Marco Cremonesi, Corriere della Sera 03/04/2012, 3 aprile 2012
GAVETTONI ALLA CANDEGGINA: CONDANNATO IL FIGLIO DI BOSSI —
Il giudice di pace di Gavirate ieri ha condannato Roberto Libertà Bossi a risarcire un militante di Rifondazione comunista per avergli lanciato un «gavettone» pieno di candeggina. E il bello è che secondo il terzo rampollo di Umberto Bossi, la parte lesa sarebbe stata proprio lui.
Occorre un passo indietro. È il marzo 2010, alle elezioni regionali mancano pochi giorni. Nel Carroccio, il clima è elettrico: sono le elezioni della definitiva consacrazione, è la tornata elettorale che vedrà l’incoronazione di Roberto Cota e Luca Zaia a governatori di Piemonte e Veneto. C’è chi sogna, anche in Lombardia, il sorpasso sul Pdl.
È in questo clima che il solitamente schivo Roberto Libertà compie la sua bravata. Il ragazzo è di tutt’altra pasta rispetto al fratello Renzo «il Trota». A dirlo è lo stesso Umberto Bossi durante le sue nottate di chiacchiere insieme con i militanti: «Roberto è più tranquillo, ha altri interessi. La politica? Mah, per ora vuole fare il contadino, dice che studierà agraria». Proprio vero che i genitori vedono i figli con gli occhiali sbagliati. Oggi Roberto è il militante più noto della sezione Valcuvia, nell’alto Lago Maggiore. E del suo ingresso in politica non dubita più nessuno: si tratta solo di capire il quando e il come.
Di certo il giovanotto, all’epoca dei fatti diciannovenne, si è invece fatto contagiare dall’atmosfera ad alta intensità di quei giorni. E cosi, eccolo a Laveno, in via Garibaldi, a due passi dal bar Bellevue in cui il padre tira notte da anni. Si trova a bordo di una Fiat Ulisse con un amico, quando si imbatte in un militante di Rifondazione comunista neppure di primissimo pelo, il 49enne Luigi Schiesaro. Sta attacchinando manifesti, probabilmente qualcuno aveva avvertito il giovane Bossi della sua presenza perché l’urlo che esce dall’auto dei due ragazzi suggerisce una ricerca: «Eccolo lì il bastardo». Poi parte il «gavettone», un palloncino di gomma riempito di candeggina. Assai difficile da confezionare sul posto, vien da pensare.
Il problema è che Roberto Libertà, in zona, lo conoscono tutti. Forse è per questo che dopo la bravata decide di chiamare a sua volta le forze dell’ordine, sostenendo di esser stato colpito con l’asta di una bandiera. Schiesaro viene fermato e gli tocca pure di passare la notte in caserma.
Sennonché, il giudice ricostruisce gli eventi e stabilisce una versione diversa. E condanna il giovanotto al pagamento di 1.400 euro a saldo dei danni morali e materiali. Non gravi, certo: la candeggina non è vetriolo e Schiesaro se l’è cavata con arrossamenti giudicati guaribili in sette giorni. «Non è un cattivo ragazzo — giura un amministratore leghista della zona —. Il problema è come sono cresciuti questi ragazzi: circondati dai lecchini del padre sin da quando hanno la parola, corteggiati dalle ragazzine che ancora erano impuberi per la magia del nome».
Marco Cremonesi