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 2012  aprile 04 Mercoledì calendario

"Per l´auto del Trota cinquantamila euro" – I fondi della Lega Nord utilizzati come fossero un bancomat

"Per l´auto del Trota cinquantamila euro" – I fondi della Lega Nord utilizzati come fossero un bancomat. Soprattutto dal fondatore dei Lumbard, Umberto Bossi, e dalla sua famiglia. Il tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito, è nel mirino di tre procure per investimenti sospetti, amicizie discutibili, palesi irregolarità nei rendiconti del bilancio. MILANO Sarebbero state proprio le sue «confessioni» telefoniche, captate a sua insaputa dagli investigatori, a mettere ora nei guai i leghisti e il suo fondatore (in una del 21 febbraio scorso il tesoriere confessa a un indagato «che lui non aveva preso nessun utile per se poiché sono serviti a soddisfare le esigenze di altri soggetti»). È un´ombra pesante quella che si è allungata ieri mattina sulla trasparenza di Bossi e dei suoi seguaci, per anni paladini dello slogan «Roma Ladrona». In un rapporto di oltre 300 pagine firmato il 30 marzo scorso dal Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri per conto della procura di Napoli, si evidenziano una serie di intercettazioni telefoniche emerse in un´inchiesta per riciclaggio e che vede come comprimario proprio lo stesso Belsito. Dai discorsi intercettati dai militari, la sintesi porta a una conclusione lapalissiana: «Risaltano nelle conversazioni i costi della famiglia intendendosi per tali gli esborsi effettuati per esigenze personali di familiari del leader della Lega Nord (Bossi appunto, ndr). Si tratta - precisano i magistrati milanesi Alfredo Robledo, Paolo Filippini e Roberto Pellicano - di esborsi in contante o con assegni circolari o attraverso contratti simulati». Spese che nulla hanno a che fare con l´infinita battaglia per la costituzione di una Padania Libera, vale a dire «non riconducibili agli interessi del partito e contrari ai suoi vincoli statutari». Sempre teoricamente, se questi reati fossero dimostrati, in puro burocratese, avrebbero «un carattere appropriativo». LE SPESE DELLA FAMIGLIA BOSSI Tra i 18 milioni di euro di «rimborsi elettorali» ottenuti solo nel 2011 e stanziati nell´agosto scorso dalla Camera e dal Senato per la Lega Nord, una fetta sarebbe servita proprio per le spese personali della famiglia Bossi. Nel mirino, secondo quella che è al momento un´ipotesi investigativa, finanziamenti, per esempio, da decine di migliaia di euro verso la scuola Bosina di Varese, una creatura puramente leghista nata nel 1998 da un´idea della consorte del senatur, Manuela Marrone. Istruzione in salsa lumbard, in un istituto privato parificato e che ha come fiore all´occhiello «lo studio del territorio circostante e dal principio che l´ambiente influenza il grado di crescita del bambino» (è compresa la scuola dell´infanzia, le elementari e, dal 2004, anche le medie). Non solo. Secondo l´ipotesi investigativa, parte di quel fiume di denaro distribuiti da Roma Ladrona, sarebbe stato utilizzato lo scorso anno anche per ristrutturare la casa di Gemonio in cui vive proprio il senatur con la sua famiglia. E 50 mila euro sarebbero serviti perfino per acquistare la macchina nuova anche al figlio, Renzo «il Trota» Bossi, fresco consigliere del Carroccio alla Regione Lombardia. Ipotesi, si è detto, anche perché al momento, a fianco al nome del tesoriere del Carroccio Belsito, almeno a Milano non figurano ancora altri politici indagati. VERIFICHE SU ROSY MAURO I magistrati, però, una pista precisa, l´hanno già imboccata e aspettano solo di arrivare ai primi riscontri per puntellarla. Ieri, durante la perquisizione nella sede di via Bellerio, carabinieri e finanzieri, hanno «rovistato» anche negli uffici riconducibili alla fedelissima del Senatur, la vice presidente del Senato, Rosy Mauro, cercando documenti nella sede del sindacato da lei creato, il Sinpa. Tecnicamente una «acquisizione presso terzi», perché la senatrice non è indagata. Ma si cercano riscontri anche su un capitolo di spesa che la riguarda personalmente e che non avrebbe come finalità la sfera politica. Che il cerchio si sia stringendo intorno all´uomo simbolo del partito, lo si deduce anche da un altro particolare. Tra i destinatari della «perquisizione locale e personale», figura anche la storica segretaria del senatur, Daniela Cantamessa. I finanzieri, oltre all´ufficio le hanno perquisito l´abitazione e, nel pomeriggio, l´hanno accompagnata in procura per un interrogatorio. E lo stesso provvedimento ha riguardato Nadia Degrada, responsabile amministrativa leghista. I DIAMANTI IN TANZANIA Il Carroccio, secondo i detective, avrebbe gestito in un clima di anarchia la tesoreria del partito: irregolarità che sarebbero «avvenute nella totale opacità fin dal 2004». Fondamentale, per questo ruolo, sempre e comunque Francesco Belsito. Per l´accusa, sarebbe stato lui ad «aver alimentato la cassa con denaro non contabilizzato effettuando pagamenti e impieghi, anch´essi non contabilizzati o contabilizzati in modo inveritiero». Secondo la procura, le carte alla base dei bilanci sarebbero state false, visto «che non si è dato conto della natura delle uscite, come non si da conto della gestione "in nero" di parte delle risorse affluite alla cassa del partito». I sei milioni di euro che Belsito ha deciso di investire in Tanzania e a Cipro, in parte sarebbero stati utilizzati addirittura per una speculazione in diamanti. Operazione effettuata attraverso la sponda di un istituto di credito italiano. Nelle «operazioni sporche» che oggi sono nel mirino di tre procure italiane, un ruolo importante sembra averlo avuto anche l´imprenditore veneto, Stefano Bonet e Paolo Scala, entrambi accusati di concorso in appropriazione indebita insieme al tesoriere leghista. I consigli per investire il florido patrimonio a Belsito sarebbe arrivato proprio da Bonet, il quale, contestualmente avrebbe intessuto una anomala relazione con la Siram spa, altra società perquisita ieri. La multinazionale, che ha sede a Milano ed è specializzata nell´«ottimizzazione dei processi energetici», «tra il gennaio e il febbraio 2010 ha realizzato attraverso due società delle quali era amministratore Bonet, dei movimenti circolari di denaro fittiziamente giustificati con fatture relative a costi per investimento in ricerche e sviluppo». Operazioni non proprio da poco, visto che ammontano a 5 milioni di euro, e che non avrebbero avuto alcuna razionale giustificazione di mercato. A cosa servivano queste fatturazioni? Il sospetto è che dietro ci siano operazioni non ancora chiare che riguardano, come beneficiario finale, l´onnipresente Francesco Belsito. BILANCI FALSI Triangolazioni finanziarie «opache», dunque, che spingono gli investigatori a sostenere come a Belsito possa essere contestata la truffa aggravata ai danni dello Stato. Perché proprio attraverso la rappresentazione di bilanci falsi, Camera e Senato avrebbero emesso rimborsi non dovuti, in quanto «per le violazioni riguardanti la regolare tenuta del rendiconto è prevista la sospensione dell´erogazione del rimborso stesso». Se questa accusa fosse provata, molti dei milioni ancora custoditi nella cassaforte del partito griffata da Alberto da Giussano, potrebbero ritornare nelle casse dello Stato.