Francesco Vaccarino, La Stampa 4/4/2012, 4 aprile 2012
L’ infinità del finito: questo è l’abisso in cui precipita chi si occupa di combinatoria. Come Alice nel pozzo si precipita insieme a oggetti facili da descrivere, la cui natura profonda ci sfugge
L’ infinità del finito: questo è l’abisso in cui precipita chi si occupa di combinatoria. Come Alice nel pozzo si precipita insieme a oggetti facili da descrivere, la cui natura profonda ci sfugge. Alcuni, però, trovano il bianconiglio e tornano per dirci cosa c’era dietro lo specchio. La combinatoria è quella parte della matematica che si occupa dello studio di strutture discrete, finite o al più numerabili, i cui elementi possono essere messi in corrispondenza biunivoca con i numeri naturali. Un esempio famoso è il «problema del commesso viaggiatore»: «Data una rete di città, connesse tramite alcune strade, trovare il percorso di minore lunghezza che l’uomo deve seguire per visitare tutte le città una e una sola volta per poi tornare alla città di partenza». Problemi come questo sfidano l’intuizione, poiché, per quanto semplici da formulare, sono spesso difficilissimi da risolvere. Le loro dimensioni diventano immense, sebbene finite, già in casi iniziali, con poche città, per esempio. La natura discreta degli insiemi studiati non permette di avvalersi di tecniche quali la «potenza del continuo», disponibile per insiemi infiniti che possono essere messi in corrispondenza con una retta e che hanno il vantaggio di poter avvicinarsi ai punti «per vedere cosa capita lì intorno». Per questi motivi i problemi che coinvolgono insiemi discreti molto grandi hanno spesso richiesto soluzioni geniali costruite ad hoc. Dalla seconda metà del XX secolo, tuttavia, sono state sviluppate teorie e tecniche più generali che hanno consentito, ibridando il linguaggio del discreto con quello della probabilità, dell’algebra, della geometria e della teoria dei sistemi dinamici, il raggiungimento di risultati considerati fino ad allora impensabili. Uno dei massimi protagonisti di questa rivoluzione è il matematico ungherese Endre Szemerédi, fresco vincitore del Premio Abel 2012, il Nobel per la matematica. Szemerédi, nato nel 1940, allievo di Israel Gelfand ed epigono di Paul Erdos, ha dato enormi contributi a questa area della matematica. In particolare è famoso per aver dimostrato la congettura di Erdos–Turan sulle successioni aritmetiche e nel farlo ha provato anche il celeberrimo «Lemma di Regolarità» che porta il suo nome, secondo il quale ogni grafo abbastanza grande può essere suddiviso in sottoinsiemi all’incirca grandi uguali e connessi in modo aleatorio. Il lavoro di Szemerédi ha avuto enormi applicazioni, ad esempio alla teoria dei numeri, grazie ai colleghi Green a Tao. Ma ciò che forse gli dobbiamo di più è aver posto alcune fondamenta di quella matematica discreta che influenzerà la nostra era fatta di supercomputer e «Big data».