. E indicarono alcuni personaggi in affari con il tesoriere della Lega. Uno in particolare: Marcello Ferraina condannato nel 2005 per bancarotta fraudolenta. Si tratta di un geometra di Catanzaro che ha avuto una rapida ascesa all’interno del Carroccio, tanto da essere candidato all’Europarlamento nel 2009, terzo della lista dopo Umberto Bossi e Francesco Speroni. All’interno del partito erano in tanti a sapere quanto opache fossero le operazioni finanziarie gestite dal tesoriere. Nel fascicolo dei magistrati di Napoli ci sono decine di telefonate di parlamentari leghisti — molti di primissimo piano — che discutono della vicenda, spesso in maniera critica nei confronti del Senatur proprio per il potere concesso a Belsito. E mostrano quanto profonde fossero ormai le divisioni interne. Numerose sono anche le conversazioni nelle quali compare lo stesso Bossi, spesso proprio al telefono con Belsito. Intercettazioni che saranno utilizzate contro il tesoriere e i suoi presunti complici. Al momento non è stata inoltrata alcuna richiesta di autorizzazione a procedere al Parlamento e questo esclude che ci siano contestazioni contro i politici, ma le indagini sono in fase cruciale e le rivelazioni dei testimoni potrebbero aprire scenari inaspettati. Anche perché nel mirino degli inquirenti di Reggio Calabria ci sono una serie di operazioni «improduttive» che dimostrerebbero l’attività di riciclaggio svolta da Belsito con Romolo Girardelli, il suo socio ritenuto il referente finanziario della «cosca De Stefano», con l’imprenditore Stefano Bonet. È il filone che porta alla ’ndrangheta e al reimpiego dei soldi in Italia e all’estero. I soldi alla società inglese Ci sono due operazioni tra società che vengono segnalate come «sospette» dall’Uif, l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia. Riguardano flussi finanziari tra le società di Bonet, con la «Siram spa» a fare da capofila in uno scambio con «Polare Scarl», «Marco Polo Triveneto» e «Fin. Tecno srl». E questo, come evidenziano i magistrati calabresi nel decreto di perquisizione eseguito due giorni fa, consente che «Siram, a fronte di tale fatturato passivo, usufruirebbe di un credito d’imposta pari a 6.125.694 euro, costituente il 40 per cento dell’ammontare dei costi fatturati, pari a 15.314.235 euro». Scrivono gli analisti di Bankitalia: «Le operazioni segnalate risultano sospette perché la società "Fin. Tecno srl", in un incontro presso la sede della "Siram", ha chiarito che la circolarità delle operazioni è connessa alla vendita di macchinari ed attrezzature beneficiando, in questo modo, di una riduzione di valore del macchinario pari a circa il 40 per cento sotto forma di credito d’imposta. Inoltre, non è stato possibile ottenere chiarimenti più dettagliati sui pagamenti ricorrenti, da parte della "Polare Scarl" in favore di una società di diritto inglese, la "Mulberry Bush co." e all’incasso da parte della "Fin. Tecno" di somme d’importo ricorrente di 51.040 euro accreditati nelle date 15 febbraio 2010, 24 marzo 2010, 9 aprile 2010 e 6 maggio 2010, provenienti dal medesimo ordinante, la "Polare Scarl"». Per gli inquirenti reggini «il giro delle compravendite delle attrezzature dei macchinari e i rispettivi trasferimenti di denaro tra le società in argomento è alquanto astruso e per certi aspetti incomprensibile e illogico». «Ti mando il mio Iban» In realtà per quei guadagni milionari Bonet avrebbe ricompensato proprio Belsito. Il tesoriere e Girardelli gli avrebbero infatti procurato i contatti con numerose aziende per affari che non andarono a buon fine, ma consentirono comunque di giustificare la richiesta di sgravi. In tutto circa 315 mila euro divisi in tre bonifici e sono le telefonate intercettate dalla Dia a svelare quanto forti fossero le «pressioni» esercitate dal tesoriere per sé e per conto dell’avvocato Bruno Mafrici, anche lui indagato a Reggio Calabria. Annotano gli investigatori: «Il 2 agosto 2011 Bonet con Belsito cui dice che deve dargli due messaggi. Il primo è quello di Bruno che per questioni amministrative non hanno pagato la fattura e lui avrebbe dato ordine al suo ufficio di pagarla e di non rompere i coglioni, ciò avverrà entro domani mattina se non è già stato fatto questa sera. Belsito dice che diranno a Bruno, dato che è permaloso, che è stata colpa dell’ufficio amministrativo di Bonet. Nel contempo tra i due si sviluppa la seguente conversazione. Belsito: Io, se ce la fai, se non è un problema, ti volevo mandare anche... Bonet: Sì, sì, fallo. Belsito: Ti mando anche il mio Iban... Poi la fattura te la do a mano... Bonet: Va bene, pensavo che tu me la dessi lunedì, ma in realtà ... Belsito: Me la sono dimenticata, ce l’avevo in borsa, guarda... Bonet: Tranquillo». Fiorenza Sarzanini