Diego Gabutti, ItaliaOggi 4/4/2012, 4 aprile 2012
Il leader futurista lavora per i suoi futuri privilegi – Via da subito le sinecure a Irene Pivetti e Pietro Ingrao, ex presidenti della camera dei deputati che non contano più niente e che da domani faranno a meno dell’auto blu, degli uffici di segreteria, della scorta
Il leader futurista lavora per i suoi futuri privilegi – Via da subito le sinecure a Irene Pivetti e Pietro Ingrao, ex presidenti della camera dei deputati che non contano più niente e che da domani faranno a meno dell’auto blu, degli uffici di segreteria, della scorta. Godranno ancora di lussi e lussurie istituzionali, almeno fino al 2023, Luciano Violante, Fausto Bertinotti e Pier Ferdinando Casini, ex presidenti della camera che contano ancora qualcosa (però non punterei su Bertinotti se fosse un cavallo in corsa per il gran premio). A decidere che i primi rotolano nella polvere, mentre i secondi conservano i privilegi, è stato il leader futurista, attuale presidente della camera (perdonate, ma me ne sfugge il nome). Costui deve pensare di poter essere annoverato, una volta lasciata la carica, a legislatura finita, tra gli ex che contano. Mentre la verità, naturalmente, è che già adesso non conta più niente. * * * Fisicamente sempre più simile a Padre Pio, il caudillo cubano somiglia al santone pugliese anche (così si dice) nella fede in Dio, dal quale vorrebbe un salvacondotto, però riservato, dopo una vita tra le più mal spese. * * * Fidel Castro ha smesso di giocare a baseball e di fumare, non porta più la pistola alla cintura e, chinandosi su Papa Ratzinger in una foto diffusa via web nel giorno dell’incontro, sembra addirittura volergli baciare la mano. * * * «Se il cinema fosse un’arte che coinvolge le percezioni olfattive - in altre parole, se potessimo annusare i film - allora pellicole come The Millionaire [in originale Slumdog Millionaire, miliardario pezzente] non vincerebbero l’Oscar. Il tanfo d’una povertà di questo genere non si mescola bene all’odore dei popcorn caldi» (Arundhati Roy, In marcia con i ribelli, Feltrinelli 2012). * * * «C’è ancora il precipizio», su lo spread, giù la Borsa, si leggeva sul Corriere della sera lo stesso giorno in cui Nonno Mario imbucava la sua letterina nella cassetta della posta di via Solferino. Qui la letterina, là il titolo, aleggiava sulla prima pagina del quotidiano milanese un ché d’inquietante. Non ci siamo fidati abbastanza dei bocconiani? Ci siamo fidati troppo? * * * Non si è capito che specie di memento fosse. Era rivolto al Caro Leder, per punire la sua vanità (anzi la sua hybris) di salvatore del mondo, d’inviato del cielo? Oppure il monito era rivolto agli italiani, ai cittadini, ai contribuenti, per punire la loro irriconoscenza (testimoniata dai sondaggi e da troppi commenti giornalistici) nei confronti del settimo cavalleria bocconiano e per ricordarci, casomai l’avessimo dimenticato, che la Grecia è vicina? * * * Deluso dagli umori del popolo, che tornano a pensar male del fisco e che piangono dei propri sacrifici più di quanto Elsa Fornero pianga dei sacrifici altrui, il Caro Leader è costretto a lodarsi da solo. Anche le gazzette, infatti, sono sempre meno affidabili e reverenti. Per esempio: prima scrivono che Nonno Mario è stato citato con ammirazione da Barack Obama nel suo discorso di Seul, cosa forse formalmente falsa ma orwellianamente, cioè propagandisticamente e dunque sostanzialmente vera, dopodiché si rimangiano la bufala, come se la verità facesse problema e la carta cantasse davvero. * * * «A Pickwick piace stare ad ascoltare i racconti dell’orrore proprio come a Don Chisciotte piace leggere i racconti cavallereschi. [Ma se] per Don Chisciotte vita e letteratura sono la stessa cosa; egli crede che i sensi lo ingannino quando gli presentano fatti incompatibili con le sue letture. Per Pickwick, al contrario, vita e letteratura sono universi separati; il male e la sofferenza non esistono nel mondo che egli percepisce con i suoi sensi, ma soltanto nel mondo della letteratura d’evasione» (Wystan Hugh Auden, Il Dingley Dell e la Fleet, in W.H. Auden, Lo scudo di Perseo, Adelphi 2000). * * * Tornerò, ha minacciato Emilio Fede mentre la sicurezza di Mediaset (esagero soltanto un po’) lo scortava all’uscita dopo oltre due decenni di conduzione del Tg4. Alla fine aveva dovuto arrendersi, ma l’assedio era durato ore, come in Quel pomeriggio d’un giorno da cani. Barricato nel suo ufficio, senza rispondere al telefono, circondato (di nuovo esagero solo un po’) da meteorine squittenti, questo giornalista ottuagenario, che aveva fatto del suo Tg un patetico cabaret che da anni non faceva più ridere nessuno, era deciso a vender cara la pelle. Pelle che di sicuro gli è stata pagata più di quanto valga. * * * «Il partito comunista cinese non ha riconosciuto la dimensione di catastrofi quali la carestia alla fine degli anni Cinquanta e la grande rivoluzione culturale proletaria. Nel 1980 Deng Xiaoping impose che la storia ufficiale degli ultimi trent’anni fosse «generica, non dettagliata» a protezione dell’unità nazionale» (Leslie T. Chang, Operaie, Adelphi 2010).