Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 5/4/2012, 5 aprile 2012
ROMA —
Un anno fa tre parlamentari leghisti chiesero alla magistratura di indagare su movimentazioni sospette di denaro riconducibili a Francesco Belsito. E indicarono alcuni personaggi in affari con il tesoriere della Lega. Uno in particolare: Marcello Ferraina condannato nel 2005 per bancarotta fraudolenta. Si tratta di un geometra di Catanzaro che ha avuto una rapida ascesa all’interno del Carroccio, tanto da essere candidato all’Europarlamento nel 2009, terzo della lista dopo Umberto Bossi e Francesco Speroni.
All’interno del partito erano in tanti a sapere quanto opache fossero le operazioni finanziarie gestite dal tesoriere. Nel fascicolo dei magistrati di Napoli ci sono decine di telefonate di parlamentari leghisti — molti di primissimo piano — che discutono della vicenda, spesso in maniera critica nei confronti del Senatur proprio per il potere concesso a Belsito. E mostrano quanto profonde fossero ormai le divisioni interne. Numerose sono anche le conversazioni nelle quali compare lo stesso Bossi, spesso proprio al telefono con Belsito. Intercettazioni che saranno utilizzate contro il tesoriere e i suoi presunti complici.
Al momento non è stata inoltrata alcuna richiesta di autorizzazione a procedere al Parlamento e questo esclude che ci siano contestazioni contro i politici, ma le indagini sono in fase cruciale e le rivelazioni dei testimoni potrebbero aprire scenari inaspettati. Anche perché nel mirino degli inquirenti di Reggio Calabria ci sono una serie di operazioni «improduttive» che dimostrerebbero l’attività di riciclaggio svolta da Belsito con Romolo Girardelli, il suo socio ritenuto il referente finanziario della «cosca De Stefano», con l’imprenditore Stefano Bonet. È il filone che porta alla ’ndrangheta e al reimpiego dei soldi in Italia e all’estero.
I soldi alla società inglese
Ci sono due operazioni tra società che vengono segnalate come «sospette» dall’Uif, l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia. Riguardano flussi finanziari tra le società di Bonet, con la «Siram spa» a fare da capofila in uno scambio con «Polare Scarl», «Marco Polo Triveneto» e «Fin. Tecno srl». E questo, come evidenziano i magistrati calabresi nel decreto di perquisizione eseguito due giorni fa, consente che «Siram, a fronte di tale fatturato passivo, usufruirebbe di un credito d’imposta pari a 6.125.694 euro, costituente il 40 per cento dell’ammontare dei costi fatturati, pari a 15.314.235 euro». Scrivono gli analisti di Bankitalia: «Le operazioni segnalate risultano sospette perché la società "Fin. Tecno srl", in un incontro presso la sede della "Siram", ha chiarito che la circolarità delle operazioni è connessa alla vendita di macchinari ed attrezzature beneficiando, in questo modo, di una riduzione di valore del macchinario pari a circa il 40 per cento sotto forma di credito d’imposta. Inoltre, non è stato possibile ottenere chiarimenti più dettagliati sui pagamenti ricorrenti, da parte della "Polare Scarl" in favore di una società di diritto inglese, la "Mulberry Bush co." e all’incasso da parte della "Fin. Tecno" di somme d’importo ricorrente di 51.040 euro accreditati nelle date 15 febbraio 2010, 24 marzo 2010, 9 aprile 2010 e 6 maggio 2010, provenienti dal medesimo ordinante, la "Polare Scarl"». Per gli inquirenti reggini «il giro delle compravendite delle attrezzature dei macchinari e i rispettivi trasferimenti di denaro tra le società in argomento è alquanto astruso e per certi aspetti incomprensibile e illogico».
«Ti mando il mio Iban»
In realtà per quei guadagni milionari Bonet avrebbe ricompensato proprio Belsito. Il tesoriere e Girardelli gli avrebbero infatti procurato i contatti con numerose aziende per affari che non andarono a buon fine, ma consentirono comunque di giustificare la richiesta di sgravi. In tutto circa 315 mila euro divisi in tre bonifici e sono le telefonate intercettate dalla Dia a svelare quanto forti fossero le «pressioni» esercitate dal tesoriere per sé e per conto dell’avvocato Bruno Mafrici, anche lui indagato a Reggio Calabria.
Annotano gli investigatori: «Il 2 agosto 2011 Bonet con Belsito cui dice che deve dargli due messaggi. Il primo è quello di Bruno che per questioni amministrative non hanno pagato la fattura e lui avrebbe dato ordine al suo ufficio di pagarla e di non rompere i coglioni, ciò avverrà entro domani mattina se non è già stato fatto questa sera. Belsito dice che diranno a Bruno, dato che è permaloso, che è stata colpa dell’ufficio amministrativo di Bonet. Nel contempo tra i due si sviluppa la seguente conversazione.
Belsito: Io, se ce la fai, se non è un problema, ti volevo mandare anche...
Bonet: Sì, sì, fallo.
Belsito: Ti mando anche il mio Iban... Poi la fattura te la do a mano...
Bonet: Va bene, pensavo che tu me la dessi lunedì, ma in realtà ...
Belsito: Me la sono dimenticata, ce l’avevo in borsa, guarda...
Bonet: Tranquillo».