Claudio Plazzotta, ItaliaOggi 3/4/2012, 3 aprile 2012
Rcs, l’attesa infinita dei nuovi assetti – Nel gruppo Rcs manca sempre l’editore. In un momento così complicato per il mondo dei media, tra via Solferino e via Rizzoli si è perso un anno in attesa dei nuovi assetti di governance: si è cercato di vendere qualche periodico nel giugno del 2011, ma poi non si è ceduto niente né si è avviata una ristrutturazione di settimanali e mensili; è iniziata l’estenuante ricerca di un compratore per la casa editrice francese Flammarion, ma non si è ancora concluso nulla (e intanto gli autori di punta e i 3-4 dirigenti più importanti, vera unica e reale ricchezza di una casa editrice, minacciano di andarsene in questo clima di incertezza); si è avviata la profonda riorganizzazione societaria di Rcs, con la fusione di molte società nella casa madre Rcs Mediagroup, ma questo ha portato a uno stallo decisionale, poiché sia il presidente, sia l’a
Rcs, l’attesa infinita dei nuovi assetti – Nel gruppo Rcs manca sempre l’editore. In un momento così complicato per il mondo dei media, tra via Solferino e via Rizzoli si è perso un anno in attesa dei nuovi assetti di governance: si è cercato di vendere qualche periodico nel giugno del 2011, ma poi non si è ceduto niente né si è avviata una ristrutturazione di settimanali e mensili; è iniziata l’estenuante ricerca di un compratore per la casa editrice francese Flammarion, ma non si è ancora concluso nulla (e intanto gli autori di punta e i 3-4 dirigenti più importanti, vera unica e reale ricchezza di una casa editrice, minacciano di andarsene in questo clima di incertezza); si è avviata la profonda riorganizzazione societaria di Rcs, con la fusione di molte società nella casa madre Rcs Mediagroup, ma questo ha portato a uno stallo decisionale, poiché sia il presidente, sia l’a.d. del gruppo sapevano di essere a scadenza; gli affari in Spagna vanno malissimo, ma non si vende né si fa chiarezza in quel ginepraio di società (31 controllate, 56 partecipate); si è parlato di vendere la sede milanese di via Solferino, ma sembra tutto rientrato; la redazione della Gazzetta dello Sport dovrebbe trasferirsi in via Rizzoli in giugno, ma nessuno sa nulla; il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, ha pronto un nuovo piano editoriale da tre mesi (in cui c’è anche tutto un capitolo circa il modo di utilizzo di Twitter da parte dei giornalisti), ma non può presentarlo perché non ha interlocutori nel pieno delle loro funzioni (e pure lui non è certissimo di conservare la poltrona). Insomma, un vero e proprio stallo. Soprattutto per una macchina pachidermica come quella di Rcs, che ha sempre bisogno di essere spinta con vigore, altrimenti tende a fermarsi e a crogiolarsi nelle lentezze brachicardiche della sua storia secolare. Un piccolo esempio: nel 2011 il sito Corriere.it ha raccolto 32 milioni di euro di pubblicità. Un buon risultato. Ci sono già interi segmenti merceologici che investono di più sulla versione web che su quella cartacea (tenuta in piedi, sostanzialmente, dai marchi del comparto moda). E lì, sull’on-line, dove servirebbe innovazione continua per non perdere terreno, in cui sarebbe opportuno investire in cervelli per essere pronti al grande cambiamento in atto (l’editoria quotidiana avrà, in futuro, meno ricavi ma molti meno costi industriali), ecco che il gruppo Rcs se ne sta fermo un anno, perde 12 mesi a guardarsi l’ombelico in attesa dei nuovi equilibri tra pattisti. Negli ultimi tempi si è molto consolidato l’asse Mediobanca-Fiat, e Renato Pagliaro (presidente di Mediobanca e vicepresidente di Rcs Mediagroup) e John Elkann (presidente di Fiat) si muovono all’unisono. Hanno deciso di cambiare sia il presidente Piergaetano Marchetti, sia l’a.d. Antonello Perricone. E quando il nuovo management si insedierà e avrà capito i meccanismi del gruppo, potrebbe essere la volta di de Bortoli, che nel 2013 compirà 60 anni e che non può essere l’uomo del Corriere della Sera per tutte le stagioni. L’attuale direttore, dicono persone a lui molto vicine, ha compreso che qualcosa si è rotto nel suo rapporto con Torino. Probabilmente dopo la dura lettera con cui si oppose alla vendita del palazzo di via Solferino, facendo arrabbiare più di un azionista. Aveva provato a riallacciare il legame, anche attraverso la paginata di intervista realizzata il 24 febbraio da Massimo Mucchetti a Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat. Però sembra che la mossa sia servita a poco. In Via Solferino gli uomini del Lingotto vorrebbero fare accomodare una nuova generazione 40enne, quella ben incarnata da Mario Calabresi, attuale direttore della Stampa (classe 1970). Giovanni Bazoli, presidente di Banca Intesa Sanpaolo e da sempre grande estimatore di de Bortoli, appare invece più defilato in questa fase, maggiormente preoccupato dei destini dell’istituto di credito e della finanziaria Mittel, e meno impegnato, rispetto a un tempo, nel tirare le complesse fila del patto di azionisti che governa Rcs. Per alcuni, tuttavia, è il ruolo di Mediobanca che starebbe diventando un po’ ingombrante. Tra i corridoi di Via Rizzoli c’è chi fa notare la conflittuale duplice posizione di Piazza Cuccia, che è socio Rcs con una quota del 14,2%, ma che continua a essere advisor di molte delle più importanti transazioni che riguardano il gruppo editoriale. Per esempio, la vendita di Flammarion, da cui ci si attende un incasso attorno ai 240 milioni di euro (con tanto di ricco gettone per Mediobanca), ma che potrebbe non essere così strategica per i destini Rcs. Per coprire il rosso di 322 milioni del 2011, secondo alcuni, sarebbe stato meglio un aumento di capitale, e non la cessione di gioielli di famiglia in una fase congiunturale così negativa e a prezzi bassi. Ma il problema è sempre quello: prevale la logica di azionista o quella di banca d’affari? E questo vale per Mediobanca come per altri membri del patto. Per esempio, quando Rcs decise di imbarcarsi nella fallimentare avventura spagnola (pure lì l’advisor fu Mediobanca), il pagamento avvenne cash (circa un miliardo di euro) determinando un notevole indebitamento. Al momento Rcs è esposta soprattutto nei confronti di Banca Intesa, azionista del gruppo editoriale al 5%: anche in questo caso, quali logiche sono prevalse? Intesa ragiona come azionista o come banca? E mentre si ingarbugliano sempre più interessi e situazioni, ecco affacciarsi, per fortuna, anche qualche soluzione: il nuovo consiglio di amministrazione di Rcs Media Group, che verrà nominato in concomitanza della assemblea dei soci del 2 maggio, dovrebbe avere non più di 13 membri, molti dei quali provenienti dalla società civile. Ci sarà un passo indietro dei grandi azionisti (basti pensare che nel consiglio di Rcs quotidiani, società cancellata e fusa in Rcs Mediagroup lo scorso 2 gennaio, sedevano uomini del calibro di Bazoli, Diego Della Valle, Marco Tronchetti Provera, Carlo Pesenti, Luca Cordero di Montezemolo), creando un cuscino tra proprietà e gestione operativa del gruppo. Nel nuovo cda, comunque, ci sarebbe posto per Della Valle (che ha investito di tasca sua molti soldi, controlla il 5,5% e intende restare in prima linea) e per Giuseppe Rotelli, che non fa parte del patto e necessita del cda per fare sentire la sua voce di azionista big. Alla presidenza di Rcs potrebbe essere chiamato Angelo Provasoli, ex rettore della Bocconi ed ex presidente Rcs tra il 1982 e il 1985, ma potrebbero aprirsi spiragli pure per lo stesso de Bortoli (il quale non disdegnerebbe una soluzione di questo tipo). Quanto al ruolo di amministratore delegato, molti preferirebbero un uomo interno a Rcs, che già conosce la complessa macchina, puntando su Giulio Lattanzi (attuale direttore generale), Giorgio Valerio, ex direttore generale di Rcs quotidiani. Il patto di sindacato tra azionisti che governa Rcs scade nel marzo del 2014, con la possibilità di scioglierlo anche sei mesi prima. Un anno e mezzo di tempo, quindi, e poi le danze si riapriranno. Anche se in realtà, dalla parti di via Solferino, la balera non chiude mai. Intanto, i grandi soci di Rcs torneranno a confrontarsi già domani in una nuova riunione del patto di sindacato.