Roberto Giardina, ItaliaOggi 3/4/2012, 3 aprile 2012
Il gran business dei wc tedeschi– Pecunia non olet. Che in traduzione libera e moderna si può rendere con «gli affari sono affari»
Il gran business dei wc tedeschi– Pecunia non olet. Che in traduzione libera e moderna si può rendere con «gli affari sono affari». Ma a volte il denaro puzza, e non solo perché viene dalla gestione delle toilette pubbliche. In Germania i gabinetti sono un grande e misterioso affare, ha denunciato la Frankfurter Allgemeine am Sonntag. Nessuno sa niente, nessuno ne vuole parlare, e si sospetta che sia al lavoro una sorta di mafia del wc, naturalmente gestita da malavitosi manager dell’Europa orientale. Quasi sempre, le toilette sono gratuite, almeno così sembra. All’ingresso, o sopra i lavabo, un cartello ricorda gentilmente che il personale addetto all’igiene sarebbe felice di una piccola mancia, anche se nulla è dovuto. Una signora di una certa età siede accanto a un tavolino su cui è sistemato un piattino con qualche moneta. Non si lascia meno di 50 centesimi, lei mormora «Danke», e di solito basta per capire che è straniera, se già non lo suggerisce il colore della pelle. Ma le monetine non vanno alla gentile Frau. Lei, di solito, riceve un fisso, 250 euro per due settimane, o 400 euro al mese, la cosiddetta tariffa standard del minijob tollerato dalla legge. Per non violare il codice, il gestore misterioso versa anche i contributi, sta attento a calcolare le ore di lavoro per pagare la tariffa minima del settore pulizie, 8,55 euro all’ora. E incassa le mance. Quanto? Anche 500 euro al giorno nei posti migliori, nei grandi magazzini o nelle stazioni. Un’attività basata sulla fiducia. Nulla impedisce alla Toilettenfrau di tenersi parte delle monetine, ma il padrone da cui dipende ha fatto la media degli incassi, posto per posto, a seconda dei giorni, dal lunedì alla domenica, ed è pronto a punire chi bara. I supermarket si fanno pagare a loro volta per dare in concessione le loro toilette, ma nessuna grande catena è disposta a rivelare quali siano le tariffe, né a spiegare perché non voglia gestire in proprio l’attività. Riserbo anche da parte della Deutsche Bahn, le ferrovie tedesche, che dà in concessione le toilette delle stazioni. Qui il sistema è diverso: per far aprire la grata mobile che sbarra l’ingresso bisogna versare fino a 70 centesimi. Sarebbe dunque facile calcolare quanto incassa il gestore. Nelle stazioni di servizio spesso il pagamento è più raffinato: la macchinetta automatica dà in cambio un buono che consente di avere uno sconto sulle consumazioni al self service, e i tagliandi possono essere anche accumulati e scontati alla prossima fermata, sempre che la società sia la stessa. Così si aggira la norma secondo cui le toilette dovrebbero essere gratuite, e si invoglia il cliente a non sprecare il buono, invitandolo a un ulteriore consumo, un caffè, un panino. Un’attività che rimane al limite della legge. Nel luglio scorso, la polizia insieme con gli ispettori della finanza ha fatto irruzione a Bonn nella villa della signora P., che gestiva ufficialmente una cinquantina di toilette pubbliche in tutta la Germania. Hanno trovato in garage una montagna di monetine, sette tonnellate e mezzo, pari a circa 40 mila euro. La macchinetta contasoldi era guasta e non era stato possibile versare il malloppo in banca. La signora è russa e probabilmente a sua volta dipendente da un’organizzazione internazionale. Quasi impossibile risalire ai veri responsabili. Un’indagine complicata anche perché spesso i gestori ufficiali tedeschi preferiscono dare in subappalto le toilette ad altre società gestite da stranieri. Le Toilettennenfrau spesso non hanno il permesso di soggiorno, «contrabbandate» a loro volta in Germania dai gruppi mafiosi, e preferiscono tacere, non conoscono il tedesco, sono in balia dei gestori, che pagano per loro vitto e alloggio. Per loro e le famiglie stare sedute per ore all’ingresso di una toilette è la salvezza. Gli uomini nell’ombra guadagnano milioni, rischiando al massimo una denuncia per evasione fiscale.