Leonardo Maisano, Il Sole 24 Ore 3/4/2012, 3 aprile 2012
QUANDO FU LA GRECIA A CHIEDERE IL CONTO ALLA GERMANIA
Il riferimento porta la firma di Marcello De Cecco, storico dell’economia (Normale e Luiss), al convegno Aspen Italia sul futuro del capitalismo che si è svolto a Londra. Insaporisce il suo intervento con lampi di aneddotica della crisi, ricorda di debiti accesi e mai pagati, di Germania e di Grecia, di tempi andati, come sono quelli del 1953 quando alla «dimenticata - ammette De Cecco - Conferenza di Londra» furono gettate le basi per una storia che non ritorna. Fu deciso in quella sede che il debito tedesco della prima metà del ventesimo secolo avrebbe goduto di straordinarie agevolazioni che si risolsero, in realtà, nella sostanziale cancellazione. Haircut totale, rapata a zero. «Nonostante l’opposizione greca, anzi la duplice, perché reiterata nel tempo, opposizione greca», precisa Albrecht Ritschl, 52 anni, tedesco, docente di storia dell’economia alla London School of Economics. Ritschl è studioso di un caso che riemerge, declinando, al tempo stesso, l’intransigenza e la "smemoratezza" di Berlino. E il contrappasso di Atene. Grecia e Germania, Germania e Grecia non incrociano le lame per la prima volta. Alla crisi innescata dalla moneta unica aveva fatto da prologo, a ruolo invertiti, un’altra querelle internazionale incentrata sul debito tedesco accumulato fino al 1933 e poi su quello ammassato in epoca nazista. «Il London debt agreement del 1953 - ricorda Ritschl - divise l’esposizione tedesca globale in due capitoli. Il primo precisava che il debito accumulato fino al 1933 andava pagato subito, ma a condizioni di straordinario vantaggio, con interessi così bassi da determinare uno sconto che alcuni hanno fissato nella metà, circa, del totale dovuto. Il secondo, quello su debito e riparazione dei danni dell’epoca nazista e della guerra, era messo in correlazione con la riunificazione tedesca». Evento futuribile nel 1953, lontano abbastanza per generare un "pagherò" a data da destinarsi che imposero gli americani. Washington preferì incoraggiare la Germania a ricostituire una solida economia, orientata all’export e destinata a divenire motore dello sviluppo europeo. «Gli Usa - continua Ritschl - non volevano commettere gli stessi errori emersi dopo il primo conflitto e per questo imposero ad Atene di abbassare la voce. La Grecia non era favorevole e cercò di opporsi alle condizioni del London debt agreement. Prevalse la tesi americana e dei maggiori alleati che non volevano zavorrare Berlino con un debito asfissiante». Quanto? Secondo calcoli approssimativi un anno di Pil, ovvero 90 miliardi di marchi nazisti del 1944. Il cambio alla valuta di oggi è impossibile. «Per questo - aggiunge il docente - si potrebbe parlare di un debito semplicemente pari a un anno di Pil». Oggi siamo a circa 3.600 miliardi di dollari (nominale). Non è a oggi che si deve guardare, ma al 1990 (all’epoca era 1.500 miliardi di dollari), quando il debito, invece, di essere saldato con l’atto di riunificazione in ottemperanza agli accordi di Londra, sparì del tutto. «Atene contestò un’altra volta quell’intesa - ricorda Ritschl - ma il passaggio giuridico era inoppugnabile. Nei documenti finali sulla riunificazione delle due Germanie non si fa alcun riferimento agli impegni del London agreement e tanto basta per considerare nullo il debito pregresso». Una dimenticanza, piuttosto costosa se fosse una dimenticanza che, ovviamente, non fu. «Il cancelliere Helmut Kohl - aggiunge l’economista - lo disse chiaramente: una richiesta del genere non era sostenibile dalle casse di Berlino e ribadì, in cambio, il forte impegno economico tedesco nello sviluppo del progetto europeo». E (anche) per questo la Grecia fu invitata a tacere una volta di più, a rimanere voce solitaria, o quasi, in un coro che il segreto sugli archivi ancora non ci consente di ascoltare pienamente. La Germania, in realtà, ha in parte pagato. Ci sono stati indennizzi individuali e a Paesi interi effettuati dallo Stato e dalle imprese private che avevano sfruttato il lavoro forzato. «L’abilità tedesca - spiega il docente - è stata nel tenere unito, in un solo capitolo, il debito e le riparazioni di guerra. Nel momento in cui è venuto meno l’impegno per le riparazioni anche il debito si è dissolto». Il destino di Atene sembra diverso e Ritschl ha pubblicamente denunciato la cortissima memoria collettiva del suo Paese, ma non lo condanna: «L’impegno è stato mantenuto. In modo indiretto, Berlino ha pagato».