Marco Castelnuovo, La Stampa 3/4/2012, 3 aprile 2012
Poi dicono l’antipolitica. Sì, certo, la fiducia nei partiti è al livello più basso di sempre e dire oggi di essere un politico non è più motivo di vanto
Poi dicono l’antipolitica. Sì, certo, la fiducia nei partiti è al livello più basso di sempre e dire oggi di essere un politico non è più motivo di vanto. Ma evidentemente più che scegliere per l’astensione, la soluzione all’italiana è candidarsi in prima persona. Per le prossime amministrative infatti - si vota tra poco più di un mese, il 6 e 7 maggio - è boom di liste, candidati sindaci e consiglieri. E continuano a lievitare, visto che la presentazione delle liste scade oggi a mezzogiorno (in anticipo rispetto al termine consueto che sarebbe altrimenti combaciato con il sabato di Pasqua). Come al solito, soprattutto i grandi partiti aspetteranno l’ultimo minuto per consegnare le proprie liste (ricordate il disastro del Pdl alle regionali del Lazio del 2010?), la maggior parte di liste minori e cosiddette «civiche» invece, ha già depositato simbolo ed elenco degli aspiranti consiglieri. Il fenomeno politico più evidente è proprio il proliferare di queste «liste civiche»: alcune rappresentano movimenti di cittadini stufi dei partiti tradizionali, altre invece celano proprio i partiti che preferiscono non presentarsi con il proprio simbolo per evitare imbarazzanti confronti con i risultati del passato. Altre ancora servono indicano una resa dei conti all’interno dei vari movimenti: è il caso dei nostalgici di Forza Italia che, pur di contarsi, hanno presentato liste alternative a quelle del Pdl in molte città Le città più importanti in cui si voterà sono Verona, dove si ricandida il sindaco uscente Flavio Tosi appoggiato da Lega Nord e altre sette liste civiche, ma non più dal Pdl. Genova, dove i candidati sindaco sono 15 e le liste addirittura 16 e Palermo, dove in undici si sfideranno per la poltrona di sindaco. Altre partite interessanti da seguire saranno a Belluno, dove è tutti contro tutti: praticamente ogni partito corre da solo e con un proprio candidato sindaco; ad Alessandria c’è il record di candidati sindaci, sedici; a Verona si candida per la poltrona di primo cittadino anche un ragazzo immigrato; per le elezioni anticipate a Parma saranno in nove i candidati sindaco; a Lucca c’è un candidato consigliere ogni cento abitanti: un record per i capoluoghi di provincia; ad Agrigento, città di Alfano, il Pdl non presenta il candidato. Insomma al di là del voto locale, è evidente che questa tornata abbia anche un valore più ampio: in fondo, nelle Regioni a statuto ordinario si voterà in 773 comuni: 136 superiori ai 15 mila abitanti, tra cui 22 comuni capoluogo, e 637 inferiori; si andrà al voto poi in oltre 140 comuni in Sicilia, 26 in Friuli Venezia Giulia, 3 in Valle d’Aosta, 1 in Trentino. Nelle regioni a statuto ordinario, saranno più di 8 milioni di cittadini, poco più di un quarto del corpo elettorale totale. E non si vota più per le province: il decreto «Salva Italia» del dicembre scorso ha soppresso l’elezione diretta degli organi provinciali. Per questo non si voterà a Como, Belluno, Vicenza, Genova, La Spezia, Ancona, dove il consiglio scade a maggio. Entro dicembre un disegno di legge regolerà le nuove «province regionali».