Luigi Grassia, La Stampa 3/4/2012, 3 aprile 2012
È un paradosso del mercato del lavoro italiano: aumenta la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, ma nel 2011 sono stati conteggiati addirittura 45
È un paradosso del mercato del lavoro italiano: aumenta la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, ma nel 2011 sono stati conteggiati addirittura 45.250 posti di lavoro rimasti «inoccupati», il che significa che le aziende avevano bisogno di coprirli e non ci sono riuscite. Il problema è stato segnalato dal ministero del Lavoro, da Unioncamere e dalla Cgia di Mestre (gli artigiani). In realtà non è possibile fare una ricognizione completa dei posti inoccupati, che probabilmente saranno molti di più di 45.250, ma quella cifra ha un senso preciso perché corrisponde al numero di posti rimasti scoperti presso le aziende che hanno messo inserzioni per reperire personale ma senza esito. Nel 47,6% dei casi il lavoro non si è materializzato perché non si sono presentati abbastanza candidati, mentre nell’altro 52,4% le persone hanno risposto all’annuncio ma non avevano i requisiti. Le figure più difficili da rinvenire sono state quelle dei commessi (quasi 5.000 posti di lavoro non coperti); dei camerieri (più di 2.300 posti); dei parrucchieri e delle estetiste (oltre 1.800 posti); degli informatici e telematici (quasi 1.400 posti); dei contabili (quasi 1.270 posti); degli elettricisti (oltre 1.250) dei meccanici auto (quasi 1.250 posti); dei tecnici della vendita (1.100 posti); degli idraulici e posatori di tubazioni (più di 1.000 posti); e dei baristi (quasi 1.000). Una precisazione importante: anche negli anni scorsi La Stampa ha costantemente tenuto sotto osservazione il problema e a volte questo ha creato delle aspettative che non potevano essere soddisfatte; i dati che riferiamo sono aggregati, si tratta di statistiche e non portano l’etichetta di alcuno specifico posto di lavoro che attenda di essere coperto. Purtroppo noi non siamo in grado di indirizzare nominativamente gli interessati agli specifici impieghi. Ma come si fa a cambiare le cose in meglio? A far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro in una maniera più efficace? Come colmare questi vuoti occupazionali ? Secondo il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, «sarà difficile trovare una soluzione in tempi ragionevoli, perché si tratta di colmare un vuoto culturale che dura da più di 30 anni». In che senso? «Innanzitutto bisogna rivalutare, da un punto di vista sociale, il lavoro manuale e le attività imprenditoriali che offrono queste opportunità. Per questo è necessario avvicinare la formazione scolastica al mondo del lavoro. Bisogna fare una vera e propria rivoluzione per ridare dignità, valore sociale e un giusto riconoscimento economico a tutte quelle professioni dove il saper fare con le proprie mani costituisce una virtù aggiuntiva che rischiamo di perdere». Ma sarà anche necessario far circolare meglio le informazioni nelle sedi appropriate perché 45.250 posti scoperti con la fame di lavoro che c’è in giro non sono tollerabili.