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 2012  aprile 03 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA. LE TANGENTI DELLA LEGA


CORRIERE.IT
MILANO - Il tesoriere del partito di Bossi, Francesco Belsito, è indagato per le ipotesi di reato di appropriazione indebita e truffa aggravata ai danni dello Stato, proprio in relazione ai finanziamenti pubblici che la Lega percepisce come rimborsi elettorali. Sono anche indagate, in una operazione congiunta tra le procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria, alcune delle persone che hanno gestito le contestate operazioni finanziarie della Lega in Tanzania e a Cipro. Belsito, a quanto si legge nel decreto di perquisizione eseguito dai finanzieri del nucleo tributario di Milano, avrebbe distratto soldi pubblici «per sostenere i costi della famiglia Bossi». Si legge «di esborsi effettuati per esigenze personali di familiari del leader della Lega Nord. Esborsi in contante o con assegni circolari o attraverso contratti simulati».
MARONI - «È il momento di cogliere l’occasione di fare pulizia, perché queste cose fanno male alla Lega e ai suoi militanti», è stato il commento a caldo dell’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni, che auspica le dimissioni di Belsito. Belsito avrebbe, da quanto si è appreso, avuto comportamenti illeciti anche quando era sottosegretario alla semplificazione nel governo Berlusconi.
LE PERQUISIZIONI - I tre uffici giudiziari, coordinati dal procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, e dai pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini - con la Guardia di Finanza -, dai pm Henry John Woodcock e Piscitelli per Napoli - con i carabinieri del Noe - e dal pm Lombardo di Reggio Calabria - con i poliziotti della Dia -, hanno disposto una perquisizione, eseguita da militari della Guardia di Finanza e dai carabinieri, negli uffici di Belsito in via Bellerio, sede della Lega, per acquisire alcuni documenti. Belsito è da tempo al centro di polemiche una serie di «stranezze» che lo riguardano, dal diploma taroccato a Napoli alle lauree fantasma, dal giro di assegni all’investimento in Tanzania.
GLI ALTRI INDAGATI - Il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati, confermando la notizia pubblicata martedì mattina in esclusiva da Corriere.it, ha specificato che con Belsito sono indagati anche Paolo Scala e Stefano Bonet, «con riferimento al denaro sottratto al partito politico Lega Nord». Per Belsito l’ipotesi di reato è truffa aggravata ai danni dello Stato «con riferimento alle somme ricevute a titolo di rimborso spese elettorali». Inoltre un’altra contestazione di truffa ai danni dello Stato riguarda Belsito e Bonet con riferimento alle erogazioni concesse dallo Stato sotto forma di credito d’imposta a favore della società Siram Spa, con sede a Milano. La Siram, che fa capo al gruppo francese Dalkia, è una grossa società che si occupa principalmente di energie rinnovabili e servizi ambientali, con sedi a Milano, Massa Martana (Perugia) e Roma. Anche la sede milanese della Siram è stata oggetto di perquisizioni martedì mattina. Umberto Bossi e i suoi familiari non sono indagati nell’indagine che coinvolge il tesoriere del Carroccio, precisa la Procura di Milano.
NOVITA’ - E’ la prima volta che una procura formula una costruzione giuridica che ritiene di contestare come truffa ai danni dello Stato l’indebita percezione dei rimborsi elettorali da parte di un partito politico. L’idea sottostante è che un partito possa certamente spendere come meglio ritiene i fondi che incassa dallo Stato come finanziamento pubblico, ma deve pur sempre darne un fedele resoconto ai revisori del Parlamento. E nel caso di specie, da quel che si intuisce, alla base della contestazione al tesoriere della Lega ci sarebbe proprio il fatto che il rendiconto delle spese, presentato dal partito ai revisori, del Parlamento sarebbe stato viziato da falsità o omissioni.
RICICLAGGIO - Francesco Belsito è indagato inoltre per riciclaggio, nell’ambito del filone reggino dell’inchiesta. Belsito, secondo l’accusa, sarebbe stato legato ad un intermediario ligure che a sua volta era in stretto contatto con esponenti della cosca della ’ndrangheta De Stefano di Reggio, la più potente della città insieme a quella dei Condello. Nel filone reggino dell’inchiesta sul riciclaggio ci sono più indagati. L’unico politico, secondo quanto si è appreso, sarebbe il tesoriere della Lega Francesco Belsito. Per quanto riguarda la procura di Napoli, sono cinque i destinatari dei decreti di perquisizione, tutti indagati per l’ipotesi di reato di riciclaggio. I destinatari sono Belsito, Bonet e due imprenditori. L’indagine, secondo quanto si è appreso, è concentrata sulle operazioni economiche di Bonet e punta a stabilire l’eventuale liceità delle somme versate al tesoriere della Lega Nord.

SU BELSITO VEDI TRA L’ALTRO SCHEDA 1546832

CORRIERE.IT - REAZIONI
MILANO - «Chiunque conosca Umberto Bossi e la sua vita personale e politica non può essere neanche lontanamente sfiorato dal sospetto che abbia commesso alcunché di illecito. E in particolare per quanto riguarda il denaro della Lega, del movimento al quale ha dato tutto se stesso. Perciò esprimo a Umberto Bossi la mia più affettuosa vicinanza». A parlare è l’ex premier Silvio Berlusconi, che nella giornata di martedì ha difeso l’ex alleato: sarà bene ribadire e ricordare, ha precisato il cavaliere «che Bossi, contrariamente a quanto cercano di suggerire certi media, non solo non risulta accusato di alcunché ma dovrebbe casomai essere considerato persona offesa. Sono certo che tutto si chiarirà e che verrà provata l’assoluta estraneità di Umberto Bossi e della sua famiglia a qualsiasi ipotesi di reato».
LE REAZIONI - Anche Roberto Maroni è subito intervenuto sul caso: «Le dimissioni di Belsito erano già state chieste. Chi doveva decidere non lo ha fatto». Un J’accuse sullo scandalo Belsito, il tesoriere della Lega indagato per riciclaggio. Parlando con gli studenti all’Università Cattolica, l’ex ministro del Carroccio in corsa per la leadership del partito ha affermato che «è il momento di cogliere questa occasione per fare pulizia». «Si poteva fare qualcosa prima - ha detto Maroni -. Abbiamo anche chiesto in consiglio federale che si portassero i conti e che Belsito facesse chiarezza e un passo indietro ma purtroppo la richiesta non e’ stata ascoltata e si e’ arrivata alla situazione di oggi...».
VIA BELLERIO - Al quartiere generale della Lega in via Bellerio a Milano, l’europarlamentare Matteo Salvini ha incontrato brevemente la stampa: «Chi sbaglia paga - ha detto riferendosi a Francesco Belsito - non abbiamo nulla da nascondere e siamo parte lesa. Detto questo, la Lega è un bersaglio, che ci sia un accanimento è fuori discussione, siamo l’unico partito d’opposizione. E che nel giorno del deposito delle liste ci siano venti finanzieri di primo mattino nella sede di un partito che pubblica i bilanci sui giornali...». «Il nostro partito deve essere trasparente come un cristallo - ha aggiunto Luca Zaia, presidente della Regione Veneto - questa situazione va chiarita». Al coro di solidarietà al leader della Lega Nord si è aggiunto anche Angelino Alfano, segretario del Pdl: «Io considero inapplicabile alla persona di Umberto Bossi ciò che è stato immaginato - ha spiegato - Bossi è sempre stato dedicato alla causa del partito. Il Pdl esprime vicinanza a lui e alla Lega».
BOSSI E CALDEROLI IN SEDE - Proprio Umberto Bossi è arrivato in auto poco dopo mezzogiorno nel quartiere generale della Lega a Milano, dove è presente anche Roberto Calderoli, coordinatore delle segreterie nazionali della Leha (diretta di Corriere.tv in corso). Bossi, scuro in volto, non si è fermato a parlare con i giornalisti.
LA NOTIZIA A RADIO PADANIA - «Poi dicono che Radio Padania nasconde le notizie, un par di palle»: così uno dei conduttori della radio della Lega ha informato gli ascoltatori dell’arrivo di Carabinieri e Guardia di Finanza in via Bellerio. La radio, che ha la sede nell’edificio, ha riferito che la perquisizione si è conclusa. Dopodichè ha proseguito la normale programmazione con il microfono aperto. Tra le telefonate giunte in redazione molte esprimevano perplessità per la tempistica «pre-elettorale» dell’inchiesta. In molti, peraltro, si sono scagliati contro il pm John Henry Woodcook e il fatto che l’inchiesta proviene da Napoli.

REPUBBLICA.IT
Terremoto giudiziario sulla Lega Nord. La Procura di Milano, in una indagine congiunta con quelle di Napoli e Reggio Calabria, ha indagato il tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito, ex sottosegretario alla Semplificazione amministrativa, e altre due persone (Stefano Bonnet e Paolo Scala) con l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato e appropriazione indebita. Belsito avrebbe distratto soldi dei rimborsi elettorali "per esigenze personali di familiari del leader della Lega Nord", Umberto Bossi (né lui né i suoi familiari, comunque, risultano iscritti nel registro degli indagati). Si tratta di "esborsi in contante o con assegni circolari o attraverso contratti simulati. Tali atti di disposizione, in ipotesi non riconducibili agli interessi del partito e contrari ai suoi vincoli statutari, hanno carattere appropriativo", si legge nel decreto di perquisizione. Gli inquirenti hanno in mano "elementi inequivocabili circa il fatto che la gestione della tesoreria del partito politico Lega Nord è avvenuto nella più completa opacità fin dal 2004 e comunque, per ciò che riguarda Belsito, fin da quando questi ha cominciato a ricoprire l’incarico di tesoriere".
L’esposto di un militante. L’indagine è nata anche grazie ad un esposto presentato da un attivista del Carroccio. E’ il 23 gennaio
scorso quando un militante della Lega dell’hinterland milanese si presenta in Procura e consegna un esposto di poche righe, con allegati alcuni articoli di giornale, "in merito alla liceità dell’operazione in Tanzania e di molte altre operazioni finanziarie effettuate mediante denaro pubblico". Quel giorno è di turno il procuratore aggiunto Alberto Nobili, che gira per competenza l’esposto a Robledo, il magistrato che coordina le inchieste sulla pubblica amministrazione e sta già effettuando accertamenti sul Carroccio. Anche l’esposto del militante della Lega entra così nel fascicolo.
"Falso il rendiconto del 2010". Per la Procura di Milano c’è la prova della falsità in relazione al rendiconto 2010 della Lega Nord per i rimborsi elettorali. Nel decreto di perquisizione si ricorda anche che nell’agosto del 2011 sono stati corrisposti al partito di Bossi circa 18 milioni di euro. Secondo i pm sarebbe stato violato l’obbligo di rendicontazione con la revisione dei conti effettuata da revisori nominati dal parlamento (che, si ricorda, "è momento fondamentale del procedimento di controllo pubblico"). E "Belsito aveva richiesto il supporto di una società fiduciaria con sede a Lugano, la Doge Sa, per la predisposizione di strutture societarie attraverso le quali giustificare il trasferimento all’estero di denaro detenuto in Italia", si legge nel decreto di perquisizione. Il particolare era emerso da "alcune intercettazioni telefoniche eseguite" in un "procedimento" del 2008 per "riciclaggio r associazione per delinquere a carico di altri soggetti".
Il blitz in via Bellerio. Carabinieri e uomini della guardia di finanza si sono presentati quartier generale della Lega in via Bellerio a Milano. L’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto milanese Alfredo Robledo e dai pm Roberto Pellicano e Antonio Filippini. "Sono tranquillo", è stato il primo commento di Belsito uscendo dalla sua casa in via Fiasella a Genova. "Le contestazioni di finanziamento illecito non sussistono". Nella sede del Carroccio c’era anche anche il pm napoletano Henry John Woodcock. Perquisizioni sono state disposte anche dalla Procura di Napoli.
"Illeciti anche ai tempi del governo". Belsito avrebbe avuto comportamenti illeciti anche quando era sottosegretario alla Semplificazione nel governo Berlusconi. In virtù delle sue relazioni politiche ampie, sia come sottosegretario sia come tesoriere della Lega, sarebbe stato in grado di procacciare affari, soprattutto per quanto riguarda la società Siram.
L’ira di Maroni. "Dobbiamo reagire, reagire subito, dimostrando di non avere nulla da nascondere", ha commentato l’ex ministro leghista Roberto Maroni a margine di un incontro all’Università Cattolica. "Questa inchiesta mi sembra particolarmente importante, quindi la risposta giusta che la Lega deve dare è un passo indietro da parte dell’amministratore e la nomina di un amministratore di cui tutti abbiamo fiducia". Maroni non è comunque andato in via Bellerio. E l’eurodeputato leghista Matteo Salvini dai microfoni di Radio Padania: c’è stata una "gentile visita", stamani nella sede della Lega Nord, "proprio mentre migliaia di nostri militanti stavano depositando le liste" per le prossime elezioni amministrative". Insieme con lui, nel quartier generale della Lega, anche Umberto Bossi e Roberto Calderoli.
Berlusconi e Formigoni. "Visto che è stato tirato in ballo il nome di Umberto Bossi mi sento di escludere in maniera assoluta ogni suo coinvolgimento", è stato invece il commento del governatore lombardo Roberto Formigoni. Sulla stessa lunghezza d’onda l’ex premier Silvio Berlusconi: "Chiunque conosca Umberto Bossi e la sua vita personale e politica, non può essere neanche lontanamente sfiorato dal sospetto che abbia commesso alcunchè di illecito. E in particolare per quanto riguarda il denaro della Lega, del movimento al quale ha dato tutto se stesso. Perciò esprimo a Umberto Bossi la mia più affettuosa vicinanza".
L’inchiesta. L’indagine è partita da accertamenti su transazioni finanziarie sospette di cui erano protagonisti, secondo l’accusa, due uomini d’affari. Da qui i pm sono risaliti ai collegamenti con il cassiere nazionale del Carroccio. I fatti contestati vanno dal 2010 al 2012. A Napoli il tesoriere è accusato di truffa sui rimborsi elettorali, un reato dunque connesso con il finanziamento ai partiti, mentre a Milano di appropriazione indebita per aver sottratto denaro alla Lega Nord. La prima Procura a far partire le indagini è stata quella napoletana, che lavora sull’ipotesi di riciclaggio. Poi una parte dell’inchiesta è passata a Milano. A procedere c’è anche la Procura di Reggio Calabria.
Il filone calabrese. Nel filone calabrese (vedi l’articolo) il nome di Belsito è spuntato in una indagine su movimenti economici di faccendieri legati alla ’ndrangheta. Triangolazioni sospette che hanno portato a numerose perquisizioni a Genova, la città di Belsito. Perquisita anche la società della società Siram, che aveva beneficiato di erogazioni concesse dallo Stato in forma di credito d’imposta. La Siram spa è una grossa società con sede a Milano che si occupa principalmente di energie rinnovabili e servizi ambientali. Il gruppo ha sedi anche a Massa Martana (Perugia) e Roma. La Procura procede "per truffa ai danni dello Stato a carico di Stefano Bonet e Belsito con riferimento alle erogazioni concesse allo Stato sotto forma di credito di imposta in favore della società Siram spa con sede a Milano".
Le false fatture. Fra gli episodi più clamorosi contestati al tesoriere leghista ci somme le somme occultate per quattro o cinque milioni di euro che, con una triangolazione con false fatture, uscivano e poi rientravano attraverso società compiacenti. E, soprattutto, nell’agosto 2011 il Carroccio avrebbe ricevuto 18 milioni di rimborsi elettorali attestando un falso bilancio.
Gli investimenti in Tanzania. L’inchiesta della Procura di Milano è nata in seguito all’esposto di un militante del Carroccio riguardante l’utilizzo di circa 6 milioni di euro di fondi del partito negli investimenti effettuati in Tanzania, che avevano provocato polemiche anche all’interno del partito. L’inchiesta della Procura di Napoli scaturisce dall’indagine che portò al coinvolgimento del direttore dell’Avanti! Valter Lavitola e dell’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini. I magistrati di Napoli sono alla ricerca di prove in relazione al presunto riciclaggio e indagano in particolare sui rapporti fra un imprenditore veneto e Belsito. Fonti della Procura precisano che tuttavia la Lega non è coinvolta in attività di riciclaggio.
(03 aprile 2012)

REPUBBLICA.IT - LE TRE INCHIESTE
Perquisizioni sono in corso nella sede della Lega di via Bellerio a Milano e in quelle di società e aziende, coordinate dalle procure di Napoli, Milano e Reggio Calabria.
Per quanto concerne l’indagine degli inquirenti partenopei, l’ipotesi di reato formulata è di riciclaggio. L’inchiesta della procura di Napoli scaturisce dall’indagine che portò al coinvolgimento del direttore dell’Avanti! Valter Lavitola e dell’imprenditore barese Giampaolo Tarantini.
I magistrati napoletani sono alla ricerca di prove in relazione al presunto riciclaggio e indagano in particolare sui rapporti tra un imprenditore veneto e il tesoriere della Lega Francesco Belsito. Fonti della procura precisano che tuttavia la Lega non è coinvolta in attività di riciclaggio.
L’inchiesta della procura di Milano, che vede indagato Belsito, nasce da alcune indagini su transazioni finanziarie riferibili all’uomo d’affari Stefano Bonet, legato a un altro uomo d’affari, Paolo Scala: entrambi sono indagati.
E’ partendo da queste movimentazioni finanziarie che gli inquirenti milanesi sarebbero arrivati a contestare il reato di appropriazione indebita aggravata a carico di Belsito, Scala e Bonet, in relazione agli investimenti in Tanzania, passando anche per Cipro, con soldi sottratti alla Lega Nord.
Per quanto riguarda invece il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato, sempre a carico del tesoriere della Lega, le accuse riguarderebbero un illecito utilizzo da parte del tesoriere del partito dei rimborsi elettorali
arrivati al Carroccio.
Una serie di perquisizioni da parte dei militari della Guardia di finanza sono in corso nella sede milanese della Lega, ma anche nelle sedi della società Siram, colosso che si occupa di innovazione tecnologica. Le perquisizioni nella società riguardano un altro filone di indagine che vede indagati Bonet e Belsito per truffa ai danni dello Stato in riferimento a un giro di fatture e a erogazioni concesse allo Stato come credito d’imposta in favore della società. Perquisizioni sono anche in corso a Genova, perché Belsito è originario del capoluogo ligure. Stanno indagando anche le procura di Napoli e Reggio Calabria.
A Napoli stanno lavorando i pubblici ministeri Woodcock e Piscitelli e a Reggio Calabria il magistrato Giuseppe Lombardo della Dda. L’inchiesta napoletana è legata, da quanto si è saputo, ad alcune tracce di movimentazioni che riguardano Bonet e vede al centro il reato di riciclaggio, mentre i magistrati di Reggio sono al lavoro su collegamenti tra gli uomini d’affari indagati a Milano e altre persone, forse legate alla criminalità organizzata.
Nella serata di lunedì, proprio per coordinare le attività di indagine che coinvolgono tre procure, si è svolta in procura a Milano una riunione operativa tra l’aggiunto Robledo, che coordina l’inchiesta milanese assieme ai Pm Paolo Filippini e Roberto Pellicano, e il pm di Napoli Henry John Woodkcock e il collega della dda Calabrese Giuseppe Lombardo.
L’inchiesta milanese è condotta dalla Gdf, mentre quella reggina dalla Direzione Investivativa Antimafia e quella napoletana dai militari del Noe, il Nucleo Operativo Ecologico.
La società attiva nel campo dei servizi energetici e tecnologici al centro dell’inchiesta dei pm di Napoli sul riciclaggio, nell’ambito dell’inchiesta che ha portato a perquisizioni in tutta Italia, è la Siram. L’indagine del procuratore aggiunto Francesco Greco, coordinatore della Sezione reati contro la pubblica amministrazione, è svolta dai pm Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, quest’ultimo impegnato nel coordinare l’attività di perquisizione presso la sede della Lega Nord.
Piscitelli è invece a Genova dove sono in corso perquisizioni anche presso l’abitazione del segretario del tesoriere Belsito.
A quanto si è appreso l’indagine napoletana scaturisce da intercettazioni telefoniche disposte nell’ambito del dell’inchiesta nei confronti del direttore dell’Avanti! Valter Lavitola. I magistrati partenopei indagano, in particolare, su operazioni definite "spregiudicate" riferibili all’imprenditore veneto Bonet e ai rapporti economici con il tesoriere della Lega Nord.
(03 aprile 2012)

REPUBBLICA.IT - MARONI E DI PIETRO
MILANO - L’ex ministro leghista, Roberto Maroni, lancia il suo atto di accusa sul terremoto giudiziario che ha colpito la Lega Nord e che coinvolge il tesoriere Francesco Belsito, ora indagato 1. Per Maroni si poteva fare qualche cosa prima, ma nulla è stato fatto. "L’abbiamo anche chiesto - ha sottolineato Maroni prima di un incontro sul mercato del lavoro all’Università Cattolica - . Abbiamo chiesto in un consiglio federale che ci portassero i conti, che si facesse chiarezza e si facesse un passo indietro". Questo non è accaduto. E chi non ha ascoltato è stato chiesto all’ex ministro? "chi doveva decidere" ha risposto Maroni. Un j’accuse quello di Maroni contro l’attuale gruppo dirigente della Lega Nord. "E’ il momento di cogliere l’occasione di fare pulizia, perché queste cose fanno male alla Lega e ai suoi militanti. E’ il momento di fare un’operazione trasparenza e mettere le persone giuste al posto giusto", ha aggiunto Maroni.
La Procura di Milano 4, in una indagine congiunta con quelle di Napoli e Reggio Calabria 5, ha indagato il tesoriere della Lega Belsito 6 e altre due persone (Stefano Bonnet e Paolo Scala) con l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato e appropriazione indebita. Carabinieri e uomini della guardia di finanza si sono presentati nel quartier generale della Lega, in via Bellerio a Milano. Si cerca di far luce anche su una serie di investimenti in Tanzania. Proprio sulla questione Tanzania, a gennaio Maroni 7aveva attaccato Belsito e il gruppo dirigente del partito.
Questa mattina Maroni è intervenuto alla Cattolica commentando la vicenda giudiziaria. "Purtroppo - ha aggiunto Maroni - la richiesta non e’ stata ascoltata. Si è arrivati alla situazione di oggi, e spero che quello che è successo oggi, questa brutta vicenda, induca l’amministratore a rendersi conto che non può più rimanere lì e il consiglio federale della Lega Nord a prendere questa decisione che penso oggi inevitabile". "La Lega risulta essere parte lesa, e questa è una buona notizia", ha aggiunto Maroni. Oggi Maroni non è andato in via Bellerio, dove non era neppure atteso, mentre nella sede del partito
sono al lavoro Umberto Bossi, Roberto Calderoli, Roberto Castelli e il presidente del Piemonte Roberto Cota.
A poche ore di distanza è arrivato il commento dell’ex premier, Silvio Berlusconi: "Chiunque conosca Umberto Bossi e la sua vita personale e politica, non può essere neanche lontanamente sfiorato dal sospetto che abbia commesso alcunché di illecito. E in particolare per quanto riguarda il denaro della Lega, del movimento al quale ha dato tutto se stesso. Perciò esprimo a Umberto Bossi la mia più affettuosa vicinanza". "Se ci sono situazioni sbagliate sono convinto che Bossi non le conosca", ha detto Attilio Fontana, sindaco di Varese.
Sull’inchiesta sono arrivati anche i commenti da esponenti di altri partiti. "Altro che Roma ladrona! Alla fine i nodi vengono sempre al pettine. La Lega che si è sempre messa sul piedistallo dell’intergrità morale, adesso si ritrova nei guai fino al collo", ha detto Felice Belisario, Presidente dei Senatori dell’Italia dei Valori. Intanto Antonio Di Pietro ha fatto sapere che "giovedì mattina, alle 10, l’Italia dei Valori depositerà in Cassazione il quesito per il referendum che chiede di abolire i rimborsi elettorali ai partiti". Questo per "ripristinare la sovranità popolare tradita e a evitare che si continuino a buttare soldi, per ingrassare la cricca in un momento così difficile. E’ anche il solo modo per aggredire alla fonte l’origine della corruzione che sta distruggendo il nostro Paese", aggiunge Di Pietro.

REPUBBLICA.IT - FILONE CALABRESE
Il terremoto giudiziario nella Lega arrivato con l’avviso al tesoriere Belsito e il blitz nella storica sede milanese di via Bellerio 1, è partito seguendo un sospetto personaggio calabrese. Su Belsito sono ben tre le inchieste aperte: Milano, Napoli, Reggio Calabria.
A lui la Dda di Reggio è arrivata seguendo gli affari di Romolo Girardelli, un procacciatore di business in odore di ’ndrangheta. Girardelli, o meglio "l’ammiraglio", come lo chiamavano nell’ambiente, nel 2002 era stato indagato per associazione di stampo mafioso. Gli investigatori lo ritengono vicino ai vertici del clan "De Stefano", famiglia potentissima della città dello Stretto con interessi in Liguria e Francia. Il faccendiere fin dal 2002 è legato a Paolo Martino e Antonio Vittorio Canale, braccia economiche della cosca. Il Pm reggino Giuseppe Lombardo e gli specialisti della Dia gli stavano dietro da tempo, nella speranza di mettere le mani sul tesoro della "famiglia". Una pista buona, che ha poi partato a scoprire anche i rapporti tra la presunta testa economica dei De Stefano e il tesoriere della Lega.
Girardelli, secondo l’inchiesta, di affari ne aveva procacciati anche a Belsito, all’imprenditore Stefano Bonet e all’avvocato Bruno Mafrici. "L’ammiraglio", oltre che broker era socio di fatto di Belsito in una immobiliare con sede a Genova. Ma non è tutto, perché gli inquirenti
hanno ricostruito una serie di passaggi milionari tra grandi società che si occupavano di consulenza e ricerca. Affari per diversi milioni di euro che consentivano utili sotto forma di crediti d’imposta. Giri di soldi e di "regali" che coinvolgono direttamente il tesoriere della Lega e alcuni altri manager di grandi aziende.
C’è ad esempio il caso della Siram che "acquista" servizi per circa 8 milioni dalla Polare del gruppo Bonet (di cui Giradelli è responsabile della sede genovese). La Polare poi è in affari con la Marco Polo da cui compra consulenze per 7 milioni. Ed è attraverso quest’ultima che la stesssa cifra torna nuovamente a Siram. Una triangono strano per i magistrati reggini, che ritengono che nei diversi passaggi alcune centinaia di migliaia di euro restino impigliate in diverse mani. Tra queste quelle di Belsito. L’inchiesta accerta che gli vengono liquidate circa 250 mila euro in due trance. Un caso analogo è quello che coinvolge Siran, Polare e Fin.tecno. Sono 8 gli indagati dell’inchiesta che si muove su tre diversi filoni. Quello reggino che riguarda gli interessi della ’ndrangheta, quello milanese legato a Belsito al riciclaggio e all’appropriazione indebita e quello napoletano dove ha sede una delle società coinvolte nel giro. Le ipotesi di reato sarebbe la truffa allo Stato per i falsi crediti d’imposta e il finanziamento illecito dei partiti oltre che riciclaggio di denaro su conti esteri.
(03 aprile 2012)