Giorgio Meletti, Il Fatto Quotidiano 5/4/2012, 5 aprile 2012
IL PUGNO DI FERRO DI MASTRAPASQUA
Nunzia C., 78 anni, vedova di Gela, due giorni fa si è uccisa gettandosi dal quarto piano poco dopo aver appreso che la sua pensione di reversibilità era stata ridotta dall’Inps da 800 a 600 euro. A Bari, il giorno di Capodanno, un pensionato di 73 anni si è buttato anche lui dal quarto piano dopo aver ricevuto la richiesta di 5 mila euro indebitamente percepiti negli anni precedenti. Un sindacalista di Bari, Franco Filieri della Cisl, protesta inascoltato contro la “vessatoria operazione dei recuperi Inps, con assurde richieste di restituzione di somme servite per provvedere alle necessità primarie della vita”.
Il problema è scottante, come dimostra il verbale di una tesa riunione svoltasi lo scorso 25 novembre. Intorno al tavolo il presidente-padrone dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, il direttore generale Mauro Nori, il magistrato della Corte dei Conti delegato al controllo dell’istituto, Antonio Ferrara, e il collegio dei sindaci revisori al completo.
Un consesso un po’ strano, ma l’unico possibile, visto che l’istituto previdenziale – che gestisce ogni anno centinaia di miliardi di euro e le pensioni di milioni di italiani – non ha un consiglio d’amministrazione. “Una follia – protesta Guido Abbadessa, presidente del consiglio di vigilanza sull’Inps – non può esserci tanto potere concentrato in una sola persona”.
Nella riunione si discute delle nuove “modalità di gestione dei crediti derivanti da indebiti pensionistici nelle fasi antecedenti all’avviso di addebito”. Traduciamo dal burocratese. Negli assegni di pensione ci sono delle componenti (per esempio gli assegni familiari) dipendenti da eventuali altri redditi del pensionato. Perciò ogni anno chi percepisce un assegno dall’Inps deve comunicare i suoi redditi, e gli uffici verificano se per caso è venuto meno qualche diritto. Spesso si tratta di limare pensioni da fame.
Mastrapasqua ha inventato una modalità severa. Una volta che gli uffici accertano che è venuto meno un diritto, e che sono state versate somme indebite, mandano una secca lettera (l’avviso di addebito) con cui si annuncia la riduzione dell’assegno mensile, e il recupero degli “indebiti pregressi” con trattenute rateali sulle mensilità future. Il pensionato non può far altro che pagare, e nel frattempo fare ricorso senza però sapere su quali dati e con quale calcolo si è arrivati alla infausta diagnosi. Con questo nuovo sistema sono state mandate 350 mila lettere ad altrettanti pensionati.
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Nella riunione del 25 novembre è il magistrato della Corte dei Conti a sollevare più di un’obiezione. Intanto, ricorda, prima dell’avviso di addebito una modalità più attenta servirebbe a ridurre il contenzioso. Sull’Inps gravano quasi 900 mila cause in sospeso con i pensionati. Nel 2010 se ne sono definite 318 mila, secondo la Corte dei Conti, ma in 60 mila casi è stata risolutiva la morte del pensionato, mentre in caso di sentenza sulla materia previdenziale l’Istituto perde metà delle cause.
Il magistrato Ferrara fa notare a Mastrapasqua anche un altro aspetto che dovrebbe essere “maggiormente ponderato”. Se un pensionato non comunica i suoi redditi all’Inps, l’omissione comporta in automatico la perdita di certi assegni accessori. Siccome stiamo parlando di anziani, in molti casi il pensionato ha l’Alzheimer, o comunque non è in gran forma.
Dice Ferrara a Mastrapasqua: “È il dipendente dell’Inps che deve provvedere alla verifica del reddito entro l’anno in corso, non è l’assicurato che deve farsene carico sempre e comunque. L’Inps non è l’Agenzia delle Entrate e quindi la pura logica di riscossione deve essere mediata dal ruolo che lo stesso Istituto ricopre come ente di tutela”.
Ecco, la Corte dei Conti, custode del denaro pubblico, ricorda a Mastrapasqua che l’Inps esiste per accompagnare la vecchiaia dei nostri padri e nonni, non per vessarli come un esattore. Mastrapasqua va dritto come un treno: pur assicurando attenzione “alle osservazioni del Magistrato”, conferma che farà come ha deciso.
Il presidente del Collegio dei sindaci, Maria Teresa Ferraro, fa un ultimo tentativo: “Discutiamone prima con i ministeri vigilanti”. Mastrapasqua chiude la discussione: il mio documento non giustifica “allarmismi di qualsivoglia natura”, dice, e va bene così. Partono le 350 mila lettere, e chi ne ha la forza e la capacità fa ricorso. Magari gli uffici hanno sbagliato. Ma la cosa non interessa al presidente dell’Inps. “In tre anni che sono alla guida dei pensionati Cgil sono riuscita a vederlo solo una volta”, dice Carla Cantone, “e così non so come spiegargli che i pensionati vivono nella paura di questa lettera senza preavviso e senza possibilità di contraddittorio”.