Giuseppe Chiellino, Il Sole 24 Ore 31/3/2012, 31 marzo 2012
ROUBINI: SVALUTARE L’EURO DEL 30%
Gli scenari apocalittici che l’economista Nouriel Rubini continua a tracciare sul futuro dell’economia mondiale e dell’Eurozona in particolare non spaventano manager, banchieri e imprenditori a Cernobbio per il workshop Ambrosetti di primavera.
Sono inaspettate, se non sorprendenti, le risposte a due sondaggi sull’impatto della crisi sull’economia reale e sulle prospettive dei mercati finanziari. Nessuna pretesa scientifica, certo. Ma conforta sapere che più del 44% dei presenti prevede di chiudere il 2012 con il fatturato in crescita (il 17% stima un aumento di oltre il 10%) mentre meno del 20% prevede un calo. Più del 24% stima che la propria impresa assumerà nuovi dipendenti e il 35% un organico stabile. Stesso discorso vale per gli investimenti che, sempre stando al sondaggio, mostrano piccoli ma confortanti segnali di vitalità. Quasi il 60% non si aspetta una nuova recessione mondiale.
Detto questo, che la situazione sia complicata non sfugge a nessuno, soprattutto all’indomani delle parole del ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, che in Parlamento ha pronosticato una recessione lunga tutto l’anno. Parole che inevitabilmente il ministro ripeterà oggi proprio davanti alla platea del seminario.
Tornando al "forte scetticismo" di Roubini sull’attuale ripresa dei mercati, ecco le ragioni: i Brics stanno rallentando, i Paesi periferici dell’Eurozona sono in recessione e attraversano un nuovo credit crunch, i prezzi del petrolio sono in crescita anche per le tensioni in Medio Oriente e, infine, sui Paesi europei incombono diverse scadenze elettorali. Perciò la ricetta dell’economista, opposta a quella di Jürgen Stark (si veda l’articolo in basso), chiama in causa la Bce che «deve fare molto di più: da ulteriori tagli dei tassi di interesse, ora all’1% contro lo zero degli Stati Uniti, agli acquisti di covered bond, fino a veri e propri programmi di quantitative easing». Perché le due aste di liquidità a 3 anni «sono servite soprattutto a fornire liquidità alle banche, mentre è necessario che la Bce compri in grande quantità titoli di Stato sul mercato secondario».
Un’azione, quella della Bce, che dovrebbe avere come «obiettivo principale il deprezzamento dell’euro del 30% per arrivare alla parità con il dollaro e far ripartire la crescita entro un anno. Altrimenti - ha detto ancora Roubini, suggerendo alla zona euro una svalutazione competitiva ricordando i precedenti, dal Messico all’Argentina - tutto rischia di diventare inutile». Questo "aiuto esterno" della Bce è fondamentale perché l’azione del governo Monti in Italia abbia successo, ha spiegato l’economista che ha evocato invece il «rischio Grecia» per la Spagna.
Jean Paul Fitoussi invece è tornato sugli eurobond come strumento che toglierebbe ai mercati la possibilità di speculare sui diversi rendimenti dei titoli di Stato dell’Unione monetaria. «Ma richiedono un vero governo europeo e siamo ancora lontani da quello scenario. Forse se la crisi si aggraverà i Paesi membri saranno costretti a fare questo ulteriore passo».
E di spread a Cernobbio ha parlato anche il direttore del debito pubblico del Ministero del Tesoro, Maria Cannata, ma al convegno Liquidity 2012. Maria Cannata ha confermato l’obiettivo di tornare ai livelli di giugno dello scorso anno, quando il differenziale tra BTp e Bund era di 180 punti base e ha ipotizzato che un «aiuto» possa arrivare dall’ampliamento del fondo salva-Stati deciso proprio ieri al vertice Ue di Copenhagen. Intanto però nelle ultime sedute lo spread è tornato a crescere. «I nostri specialisti ci dicono che potrebbe dipendere dalle chiusure trimestrali - ha spiegato - ma abbiamo visto anche un po’ di contagio dalla Spagna».
Per Christophe Frankel, direttore finanziario e vice direttore generale del fondo Efsf (che sarà sostituito dall’Esm) i mercati però non guardano solo alla dotazione del fondo di salvataggio: «Guardano anche a ciò che le riforme rappresentano nel lungo periodo, e questo secondo me conta anche di più. L’ammontare del firewall non è la soluzione della crisi, la soluzione è il modo in cui i singoli paesi e l’Europa attuano le riforme». I Governi sono avvertiti.