Valeria Crippa, Corriere della Sera 04/04/2012, 4 aprile 2012
VASCO ASSENTE MA LA STAR E’ LUI. ALLA SCALA 6 MINUTI DI APPLAUSI —
Ci si aspettava di vedere spuntare nel palco reale la testa luciferina di Vasco Rossi, vero protagonista di una serata anomala ieri sera alla Scala, sotto i riflettori di una selva di telecamere da 7 dicembre. Invece la rockstar ha preferito non essere presente alla prima del balletto L’altra metà del cielo di cui firma drammaturgia e musica orchestrata da Celso Valli.
Assente anche la coreografa Martha Clarke per precedenti impegni (la prima era inizialmente fissata per sabato scorso). Un pubblico di abbonati di mezz’età, con qualche fan scatenato nei palchi, ha salutato con sei minuti di applausi il debutto del rock di Vasco Rossi alla Scala. Così, dopo un estenuante battage mediatico e uno sciopero forse provvidenziale per completare il progetto, è andato finalmente in scena il balletto delle ambizioni incrociate, un’operazione nata a tavolino in cui ciascuno dei principali soggetti in gioco ha perseguito il proprio obiettivo con palese determinazione.
Il rocker di Zocca, oggi alla ricerca di una nuova identità artistica, aspirava alla consacrazione nel tempio della musica classica. La Scala puntava alla conquista del pubblico giovane. L’americana Martha Clarke, coreografa che ha speso la propria carriera in creazioni contemporanee (dopo aver cofondato il Pilobolus Dance Theatre con Moses Pendleton, il suo titolo più fortunato è stato un «Giardino delle Delizie» approdato off-Broadway, del tutto episodiche sono state le collaborazioni con l’American Ballet e il Nederlands), sognava un definitivo «upgrading» al circuito internazionale del balletto classico: autrice di pregevole sincerità, ha ammesso alla vigilia del debutto che un oceano (artistico più che geografico) separava il suo mondo dal rock di Vasco, a lei totalmente sconosciuto prima di questa avventura. Non sarebbe grave se l’estraneità di cui è vittima consapevole Mrs. Clarke non si estendesse pure al linguaggio della danza classica e non rendesse necessario, come invece è stato, il ricorso a un coreografo «interno» alla Scala, Gianluca Schiavoni, per toglierla d’impaccio con punte e développés, background dei ballerini scaligeri. Con tali premesse, con tale frammentazione d’ispirazione, era pressoché impossibile attendersi un capolavoro. Infatti, il balletto scorre come un videoclip con un linguaggio coreografico minimale, tra un piroetta classica, una trottola di hip hop, un passo di rock’n roll, qualche parentesi teatrale e molti vuoti. L’emotività deflagrante del rock da stadio implode tra le pareti di una stanza immacolata, dove le donne di Vasco — Albachiara (Sabrina Brazzo), Susanna (Beatrice Carbone), Silvia (Stefania Ballone) — vivono amori contrastati: davanti allo stesso specchio e nello stesso letto, a turno, scoprono il proprio corpo, il sesso, l’abbandono che diventa follia, in mezzo a una folla di maschere. L’amore è spericolato, tra il nudo velato della procace Carbone e i pugni e i calci in faccia alla delicata Ballone che finisce incinta e contenta. E sulle note di «Un senso», il balletto si conclude con un girotondo in controluce.
Valeria Crippa